Revoca Testimoni: La Cassazione e i Limiti del Diritto alla Prova
L’esercizio del diritto alla prova, e in particolare la possibilità di chiamare testimoni a proprio favore, è un pilastro del diritto di difesa. Tuttavia, una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci ricorda che tale diritto non è illimitato e che le modalità con cui viene esercitato e contestato sono cruciali. Il caso in esame riguarda la revoca testimoni disposta da un giudice e la successiva dichiarazione di inammissibilità del ricorso per cassazione a causa della sua genericità. Analizziamo la decisione per comprendere le sue implicazioni pratiche.
I Fatti del Processo: Dalla Corte d’Appello alla Cassazione
La vicenda ha origine da un ricorso presentato avverso una sentenza della Corte d’Appello di Milano. L’imputato, tramite il suo difensore, eccepiva la nullità della sentenza di secondo grado, sostenendo che la sua difesa era stata compromessa. Il motivo centrale della doglianza era l’ordinanza con cui il giudice aveva revocato l’audizione dei testimoni a difesa, una decisione che, secondo il ricorrente, violava l’articolo 495 del codice di procedura penale e il conseguente diritto a provare la propria innocenza.
La Revoca Testimoni e la Decisione della Suprema Corte
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in commento, ha respinto il ricorso dichiarandolo inammissibile. La decisione si fonda su una valutazione di genericità del motivo di ricorso, ritenuto meramente reiterativo di censure già esaminate e respinte dal giudice d’appello. La Suprema Corte ha sottolineato come il ricorso fosse privo di un reale confronto con le argomentazioni della sentenza impugnata, limitandosi a una critica superficiale e non circostanziata.
La Sanatoria della Nullità
Un punto cruciale evidenziato dalla Corte è il comportamento processuale della difesa. Dal verbale di udienza, infatti, non risultava una formale opposizione all’ordinanza di revoca. La difesa si era limitata a ‘insistere’ per l’audizione dei testi per poi presentare le proprie conclusioni. Questo comportamento, secondo la Corte, è stato sufficiente a ‘sanare’ la potenziale nullità dell’atto, poiché la parte interessata non ha manifestato un dissenso chiaro e formale al momento opportuno.
La Genericità delle Prove Richieste
Oltre all’aspetto procedurale, la Corte ha confermato la correttezza della revoca anche nel merito. La decisione era giustificata dalla ‘genericità delle circostanze oggetto di prova’. In altre parole, la difesa non aveva mai specificato, né durante il dibattimento (nonostante i rinvii concessi proprio per questo scopo) né nell’atto di appello, su quali fatti specifici e rilevanti i testimoni avrebbero dovuto deporre. Questa mancanza ha reso impossibile per il giudice valutare la ‘decisività’ della prova, portando legittimamente alla sua esclusione.
Le Motivazioni
Le motivazioni della Corte di Cassazione sono chiare e si articolano su due binari paralleli. Da un lato, c’è un richiamo al rigore formale che deve caratterizzare gli atti di impugnazione. Un ricorso non può essere una semplice riproposizione di argomenti già vagliati, ma deve contenere una critica specifica e puntuale delle ragioni esposte nella sentenza che si contesta. La ‘genericità’ e la ‘reiterazione’ sono vizi che conducono inesorabilmente all’inammissibilità.
Dall’altro lato, la decisione ribadisce un principio fondamentale del diritto alla prova: la sua pertinenza e rilevanza. Non è sufficiente indicare una lista di testimoni; è onere della parte che ne chiede l’ammissione specificare in modo dettagliato le circostanze su cui verterà la loro deposizione. In assenza di tale specificazione, il giudice non solo può, ma deve escludere le prove ritenute superflue o non decisive, in ossequio ai principi di economia processuale e di ragionevole durata del processo.
Le Conclusioni
L’ordinanza in esame offre importanti spunti di riflessione per gli operatori del diritto. In primo luogo, sottolinea l’importanza di una condotta processuale attenta e ‘vigile’: le nullità e le violazioni procedurali devono essere eccepite immediatamente e in modo formale, per non rischiare che vengano sanate. In secondo luogo, riafferma che il diritto alla prova non è assoluto. Le richieste istruttorie devono essere sempre motivate con specificità, dimostrando la loro pertinenza e potenziale decisività ai fini del giudizio. Un ricorso basato su motivi generici, che non si confronta con le motivazioni del giudice precedente e che lamenta l’esclusione di prove non adeguatamente circostanziate, è destinato a fallire.
È possibile fare ricorso in Cassazione se il giudice revoca i testimoni della difesa?
Sì, è possibile, ma il ricorso non deve essere generico. È necessario specificare chiaramente perché i testimoni erano decisivi per la difesa e contestare in modo puntuale le motivazioni del giudice che ha disposto la revoca, dimostrando che la prova era rilevante.
Cosa succede se la difesa non si oppone formalmente alla revoca dei testimoni durante l’udienza?
Secondo questa ordinanza, la mancata opposizione formale può essere interpretata come un’accettazione della decisione del giudice, sanando così la potenziale nullità. Limitarsi a ‘insistere’ per l’audizione non è considerato un atto di opposizione idoneo a preservare il diritto di impugnazione su quel punto.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile principalmente per due ragioni: era generico, in quanto si limitava a ripetere le stesse argomentazioni già respinte in appello senza un reale confronto, e non specificava le circostanze su cui i testimoni avrebbero dovuto deporre, impedendo così di valutarne la rilevanza e la decisività.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 44383 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 44383 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 20/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a PALERMO il 22/02/1985
avverso la sentenza del 25/01/2024 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
OSSERVA
ritenuto che il motivo di ricorso proposto nell’interesse di NOME con il qual eccepisce la nullità della sentenza in relazione all’ordinanza di revoca dei testimoni a difesa mancata assunzione delle prove richieste ex art. 495 cod. proc. pen. e conseguente violazione del diritto di difesa è generica, in quanto meramente reiterativa di profili di cen idoneamente esaminati e respinti dal giudice di appello;
considerato, infatti, che il motivo di ricorso è oppositivo e privo di reale confronto c puntuali e congrue argomentazioni rese in sentenza, laddove si precisa (pag.2) che dal verbale di udienza non risulta che la difesa si fosse opposta alla revoca, essendosi limitata ad insiste per l’audizione dei testi, e a presentare le conclusioni, così da far ritenere sanata la nu ritenuto che, comunque, la revoca era giustificata dalla genericità delle circostanze oggetto prova, non precisate né nel corso del dibattimento, nonostante i rinvii disposti per citarli nell’atto di appello, tanto da farne escludere la decisività (per le ragioni precisamente indi a pag.3);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrent1 al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 20/09/2024.