Revoca Sospensione Condizionale: la Cassazione ne sancisce l’inammissibilità per decreti non opposti
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione affronta un tema procedurale di grande interesse: la possibilità di richiedere la revoca sospensione condizionale della pena concessa attraverso un decreto penale di condanna non opposto. La questione sorge quando il condannato, paradossalmente, ritiene il beneficio svantaggioso per il futuro. La Suprema Corte, con una decisione netta, ha dichiarato inammissibile il ricorso, riaffermando il principio della definitività del giudicato.
I Fatti del Caso
Il caso trae origine dal ricorso di un soggetto condannato, tramite decreto penale, a una pena pecuniaria con il beneficio della sospensione condizionale. Successivamente, il condannato presentava istanza al giudice dell’esecuzione per ottenere la revoca di tale beneficio. La motivazione era strategica: l’aver già usufruito della sospensione per una pena pecuniaria gli avrebbe precluso la possibilità di ottenerla in futuro per eventuali e più gravi reati che comportassero pene detentive, dove, a suo dire, l’istituto trova la sua ‘primaria ed essenziale ragion d’essere’.
Il Giudice per le Indagini Preliminari (GIP) di Torino rigettava la richiesta, spingendo il condannato a ricorrere in Cassazione per violazione di legge e vizio di motivazione.
La Decisione della Corte e la non ammissibilità della Revoca Sospensione Condizionale
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, basando la propria decisione su un principio cardine del nostro ordinamento processuale: la forza del giudicato.
Il Principio del Giudicato del Decreto Penale
Il punto centrale della decisione è che un decreto penale di condanna, una volta divenuto irrevocabile perché non opposto dall’imputato nei termini di legge, acquisisce la stessa efficacia di una sentenza di condanna passata in giudicato. Questo significa che tutte le statuizioni in esso contenute, comprese quelle relative alla concessione di benefici come la sospensione condizionale, diventano definitive e non possono essere rimesse in discussione.
La Corte ha specificato che, anche se la sospensione fosse stata concessa erroneamente, la sua revoca non è possibile in fase esecutiva se il condannato ha scelto di non opporsi al decreto, accettandone così integralmente il contenuto.
I Limiti alla Revoca in Sede Esecutiva
I giudici hanno inoltre sottolineato che la revoca della sospensione condizionale in sede di esecuzione è consentita solo nei casi espressamente e tassativamente previsti dall’articolo 674 del codice di procedura penale. Tali ipotesi includono, ad esempio, la mancata concessione del beneficio con una sentenza di condanna per un altro reato o la sussistenza delle condizioni previste dall’articolo 168, terzo comma, del codice penale (ad esempio, il mancato adempimento degli obblighi imposti). La situazione del ricorrente non rientrava in alcuna di queste casistiche.
Le Motivazioni
La Corte ha ritenuto il ricorso basato su motivi non consentiti dalla legge. L’argomentazione fondamentale è che il giudicato penale copre non solo l’accertamento della responsabilità, ma anche tutte le decisioni accessorie, come la concessione della sospensione condizionale. Consentire a un condannato di ‘scegliere’ a posteriori se accettare o meno un beneficio, dopo aver lasciato scadere i termini per l’opposizione, creerebbe un’inaccettabile incertezza giuridica e minerebbe la stabilità delle decisioni giudiziarie. La scelta di non opporsi al decreto penale è una scelta processuale che cristallizza la situazione giuridica, con tutti i suoi vantaggi e svantaggi.
Le Conclusioni
L’ordinanza in esame offre un’importante lezione pratica: le decisioni prese nell’ambito di un procedimento per decreto penale hanno conseguenze definitive. L’imputato che riceve una notifica di decreto penale di condanna deve valutare attentamente non solo la pena principale, ma anche tutti gli aspetti accessori, inclusa la concessione di benefici. Se si ritiene che la sospensione condizionale possa essere controproducente per il futuro, l’unica strada percorribile è l’opposizione al decreto nei termini previsti dalla legge, al fine di rimettere in discussione nel merito l’intera decisione del giudice. Tentare di ottenere una revoca sospensione condizionale in un momento successivo, in sede esecutiva, è una strategia destinata a fallire, come chiaramente affermato dalla Suprema Corte.
È possibile chiedere la revoca della sospensione condizionale della pena concessa con un decreto penale non opposto?
No, secondo la Corte di Cassazione non è possibile. Un decreto penale non opposto diventa irrevocabile e ha la stessa efficacia di una sentenza passata in giudicato. Pertanto, le sue disposizioni, inclusa la sospensione condizionale, non possono essere modificate o revocate in fase esecutiva, salvo i casi specifici previsti dalla legge.
Perché il condannato voleva revocare un beneficio come la sospensione condizionale?
Il condannato riteneva che aver usufruito del beneficio per una pena pecuniaria di lieve entità gli avrebbe impedito di ottenerlo in futuro per eventuali reati più gravi, punibili con pene detentive, per i quali considerava la sospensione più utile e strategica.
In quali casi si può revocare la sospensione condizionale in fase di esecuzione?
La revoca in fase esecutiva è possibile solo nei casi tassativamente previsti dall’art. 674 del codice di procedura penale. Ad esempio, se la sospensione non è stata disposta con una sentenza di condanna per un altro reato o se si verificano le condizioni di cui all’art. 168, terzo comma, del codice penale (come il mancato adempimento di obblighi imposti con la sentenza).
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 80 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 80 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 26/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a TORINO il 08/07/1959
avverso l’ordinanza del 23/04/2024 del GIP TRIBUNALE di TORINO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO
Esaminato il ricorso proposto dal difensore di COGNOME NOME avverso l’ordinanza in epigrafe, con cui il g.i.p. del Tribunale di Torino, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha rigettato la richiesta, che era stata formulata nell’interesse del ricorrente, di revoca del beneficio della sospensione condizionale concessogli con un decreto penale di condanna ad una pena pecuniaria in data 4.3.2019;
Evidenziato che con l’unico motivo di ricorso si deducono violazione di legge e vizio di motivazione del provvedimento impugnato: 1) nella parte in cui ha escluso la ravvisabilità di un interesse giuridicamente apprezzabile del ricorrente alla revoca della sospensione condizionale, che era stato espressamente indicato invece nella circostanza che il condannato “non potrebbe vedersi applicato il beneficio per eventuali pene detentive, rispetto alle quali l’istituto in esame trova la propria primaria ed essenziale ragion d’essere” (p. 7); 2) nella parte in cui ha obliterato di confrontarsi con “l’assoluta mancanza di motivazione del Decreto penale” (p. 7) “sull’impropria applicazione dell’istituto in esame” (p. 8);
Considerato che proprio da tale motivo di doglianza debba muoversi per affermare, in modo preliminare e assorbente, che le statuizioni contenute nel decreto penale di condanna divenuto irrevocabile, in quanto non opposto, hanno efficacia di giudicato alla pari di quelle contenute nella sentenza, sicché la sospensione condizionale della pena, quand’anche fosse stata erroneamente disposta con detto decreto, non può essere revocata in sede esecutiva nei confronti dei soggetti che non abbiano proposto opposizione (cfr., in proposito, Sez. 3, n. 7475 del 18/1/2008, Rv. 239008 -01; Sez. 1, n. 3877 del 20/1/2004, Rv. 227330 -01);
Osservato, peraltro, che nella vicenda di specie non è ravvisabile alcuno dei casi, espressamente previsti dall’art. 674 cod. proc. pen., in cui può essere revocata in sede di esecuzione la sospensione condizionale della pena concessa in fase di cognizione con sentenza o decreto penale penali irrevocabili (e cioè “qualora non sia stata disposta con la sentenza di condanna per altro reato” oppure ove si rilevi “l’esistenza delle condizioni di cui al terzo comma dell’articolo 168 del codice penale”);
Ritenuto, pertanto, che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile ai sensi dell’art. 606, comma 3, cod. proc. pen., in quanto proposto per motivi non consentiti dalla legge, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
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P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 26.9.2024