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Revoca per abolitio criminis: quando è inammissibile

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un condannato che aveva richiesto la revoca per abolitio criminis della propria sentenza. I giudici hanno stabilito che tale istituto non può essere utilizzato per rimettere in discussione il merito di una condanna definitiva, ma solo per verificare l’effettiva abrogazione della norma penale, che in questo caso non era avvenuta.

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Pubblicato il 11 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Revoca per Abolitio Criminis: Quando la Cassazione Dice No

L’istituto della revoca per abolitio criminis rappresenta un principio di civiltà giuridica fondamentale: nessuno può essere punito per un fatto che la legge non considera più reato. Tuttavia, il suo utilizzo è strettamente circoscritto e non può diventare un pretesto per riaprire processi conclusi. Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha ribadito con fermezza i limiti di questo strumento, dichiarando inammissibile il ricorso di un cittadino che tentava di contestare nel merito una condanna definitiva.

Il Fatto: Un Tentativo di Revoca Respinto

La vicenda trae origine dalla richiesta di un uomo, condannato in via definitiva per il reato previsto dall’art. 483 del codice penale, di vedere revocata la propria sentenza. La sua istanza, basata sull’art. 673 del codice di procedura penale, sosteneva implicitamente una presunta abrogazione della norma incriminatrice.

Il Giudice dell’Esecuzione presso la Corte d’Appello di Bologna aveva già respinto la richiesta, sottolineando che il reato in questione non era mai stato abrogato. Nonostante ciò, il condannato ha proposto ricorso per Cassazione, lamentandosi non tanto di una reale abolizione del reato, quanto dei motivi di merito che avevano portato alla sua condanna.

La Questione Giuridica: I Limiti della Revoca per Abolitio Criminis

Il cuore della questione sottoposta alla Corte Suprema non era se il reato fosse stato effettivamente cancellato dall’ordinamento, ma se la procedura di revoca per abolitio criminis potesse essere usata come una sorta di appello tardivo per ridiscutere la colpevolezza dell’imputato.

La risposta della Corte è stata netta e conforme al suo consolidato orientamento. L’istituto previsto dall’art. 673 c.p.p. conferisce al giudice dell’esecuzione un potere ben preciso e limitato: verificare, con un’attività puramente ricognitiva, se la norma incriminatrice applicata in una sentenza di condanna abbia perso efficacia. Non gli consente, invece, di compiere nuove valutazioni sul fatto storico, sulle prove o su eventuali vizi procedurali del processo di cognizione.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

Nel dichiarare il ricorso inammissibile, la Corte ha esposto chiaramente le sue motivazioni, fondate su principi cardine del nostro sistema processuale.

Inesistenza dell’Abolitio Criminis

In primo luogo, i giudici hanno confermato quanto già stabilito dalla Corte d’Appello: il reato di cui all’art. 483 c.p. non è stato oggetto di alcuna abrogazione. Già solo questo fatto rendeva la richiesta manifestamente infondata.

Intangibilità del Giudicato

Il punto centrale della decisione risiede nel principio dell’intangibilità del giudicato. La Cassazione ha ribadito che eventuali vizi o errori verificatisi nel corso del giudizio di merito devono essere fatti valere esclusivamente attraverso i mezzi di impugnazione previsti dalla legge (appello, ricorso per cassazione) nei termini stabiliti. Una volta che la sentenza diventa definitiva, le questioni di fatto e di diritto in essa decise vengono ‘sanate’ e coperte dal giudicato. Non è possibile, in fase esecutiva, rimettere in discussione ciò che è stato irrevocabilmente accertato.

Uso Improprio dello Strumento Processuale

La Corte ha osservato come il ricorrente avesse utilizzato in modo improprio l’istanza ex art. 673 c.p.p. per sollevare doglianze relative al merito della sua responsabilità penale. Questo tentativo è stato considerato un abuso dello strumento processuale, destinato a finalità completamente diverse.

Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche

L’ordinanza si conclude con una dichiarazione di inammissibilità del ricorso, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende, come previsto dall’art. 616 c.p.p. per i ricorsi temerari.

Questa decisione rafforza un principio fondamentale: la certezza del diritto e la stabilità delle decisioni giudiziarie. Sebbene esistano strumenti eccezionali per porre rimedio a errori giudiziari (come la revisione del processo) o per adeguare le pene a nuove leggi (come l’abolitio criminis), questi non possono essere distorti per aggirare le preclusioni e i termini del sistema delle impugnazioni. La fase dell’esecuzione penale serve a dare attuazione a un comando giudiziale definitivo, non a riscrivere la storia del processo.

È possibile chiedere la revoca di una condanna penale definitiva se il reato viene abrogato?
Sì, l’ordinamento prevede l’istituto della ‘revoca per abolitio criminis’ (art. 673 c.p.p.), che consente di cancellare gli effetti di una condanna se la legge che prevedeva quel reato è stata abrogata.

Posso usare la richiesta di revoca per abolitio criminis per contestare errori avvenuti durante il processo?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che questa procedura serve solo a verificare se la norma penale sia stata effettivamente abrogata. Non può essere utilizzata per lamentare vizi o errori del processo di merito, i quali devono essere contestati con gli appelli ordinari prima che la sentenza diventi definitiva.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, come in questo caso, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di denaro alla Cassa delle ammende, il cui importo è determinato dalla Corte.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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