Revoca Pena Sospesa e Irreperibilità: Quando il Ricorso è Inammissibile
L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione affronta un tema cruciale della procedura penale, relativo alla revoca pena sospesa e alle garanzie difensive nella fase esecutiva. Con una decisione netta, la Suprema Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso di un condannato, chiarendo la differenza procedurale tra la fase di cognizione e quella di esecuzione, soprattutto in caso di irreperibilità dell’interessato.
Il Contesto del Caso Giudiziario
Il Tribunale di Viterbo, in qualità di giudice dell’esecuzione, aveva disposto la revoca del beneficio della pena sospesa concesso in precedenza a un soggetto. Quest’ultimo, ritenendo leso il proprio diritto di difesa, ha proposto ricorso per cassazione, lamentando un vizio del procedimento che ha portato alla decisione del Tribunale.
La Questione Giuridica: Irreperibilità e Revoca Pena Sospesa
Il nucleo del ricorso si basava sulla presunta violazione del contraddittorio. Il ricorrente sosteneva che l’atto introduttivo dell’incidente di esecuzione, che ha poi condotto alla revoca pena sospesa, gli era stato notificato dopo una dichiarazione di irreperibilità. A suo avviso, questa modalità avrebbe minato il suo diritto a partecipare e difendersi adeguatamente nel procedimento.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha rigettato completamente le argomentazioni del ricorrente, dichiarando il ricorso inammissibile perché fondato su motivi manifestamente infondati.
Le Motivazioni
La Corte ha chiarito un principio fondamentale: le regole procedurali cambiano a seconda della fase del procedimento penale. La disciplina dell’assenza, prevista per la fase di cognizione (cioè il processo che porta all’accertamento della responsabilità), non si applica alla fase di esecuzione (quella che segue una condanna definitiva).
Nella fase esecutiva, la notifica dell’atto introduttivo dell’incidente, effettuata regolarmente previa dichiarazione di irreperibilità del condannato, è pienamente valida. Non si configura, pertanto, alcuna violazione del principio del contraddittorio. La procedura seguita dal Tribunale di Viterbo è stata ritenuta corretta e conforme alla legge.
Le Conclusioni
La conseguenza diretta della dichiarazione di inammissibilità è la condanna del ricorrente a sostenere i costi del procedimento. Inoltre, in assenza di elementi che possano escludere una sua colpa nel proporre un ricorso palesemente infondato, la Corte lo ha condannato al pagamento di una sanzione pecuniaria di tremila euro a favore della Cassa delle ammende, ai sensi dell’art. 616 del codice di procedura penale. Questa ordinanza rafforza la distinzione tra le garanzie previste durante il processo di merito e quelle applicabili nella fase successiva all’esecuzione della pena, stabilendo che la irreperibilità non blocca né invalida i procedimenti volti alla revoca pena sospesa.
È possibile contestare la revoca della pena sospesa se l’atto iniziale non è stato notificato personalmente a causa di irreperibilità?
No. Secondo questa ordinanza, nella fase di esecuzione (cioè dopo la condanna definitiva), la notifica di un atto a seguito di dichiarazione di irreperibilità del condannato è considerata valida e non costituisce una violazione del diritto di difesa.
Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché basato su motivi ‘manifestamente infondati’. La Corte ha specificato che le norme sull’assenza, valide nel processo di cognizione, non si applicano alla fase esecutiva, rendendo la procedura seguita dal giudice dell’esecuzione pienamente legittima.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
Comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, come in questo caso, al versamento di una sanzione pecuniaria (tremila euro) alla Cassa delle ammende per aver intentato un ricorso senza fondamento giuridico.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 5292 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 5292 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 14/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato il 07/07/1991
avverso l’ordinanza del 21/02/2022 del TRIBUNALE di VITERBO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
IN FATTO E IN DIRITTO
Con ordinanza emessa in data 21 febbraio 2022 il Tribunale di Viterbo, quale giudice dell’esecuzione, ha disposto – nei confronti di NOME COGNOME – la revoca di due statuizioni con cui era stato concesso il bene della pena sospesa.
Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione – nelle forme di legge – NOME deducendo vizio del procedimento.
Il ricorso va dichiarato inammissibile perché proposto per motiv manifestamente infondati.
Ed invero, la notifica dell’atto introduttivo dell’incidente di esecuzione – che luogo alla revoca della pena sospesa – è stata regolarmente operata pre dichiarazione di irreperibilità del condannato. Dunque non vi è alcuna violazio del contraddittorio, posto che in sede di esecuzione non si applica la disci dell’assenza (prevista per la fase di cognizione).
Alla dichiarazione di inammissibilità consegue di diritto la condanna de ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibili al versamento a favore della Cassa delle ammende di sanzione pecuniaria, che pare congruo determinare in euro tremila, ai sensi dell’art. 616 cod. pr pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spe processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in data 14 novembre 2024
Il Consigliere estensore
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Il Presidente