Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 18372 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 18372 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 06/02/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME NOME nato a Peschiera del Garda il 07/06/1960 avverso l’ordinanza del 07/11/2024 del Tribunale di Catanzaro udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME COGNOME lette le conclusioni del Sost. Proc. Gen. NOME COGNOME COGNOME per l’inammissibilità;
lette le memorie dell’avv. NOME COGNOME che, anche replicando alle conclusioni del Procuratore generale, insiste per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Catanzaro, Sezione per il riesame, con ordinanza del 7 novembre 2024 ha rigettato l’appello proposto NOME COGNOME avverso l’ordinanza con la quale il 27 giugno 2024 il Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Catanzaro ha respinto l’istanza di revoca della misura degli arresti dorniciliari con le prescrizioni di cui all’art. 282, comma 2, cod. proc. pen. in relazione al reato di cui agli artt. 110 e 416-bis cod. pen., disposta con provvedimento del 7 giugno 2023.
Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso l’indagato che, a mezzo del difensore, ha dedotto i seguenti motivi.
2.1. Vizio di motivazione in relazione alla ritenuta sussistenza e consistenza delle esigenze cautelari. Nel primo motivo la difesa rileva che il
Tribunale avrebbe omesso di considerare il rilievo da attribuire al tempo trascorso, un anno e cinque mesi, dall’applicazione della misura che, diversamente da quanto indicato, non può ritenersi di per sé “neutro” in quanto il comportamento regolare tenuto dal ricorrente sarebbe stato ulteriormente qualificato dal corretto e costante rispetto delle prescrizioni imposte, ciò anche considerato che la difesa aveva allegato ulteriori elementi, tra i quali una sentenza di assoluzione, il cui rilievo il giudice del riesame non ha adeguatamente valutato.
2.2. Vizio di motivazione in ordine alla richiesta subordinata di revocare il divieto di cui all’art. 284, comma 2, cod. proc. pen. Nel secondo motivo la difesa censura la conclusione del Tribunale nella parte in cui afferma che tale prescrizione è “connaturata” agli arresti domiciliari e laddove non considera che il mantenimento del divieto sarebbe incoerente con l’autorizzazione di recarsi alle udienze con mezzi propri e senza che gli sia vietato in tali frangenti di incontrare altre e diverse persone, tra cui gli altri indagati e imputati.
In data 14 gennaio 2025 sono pervenute le conclusioni scritte con le quali il Sost. Proc. Gen. NOME COGNOME COGNOME chiede che il ricorso sia dichiarato inammissibile.
In data 16 gennaio 2025 è pervenuta una memoria difensiva nella quale l’avv. NOME COGNOME insiste per l’accoglimento del ricorso.
In data 28 gennaio 2025 è pervenuta una memoria di replica nella quale l’avv. NOME COGNOME criticate le conclusioni del Procuratore Generale, insiste per raccoglimento del ricorso.
CONSIERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
Nel primo motivo la difesa deduce il vizio di motivazione in relazione alla ritenuta sussistenza e consistenza delle esigenze cautelari evidenziando che il Tribunale avrebbe omesso di considerare il rilievo da attribuire al tempo trascorso dall’applicazione della misura, al comportamento regolare tenuto dal ricorrente e alla sentenza di assoluzione prodotta.
La doglianza è infondata.
2.1. In materia di misure cautelari personali il ricorso per cassazione che deduca l’insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, o l’assenza delle esigenze
cautelari, è ammissibile solo se denuncia la violazione di specifiche norme di legge o la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento, ma non anche quando propone censure che riguardano la ricostruzione dei fatti, o che si risolvono in una diversa valutazione degli elementi esaminati dal giudice di merito (cfr. Sez. 5, n. 22066 del 06/07/2020, COGNOME, Rv. 279495 – 02; Sez. 2, n. 31553 del 17/05/2017, COGNOME, Rv. 270628).
Nel giudizio di legittimità, infatti, sono rilevabili esclusivamente i viz argomentativi che incidano sui requisiti minimi di esistenza e di logicità del discorso motivazionale svolto nel provvedimento e non sul contenuto della decisione, ciò in quanto il controllo di logicità deve rimanere all’interno del provvedimento impugnato e non è possibile procedere a una nuova o diversa valutazione degli elementi indizianti o a un diverso esame degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate e, nel ricorso afferente i procedimenti “de libertate”, a una diversa delibazione in merito allo spessore degli indizi e delle esigenze cautelari (cfr. Sez. un., n. 11 del 22/3/2000, COGNOME, Rv 215828; Sez. 5, n. 22066 del 06/07/2020, COGNOME, Rv. 279495 – 02; Sez. 2, n. 27866 del 17/06/2019, COGNOME, Rv. 276976; Sez. 4, n. 18807 del 23/3/2017, COGNOME, Rv 269885; Sez. 6, n. 49153 del 12/11/2015, COGNOME, Rv. 265244).
Ciò in quanto il controllo di legittimità concerne il rapporto tra motivazione e decisione e non già il rapporto tra prova e decisione e, quindi, il ricorso per cassazione che devolva il vizio di motivazione, per essere ammissibile, deve rivolgere le censure nei confronti della motivazione posta a fondamento della decisione e non deve riguardare la valutazione sottesa che, in quanto riservata al giudice di merito, è estranea al perimetro cognitivo e valutativo della Corte di cassazione (cfr. Sez. 5, n. 22066 del 06/07/2020, Barhoumi, Rv. 279495 – 02).
2.2. Nel caso di specie il ragionamento esposto a fondamento della conclusione non è manifestamente illogico o contraddittorio.
Il Tribunale del riesame, così integrando e completando la motivazione resa dal primo giudice, ha infatti evidenziato in termini adeguati e coerenti le ragioni per le quali ha ritenuto che il passare del tempo e la regolare condotta tenuta dal ricorrente non possano essere considerati degli elementi di novità significativi e come questi non abbiano affievolito le originarie esigenze cautelari.
A ben vedere, d’altro canto, il tempo trascorso dall’applicazione della misura assume effettivo rilievo solo in presenza di ulteriori e diversi elementi (Sez. 2, n. 47120 del 04/11/2021, Attento, Rv. 282590 – 01; Sez. 2, n. 12807 del 19/02/2020, COGNOME, Rv. 278999 – 01) e tale non può essere considerato, come correttamente indicato nel provvedimento impugnato, il solo fatto che l’indagato ha tenuto una condotta regolare, cioè che non ha violato le prescrizioni imposte, poiché questo rientra nella fisiologia dell’esecuzione della misura in atto.
Sotto altro profilo, poi, il giudice cautelare ha dato anche atto di avere analizzato le sentenze assolutorie prodotte dalla difesa e le conclusioni cui è
pervenuto in ordine al rilievo da attribuire a tali elementi, nel senso di una scarsa se non nulla incidenza ai fini della modifica del quadro cautelare originario, non è
affatto illogica laddove è comparata alla valutazione in ordine alla persistente pericolosità del ricorrente, dimostrata dalla protrazione temporale dei rapporti
illeciti intrattenuti con gli esponenti apicali e locali di alcune consorterie
‘ndrangheta che sono ancora operative.
3. Ad analoghe conclusioni si deve pervenire con riferimento al secondo motivo, nel quale la difesa deduce il vizio di motivazione in ordine alla richiesta
subordinata di revocare il divieto di cui all’art. 284, comma 2, cod. proc. pen.
Nella corretta prospettiva in precedenza evidenziata, infatti, il rinvio ai contatti intrattenuti per lungo tempo con gli esponenti del sodalizio e al reciproco
interesse che ne è derivato, rende adeguato conto della necessità del mantenimento della prescrizione e ciò pure al netto dell’impropria indicazione per
cui questa sarebbe “connaturata” alla misura.
Sotto tale profilo, d’altro canto, appare inconferente anche la considerazione per cui la permanenza del divieto sarebbe in contraddizione con fatto che il ricorrente è stato autorizzato a raggiungere “libero e senza scorta” il luogo dove si tengono le udienze in quanto tale facoltà, riconosciuta al ricorrente al solo fine di consentirgli di partecipare al processo, non fa venire meno il divieto di comunicazione imposto con l’applicazione della misura che, perciò, pure in assenza di specifiche e ulteriore indicazioni sul punto, esclusi i contatti strettamente necessari allo spostamento e le esigenze connaturate al diritto di difesa (Sez. 6, n. 41120 del 19/09/2014, COGNOME, Rv. 260429 – 01), opera anche in tali situazioni.
Il rigetto del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 6 febbraio 2025
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