Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 7349 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 7349 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 01/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 04/08/2023 del TRIB. LIBERTA’ di MILANO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del PG NOME COGNOME che ha chiesto che il ricorso venga dichiarato inammissibile;
lette le conclusioni del difensore AVV_NOTAIO, che ha chiesto l’accoglimento dei motivi di ricorso, con ogni conseguente statuizione.
RITENUTO IN FATTO
NOME COGNOME, per mezzo del proprio difensore, ha proposto ricorso per cassazione avverso l’ordinanza del Tribunale del riesame Milano del 05/08/2023 che ha respinto la richiesta di appello avverso l’ordinanza G.i.p. del Tribunale di Milano del 23/06/2023, che aveva rigettato la richie revoca o sostituzione della misura della custodia cautelare in carcere applic relazione alla contestazione provvisoria elevata ai sensi dell’art. 628, comma e terzo, n. 1 e 3 -quinquies, cod. pen.
Sono stati proposti quattro motivi di ricorso che si riportano nei strettamente necessari per la motivazione ai sensi dell’art. 173 disp. att. co pen.
2.1. GLYPH Violazione ed erronea applicazione dell’art. 275, comma 3, cod. proc pen., con inosservanza del criterio di gradualità della custodia cautelare in car considerazione del principio affermato dalla Corte costituzionale con la sentenz 265 del 2010, nonché vizio della motivazione perché omessa sul punto. Il Tribuna non ha adeguatamente considerato le allegazioni difensive relative alla c disponibilità di una abitazione per l’espletamento della misura degli arresti domi anche con braccialetto elettronico.
2.2. GLYPH Violazione di legge in relazione all’art. 275, comma 3 -bis, cod. proc. pen. e vizio della motivazione perché omessa quanto alla inidoneità della altern misura degli arresti domiciliari.
2.3. GLYPH Violazione di legge in relazione all’art. 275, comma 2, cod. proc. pe in relazione al principio di proporzionalità della misura custodiale, violazione d 275 comma 2 -bis; il ricorrente ha reso dichiarazioni parzialmente ammissive durante l’interrogatorio di garanzia delle quali il Tribunale non ha tenuto conto ed, a del decreto di giudizio immediato, ha chiesto di accedere al rito abbreviato; la conseguente potrebbe essere assai contenuta ad esito del giudizio.
2.4. GLYPH Violazione di legge e violazione di norme processuali in relazione all esigenze cautelari, insussistenza del pericolo di reiterazione per dife presupposti dell’attualità e concretezza; il Tribunale non ha tenuto in co dichiarazioni confessorie e il decorso d un considerevole lasso di tempo, mentr richiamato un precedente assai risalente riferibile all’anno 2017′ mentre il ric ha già dato prova di avere sempre svolto regolare attività lavorativa.
2.5. GLYPH La difesa ha richiamato i motivi di ricorso con memoria tempestivamente depositata ed alla quale era anche allegata documentazione.
Il Procuratore generale ha concluso chiedendo che il ricorso veng dichiarato inammissibile
CONSIDERATO IN DIRITTO
I motivi sono tutti strettamente connessi e possono essere trattati congiuntamente; il ricorrente ha, infatti, denunciato, con diverse formulazioni, la ricorrenza di motivazione sostanzialmente affetta da apparenza, illogicità, nonché contraddittorietà, non avendo il Tribunale riscontrato la presenza di fatti nuovi che avrebbero potuto giustificare la revoca o la sostituzione della misura cautelare in atto a carico del ricorrente.
Ciò posto, la Corte deve in via preliminare richiamare il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità secondo il quale il Tribunale del riesame non è tenuto a riesaminare la sussistenza delle condizioni legittimanti il provvedimento restrittivo, dovendosi limitare al controllo che l’ordinanza gravata sia giuridicamente corretta e adeguatamente motivata in ordine ad eventuali fatti nuovi, puntualmente allegati, preesistenti o sopravvenuti, idonei a modificare in modo apprezzabile il quadro probatorio o ad escludere la sussistenza di esigenze cautelari, ciò in ragione dell’effetto devolutivo dell’impugnazione e della natura autonoma del provvedimento impugnato (Sez. 6, n. 45826 del 27/10/2021, COGNOME, Rv. 28229201; Sez. 2, n. 18130 del 13/04/2016, COGNOME, Rv. 266676-01;Sez. 3, n. 43112 del 07/04/2015, C., Rv. 265569-01; Sez. 1, n. 961 del 13/02/1996, COGNOME, Rv. 294696-01; Sez. 2, n. 1134 del 22/02/1995, COGNOME, Rv. 201863-01).
Il Tribunale del riesame ha fatto buon governo dei principi richiamati ed ha evidenziato con motivazione congrua, logicamente articolata, e del tutto priva di aporie, con la quale il ricorrente non si confronta, non solo la mancanza di elementi con carattere di novità, non potendosi ritenere tale l’esito dell’interrogatorio di garanzia, che non aveva in alcun modo scalfito o inciso il grado di gravità indiziaria, ma anche l’evidente adeguatezza in proporzione rispetto alle condotte oggetto di imputazione provvisoria della misura applicata. Allo stesso modo si è precisato come anche la documentazione allegata in sede di riesame non avesse valenza risolutiva in ordine alla circostanza allegata di una eventuale possibilità di essere assunto del ricorrente (pag. 3).
È stata, in altri termini, correttamente rilevata l’assenza di ulteriori elementi di sicura valenza sintomatica quanto alla situazione oggetto di valutazione al momento dell’emissione della misura cautelare, tenuto conto altresì della particolare gravità delle condotte oggetto di contestazione e del quadro indiziario per come richiamato in relazione al quale la misura applicata si è appalesata come unica idonea,
con evidente incompatibilità della misura gradata richiesta. Con tale motivazione il ricorrente non si confronta, limitandosi a reiterare gli argomenti già proposti con l’appello. Non ricorre dunque alcuna violazione di legge, né un vizio della motivazione tale da poter considerare la stessa apparente o assente, a fronte di una serie di doglianze che si caratterizzano oggettivamente per genericità, aspecificità e del tutto prive di allegazioni a supporto delle critiche articolate al provvedimento del Tribunale, anche considerata la ulteriore documentazione allegata, tra l’altro riferibile a data successiva alla pronuncia del provvedimento impugnato.
Il Tribunale ha dunque correttamente applicato il principio affermato dalla giurisprudenza di legittimità secondo il quale, una volta formatosi il giudicato cautelare, solo la sopravvenienza di fatti nuovi può giustificare la rivalutazione di quelli già apprezzati e rendere possibile la revoca e la modifica della misura applicata (Sez.1, n.19521 del 15/04/2010, COGNOME, Rv. 247208-01: Sez. 5, n. 17896 del 09/01/2009, COGNOME, Rv. 243974-01; Sez. 1, n. 15906 del 19/01/2007, Petta, Rv. 236278-01).
Inoltre, occorre considerare che la descrizione della particolare gravità delle condotte imputate è stata ritenuta significativa del pericolo di reiterazione di delitti della stessa specie, con conseguente ed evidente valutazione negativa, quale conseguenza logica del ragionamento argomentato, quanto all’eventuale adeguatezza di una misura gradata. Con tale motivazione il ricorrente non si confronta affatto limitandosi a richiamare la disciplina di legge in senso del tutto astratto rispetto al provvedimento impugnato, che, con la sua motivazione logica ed argomentata, ha fatto corretta applicazione del principio di diritto che qui si intende ribadire, secondo il quale l’attualità e la concretezza delle esigenze cautelari non deve essere concettualmente confusa con l’attualità e concretezza delle condotte criminose, onde il pericolo di reiterazione di cui all’art. 274, comma 1, lett. c) cod. proc. pen. può essere legittimamente desunto dalle modalità delle condotte contestate, anche nel caso che esse siano risalenti nel tempo, ove persistano atteggiamenti sintomaticamente proclivi al delitto e collegamenti con l’ambiente in cui il fatto illecito contestato è maturato (Sez. 2, n. 9501 del 23/02/2016, Stamegna, Rv. 267785-01).
Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile e il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 1 Dicembre 2023.