Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 6737 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 6737 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 18/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOME nata in Marocco il 01/01/1965
avverso la ordinanza emessa dalla Corte di Appello di Ancona il 27/09/2024
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per la inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza in epigrafe indicata la Corte di appello di Torino ha respinto la richiesta di revoca della misura cautelare degli arresti domiciliari applicati a NOME COGNOME tratta in arresto a fini estradizionali in relazione al mandato di arresto processuale emesso dal Tribunale di Meknes (Marocco) il 7 febbraio 2024.
Ha proposto ricorso l’estradanda con un unico motivo, deducendo violazione di legge processuale in relazione agli artt. 715, 716 274, 275 proc. pen.
La Corte di appello ha ritenuto sussistente il pericolo di fuga per avere l’istante dato prova del proprio radicamento sul territorio italian indebitamente ponendo a carico dell’estradanda l’onere di provare il presupp legittimante la adozione della misura cautelare nei suoi confronti.
Il giudizio prognostico in ordine al percolo di fuga è stato inoltre fo su erronei presupposti, in mancanza di elementi specifici, rivelatori di un propensione e di una effettiva possibilità di allontanamento clandestino da dell’estradanda.
Per contro, alla stregua della documentazione prodotta, la Corte di mer avrebbe dovuto evincere la prova del radicamento, posto che il figlio d COGNOME è nato in Italia nel 2005 e ha la cittadinanza italiana.
Il Sostituto Procuratore Generale ha chiesto dichiararsi inammissibile ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile per le ragioni che di seguit espongono.
L’indagata ha chiesto la revoca della misura cautelare cui è sottopo a fini estradizionali, sicché non ha pregio il rilievo difensivo che sia stat suo carico l’onere di dare conto della sola esigenza cautelare – il pericolo – che legittima l’adozione della misura, in quanto già vagliato, tale presupp in sede di prima applicazione.
Deve poi considerarsi che, secondo i principi enunciati da questa Corte legittimità nella sua massima espressione nomofilattica, la definizione procedura di estradizione con decisione favorevole alla stessa non preclud controllo giurisdizionale sulla richiesta di revoca o di sostituzione della coercitiva nell’ambito del procedimento incidentale “de libertate”, purc richiesta stessa si fondi su motivi attinenti alla sopravvenuta inefficac misura o all’insussistenza delle esigenze cautelari, con particolare rigu pericolo di fuga, e la persona non sia già stata consegnata allo Stato richi e sempre che sulla questione non sia intervenuta, nel procedimento principal estradizione, la decisione definitiva sulla questione “de libertate” che det
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una preclusione endoprocessuale sul punto (Sez. U, n. 26156 del 28/05/2003, COGNOME, Rv. 224613 – 01).
Le Sezioni Unite hanno altresì precisato che l’eventuale decisione definitiva sulla questione “de libertate” che sia intervenuta in sede di procedimento principale di estradizione determina esclusivamente una preclusione allo stato degli atti sulle questioni dedotte, le quali non possono essere riproposte dall’estradando “rebus sic stantibus”.
Tanto premesso, nel caso in esame, la Corte di appello ha dato atto che l’istanza di revoca era fondata sulla dedotta insussistenza del pericolo di fuga, che la difesa aveva argomentato dal suo radicamento quasi trentennale in Italia, e ha evidenziato che il preteso radicamento era tutt’altro che documentato, atteso che: a) il contratto di lavoro allegato risale al 2024 e ha la durata di un solo mese; b) il certificato di stato di famiglia non è conferente perché non dimostra la risalenza della composizione familiare e della residenza in esso indicata.
Deve considerarsi al riguardo che l’art. 719 cod. proc. pen. limita la ricorribilità del provvedimento impugnato al solo vizio di violazione di legge, sicché è deducibile in questa Sede la sola mancanza o la mera apparenza della motivazione (tra le moltissime, Sez. U, n. 25080 del 28/05/2003, COGNOME, Rv. 224611 – 01).
Dunque, ogni rilievo volto a censurare le ragioni logico giuridiche della decisione, così come esposte, resta inammissibile, a fronte di una motivazione tutt’altro che apparente, perché esente da incongruenze logiche radicali.
Ma, anche a prescindere da tali considerazioni, si è all’evidenza sollecitata in questo ambito la rivalutazione di un parametro, ossia il pericolo di fuga – che il forte radicamento sul territorio renderebbe meramente ipotetico già apprezzato in sede genetica, ai fini della prima applicazione della cautela, assumendosene l’insussistenza, e ciò senza addurre elementi di apprezzamento sopravvenuti, in aperto contrasto con i principi sanciti dalle Sezioni Unite, con la sentenza COGNOME, innanzi richiamata.
Alla conseguente inammissibilità del ricorso accede, per il disposto dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che si determina equitativamente in euro 3000,00, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte cost. n. 186 del 13/06/2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa del ammende.
Così deciso il 18/12/2024