Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 21524 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 21524 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 23/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOMENOME (CUI CODICE_FISCALE nato a NOCERA INFERIORE il 09/02/1994
avverso l’ordinanza del 20/02/2025 del Tribunale di Salerno Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME preso atto del fatto che il procedimento si celebra con contraddittorio scritto, senza la presenza delle parti, in mancanza di richiesta di trattazione orale pervenuta nei termini secondo quanto disposto dagli artt. 610, comma 5 e 611, comma 1bis e ss. cod. proc. pen.
Il Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME con requisitoria scritta tempestivamente depositata concludeva per il rigetto del ricorso
RITENUTO IN FATTO
1.Il Tribunale per il riesame delle misure cautelari personali di Salerno respingeva l’appello proposto da NOME COGNOME contro l’ordinanza emessa dalla Corte di appello di
Salerno il 24 gennaio 2025, che aveva respinto l’istanza di so stituzione della misura cautelare della custodia in carcere, nuovamente applicata al COGNOME, dopo la violazione delle prescrizioni imposte in relazione al delitto di estorsione aggravata ai sensi dell’art. 416bis .1. cod. pen.
Avverso tale ordinanza proponeva ricorso per cassazione il difensore, che deduceva:
2.1. violazione di legge : l’ordinanza di aggravamento della misura degli arresti domiciliari non era stata impugnata, sicché, sul punto, non poteva dirsi formato il giudicato cautelare, mentre per invocare l’attenuazione della misura non sarebbe stata necessaria l’allegazione di elementi di novità;
2.2. violazione di legge e vizio di motivazione: il tribunale non avrebbe dato rilievo al tempo trascorso in stato di detenzione cautelare ed al fatto che l’aggr avamento non sarebbe stato disposto in relazione alla violazione delle prescrizioni principali della misura, ma solo di quelle accessorie (il ricorrente era stato sorpreso in compagnia di una persona pregiudicata) e che comunque la violazione non aveva risguardato lo sforamento del tempo di rientro dalla visita medica, che non sarebbe stato indicato;
2.3. violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla omessa valutazione delle dichiarazioni di NOME COGNOME, compagna del ricorrente, che aveva riferito del prolungamento dei tempi di effettuazione della visita medica. In conclusione, si deduceva che la valutazione di inaffidabilità del ricorrente sarebbe basata su un esame carente e parziale delle emergenze processuali.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.Il ricorso è inammissibile.
1.1.Il primo motivo è manifestamente infondato.
Contrariamente a quanto dedotto l ‘istanza di re voca veniva proposta ai sensi dell ‘art. 299 cod. p roc. pen. e, per essere accolta, la stessa richiede l ‘allegazione di elementi di novità.
Si riafferma infatti che in sede di appello avverso la ordinanza di rigetto della richiesta di revoca di misura cautelare personale, il Tribunale non è tenuto a riesaminare la sussistenza delle condizioni legittimanti il provvedimento restrittivo, dovendosi limitare al controllo che l’ordinanza gravata sia giuridicamente corretta e adeguatamente motivata in ordine ad eventuali allegati nuovi fatti, preesistenti o sopravvenuti, idonei a modificare apprezzabilmente il quadro probatorio o a escludere la sussistenza di esigenze cautelari, ciò in ragione dell’effetto devolutivo dell’impugnazione e della natura autonoma del provvedimento impugnato (tra le altre: Sez. 2, n. 18130 del 13/04/2016, Antignano, Rv. 266676 – 01)
Nel caso in esame, come rilevato dal Tribunale non sono stati indicati elementi nuovi idonei a giustificare l ‘ attenuazione della misura imposta.
1.2. Anche il secondo ed il terzo motivo non superano la soglia di ammissibilità in quanto non consentiti e, comunque, manifestamente infondati.
In via preliminare il Collegio osserva che il ricorrente, quando lamenta la mancata considerazione del tempo trascorso dalla applicazione della misura non si confronta con la consolidata giurisprudenza di legittimità secondo cui e il c.d. “tempo silente” trascorso dalla commissione del reato deve essere oggetto di valutazione, a norma dell’art. 292, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., da parte del giudice che emette l’ordinanza che dispone la misura cautelare, mentre analoga valutazione ‘ non ‘ è richiesta dall’art. 299 cod. proc. pen. ai fini della revoca o della sostituzione della misura, rispetto alle quali l’unico tempo che assume rilievo è quello trascorso dall’applicazione o dall’esecuzione della misura in poi, essendo qualificabile, in presenza di ulteriori elementi, come fatto sopravvenuto da cui poter desumere il venir meno ovvero l’attenuazione delle originarie esigenze cautelari (tra le altre: Sez. 2, n. 12807 del 19/02/2020, COGNOME, Rv. 278999 -01; Sez. 2, n. 47120 del 04/11/2021, Attento, Rv. 282590).
In via principale si osserva, invece, che il ricorrente invoca una non consentita rivalutazione delle emergenze indiziarie poste a fondamento del provvedimento di rigetto.
Il Tribunale per il riesame, con motivazione che non si presta ad alcuna censura, rilevava infatti che: (a) il 26 luglio 2024 il ricorrente è stato autorizzato ad allontanarsi dal domicilio per portarsi a Napoli ove avrebbe dovuto sottoporsi ad un controllo medico e veniva invece sorpreso in una località incompatibile con quella dove lo stesso era stato autorizzato a recarsi e, per di più, in compagnia di un pregiudicato, (b) il 12 luglio 2024 lo stesso era stato autorizzato ad allontanarsi dal domicilio per eseguire un’altra visita medica, ma faceva rientro in un orario non corrispondente a quello attestato dalla documentazione medica; sul punto le dichiarazioni rese dalla compagna (che attestava che lo stesso usciva dal centro medico dopo le 14:00 per rientrare presso il domicilio coatto intorno alle 16) non trovavano alcun riscontro documentale, come rilevato anche nel provvedimento di aggravamento non impugnato.
In conclusione, il Tribunale riteneva, con motivazione che non si presta ad alcuna censura, che questa pluralità di violazione delle prescrizioni impedivano di considerare le trasgressioni come ‘ occasionali ‘ ed imponevano una riconsiderazione della idoneità del presidio imposto.
Le plurime violazioni rilevate avevano infatti dimostrato che il ricorrente era incapace di rispettare in modo continuativo e duraturo le prescrizioni, il che imponeva di effettuare una prognosi negativa in ordine alla capacità dello stesso di osservare le prescrizioni correlate alla misura cautelare domiciliare (pagg. 5 e 6 del provvedimento impugnato).
Si tratta di una motivazione che non si presta ad alcuna censura in quanto coerente con il compendio indiziario raccolto e prova di fratture logiche
2 .Alla dichiarata inammissibilità del ricorso consegue, per il disposto dell’ art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che si determina equitativamente in euro tremila.
Poiché dalla presente decisione non consegue la rimessione in libertà del ricorrente, deve disporsi – ai sens i dell’articolo 94, comma 1 -ter delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale, che copia della stessa sia trasmessa al direttore dell’ istituto penitenziario in cui l’ indagato si trova ristretto, perché provveda a quanto stabilito dal comma 1bis del citato articolo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’ art. 94 comma 1ter disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso, il giorno 23 aprile 2025.