Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 481 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 481 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 12/12/2023
SENTENZA,
sul ricorso proposto da COGNOME NOMECOGNOME nato a Locri il 24/05/1980 rappresentato ed assistito dall’avv. NOME COGNOME di fiducia
avverso la sentenza in data 20/02/2023 della Corte di appello di Bologna, quinta sezione penale;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
preso atto che non è stata richiesta dalle parti la trattazione orale ai sensi degli artt. 611, comma 1-bis cod. proc. pen., 23, comma 8, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito con modificazioni dalla legge 18 dicembre 2020′ n. 176, prorogato in forza dell’art. 5-duodecies del d.l. 31 ottobre 2022, n. 162, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 2022, n. 199 e, da ultimo, dall’art. 17 del d.l. 22 giugno 2023, n. 75, convertito con modificazioni dalla legge 10 agosto 2023, n. 112 e che, conseguentemente, il procedimento viene trattato con contraddittorio scritto;
letti i motivi nuovi ex art. 611, comma 1, cod. proc. pen., in data 22/11/2023 da parte della difesa del ricorrente;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria scritta ex art. 23, comma 8, del d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176 e succ. modif., con la quale il Sostituto procuratore generale, NOME COGNOME ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza in data 20/02/2023, la Corte di appello di Bologna confermava la pronuncia resa in primo grado dal Tribunale ai Ravenna in data 23/02/2021 che aveva condannato NOME COGNOME alla pena di mesi quattro di reclusione ed euro 100 di multa per il reato di truffa, previo riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche ritenute prevalenti sulla contestata e ritenuta recidiva.
Avverso la predetta sentenza, nell’interesse di NOME COGNOME è stato proposto ricorso per cassazione, i cui motivi vengono di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
Primo motivo: violazione di legge e vizio di motivazione. Si censura il fatto che l’imputato, già dichiarato irreperibile con decreto del pubblico ministero in data 25/07/2017, veniva reperito e allo stesso veniva notificato in data 07/09/2019 il decreto di citazione al giudizio di primo grado. Non avendo il giudice mai revocato l’ordinanza ammissiva del suo esame, il dibattimento di primo grado avrebbe dovuto rinviarsi per procedere all’incombente in parola; solo in caso di assenza ingiustificata dell’imputato, si sarebbe dovuto procedere a revocare l’ordinanza annnnissiva del suo esame. La sentenza impugnata è, inoltre, nulla per avere i giudici di appello omesso di notificare il verbale alla persona offesa al fine di consentire alla stessa di manifestare la volontà o meno di rimettere la querela, in assenza di costituzione di parte civile.
Secondo motivo: omessa pronuncia in ordine alla richiesta di pronunciare a norma dell’art. 131-bis cod. pen. e di concedere i doppi benefici di legge.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
Manifestamente infondato è il primo motivo in relazione ad entrambi i profili di censura dedotti.
2.1. La sentenza impugnata dà atto che l’imputato è rimasto assente dal dibattimento di primo grado e non si è mai presentato in udienza per rendere
l’esame ammesso; lo stesso, inoltre, era stato dichiarato irreperibile con decreto in data 26/05/2017. In conseguenza di detto comportamento processuale di assenza dal processo, era stata revocata l’ordinanza ammissiva dell’esame dello stesso.
Insegna la giurisprudenza come sia da ritenersi del tutto legittima la revoca dell’ordinanza di ammissione dell’esame dell’imputato, allorché lo stesso non sia comparso all’udienza stabilita per l’incombente senza addurre un impedimento ritenuto legittimo dal giudice (cfr., Sez. 1, n. 37283 del 24/06/2021, Bosco, Rv. 282009; Sez. 6, n. 14914 del 25/02/2009, COGNOME, Rv. 244193; Sez. 1, n. 40317 del 10/11/2006, Maggiore, Rv. 235110).
La cessazione della condizione di irreperibilità documentata dalla difesa con la produzione del verbale di identificazione, la dichiarazione/elezione di domicilio e la nomina del difensore redatto nei confronti dello COGNOME dagli ufficiali d polizia giudiziaria del Commissariato di Pubblica Sicurezza di Lugo (RA) in data 06/09/2019, non ha certamente impedito all’imputato di comparire in giudizio alla prima udienza utile successiva – per ivi essere sottoposto all’esame ovvero richiedere, tramite difensore, l’effettuazione dell’incombente; né la perdurante assenza dell’imputato è stata giustificata con l’esistenza di un eventuale legittimo impedimento a comparire. Nessuno spazio residuava così al giudicante per differire un processo ad libitum in attesa che l’imputato si determinasse a comparire per rendere l’esame.
Appare, pertanto, indiscutibile come il – consapevole e volontario comportamento dell’imputato di rimanere ai margini del processo è stata la causa esclusiva del suo mancato esame, le cui conseguenze non possono che ricadere sullo stesso, così giustificandosi il provvedimento di revoca dell’ordinanza amnnissiva del suo esame.
2.2. Manifestamente infondato è anche il motivo che censura il mancato rinvio dell’udienza per consentire alla persona offesa, che aveva già presentato rituale querela, di manifestare l’eventuale volontà di rimetterla.
Invero, in tema di condizioni di procedibilità, con riferimento ai reati divenuti perseguibili a querela per effetto del d.lgs. 10 aprile 2018, n. 36, la disciplina transitoria di cui all’art. 12, comma 2, del medesimo decreto, che, in caso di procedimento pendente, prevede l’avviso alla persona offesa per l’eventuale esercizio del diritto di querela, non si applica alla persona offesa che abbia già manifestato la volontà di punizione, anche se oltre il termine di cui all’art. 124 cod. pen., poiché, diversamente, l’avviso si risolverebbe in una rimessione in termini (Sez. 2, n. 8823 del 04/02/2021, Sanfilippo, Rv. 280764).
Manifestamente infondato è anche il secondo motivo, anche qui con riferimento ad entrambe le doglianze ivi svolte.
3.1. Il “silenzio” della Corte territoriale in ordine all’applicazione dell’a 131-bis cod. pen. trova ampia giustificazione nella mancanza di richiesta da parte della difesa che, in sede di gravame, si era limitata ad eccepire la nullità della sentenza di primo grado per omesso rinvio del processo al fine dell’effettuazione dell’esame dell’imputato, aveva richiesto la rinnovazione dell’istruzione dibattimentale ed aveva censurato l’eccessività della pena, chiedendo in subordine la concessione dei doppi benefici di legge.
3.2. Identica conclusione va tratta con riferimento alla richiesta di riconoscimento dei doppi benefici, in primo grado negati sul presupposto dell’esistenza di ostativi precedenti penali.
Con le ragioni di detto ultimo decisurn, l’appello (così come il ricorso per cassazione) non si confronta, limitandosi ad una sterile ed immptivata reiterazione della richiesta: circostanza che impedisce eli censurare l’ull:eriore silenzio del giudice di secondo grado ovvero di evocare un’ingiustificata mancata attivazione dei suoi poteri ufficiosi (Sez. U, n. 22533 del 25/10/2018, dep. 2019, Salerno, Rv. 275376).
In relazione, infine, ai motivi aggiunti di ricorso oggetto della memoria difensiva datata 22/11/2023, il Collegio intende precisare come gli stessi mutuino la loro inammissibilità dai motivi del ricorso principale da Clli mutuano la loro legittimazione, e ciò anche a voler tacere della congruità delle risposte che le critiche ivi articolate trovano nella motivazione della sentenza impugnata. Ed invero, l’imprescindibile vincolo che esiste fra detti motivi e quelli su cui si fond l’impugnazione principale (Sez. U, n. 4683 del 25/02/1998, COGNOME, Rv. 210529; Sez. 2 n. 17693 del 17/01/2018, COGNOME, Rv. 272821) comporta che il vizio radicale da cui sono inficiati questi ultimi non possa essere tardivamente sanato dai primi (cfr., Sez. 2, n. 34216 del 29/04/2014, COGNOME, Rv. 260851; Sez. 6, n. 47414 del 30/10/2008 COGNOME, Rv. 242129), anche OVE! i motivi aggiunti valgano, in teoria, a colmare i difetti di quelli originali (Sez. 5, n. 8439 d 24/01/2020, COGNOME, Rv. 278387).
Alla pronuncia consegue, per il disposto dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila, così determinata tenuto conto dei profili di colpa emergenti dal ricorso, in favore della Cassa delle ammende.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma il 12/12/2023.