Revoca Detenzione Domiciliare: Quando le Violazioni Giustificano il Ritorno in Carcere
La revoca della detenzione domiciliare è un provvedimento severo che interviene quando il condannato non rispetta le condizioni imposte dal giudice. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha confermato la legittimità di tale misura di fronte a comportamenti di reiterata insofferenza alle prescrizioni. Analizziamo insieme questa decisione per capire i confini tra la concessione di una misura alternativa e la necessità di tutelare le esigenze di giustizia.
I Fatti del Caso: Reiterata Insofferenza alle Regole
Il caso esaminato riguarda un soggetto a cui era stata concessa la misura alternativa della detenzione domiciliare con un provvedimento del giugno 2023. Successivamente, il Tribunale di Sorveglianza di Roma, con un’ordinanza del giugno 2024, revocava tale beneficio.
La decisione del Tribunale non era scaturita da un singolo episodio, ma da un comportamento complessivo del condannato, caratterizzato da “reiterati fatti di insofferenza e di insensibilità alle prescrizioni”. Questo atteggiamento era stato valutato in continuità con due precedenti violazioni degli arresti domiciliari, delineando un quadro di inaffidabilità del soggetto e della sua incapacità di conformarsi alle regole imposte dalla misura alternativa.
Il Ricorso e la tesi sulla Revoca della Detenzione Domiciliare
Contro la decisione del Tribunale di Sorveglianza, il condannato proponeva ricorso per cassazione. La difesa lamentava la violazione di diverse norme, tra cui l’art. 47-ter dell’Ordinamento Penitenziario (che disciplina la detenzione domiciliare) e gli articoli 3, 27 e 32 della Costituzione (principi di uguaglianza, finalità rieducativa della pena e diritto alla salute).
In sostanza, il ricorso cercava di contestare l’iter motivazionale seguito dal Tribunale, presentando una diversa interpretazione dei fatti. Tuttavia, secondo la Suprema Corte, le censure sollevate non si concentravano su vizi di legittimità, ma si traducevano in una richiesta di riesame del merito della vicenda, attività preclusa nel giudizio di cassazione.
Le Motivazioni della Corte di Cassazione
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici hanno sottolineato che le argomentazioni del ricorrente erano “puramente rivalutative” e si riferivano a fatti che il Tribunale di Sorveglianza aveva già “ragionevolmente apprezzato”.
Il nucleo della decisione risiede nel principio secondo cui la Corte di Cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono rivalutare le prove o le circostanze di fatto. Il suo compito è verificare che i giudici dei gradi inferiori abbiano applicato correttamente la legge e abbiano motivato la loro decisione in modo logico e coerente. In questo caso, la motivazione del Tribunale di Sorveglianza sulla revoca della detenzione domiciliare è stata ritenuta adeguata, poiché basata su un comportamento complessivo e reiterato del condannato, indicativo della sua inadeguatezza a beneficiare della misura alternativa.
Le Conclusioni
L’ordinanza si conclude con una dichiarazione di inammissibilità del ricorso. Questa decisione comporta due conseguenze dirette per il ricorrente: la condanna al pagamento delle spese processuali e il versamento di una somma di tremila euro in favore della cassa delle ammende, a causa della colpa nell’aver promosso un ricorso infondato.
Dal punto di vista pratico, questa pronuncia ribadisce un principio fondamentale: le misure alternative alla detenzione, come la detenzione domiciliare, non sono un diritto incondizionato, ma un beneficio concesso a chi dimostra di meritare fiducia. La violazione sistematica delle regole e un atteggiamento di sfida verso le prescrizioni costituiscono una valida ragione per la loro revoca, riportando il condannato al regime detentivo ordinario.
Perché è stata revocata la detenzione domiciliare al ricorrente?
La detenzione domiciliare è stata revocata a causa dei suoi reiterati comportamenti di insofferenza e insensibilità alle prescrizioni, che si ponevano in continuità con due precedenti violazioni degli arresti domiciliari.
Qual è stato il motivo principale per cui la Corte di Cassazione ha respinto il ricorso?
La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile perché le argomentazioni presentate non contestavano vizi di legge, ma miravano a una semplice rivalutazione dei fatti già correttamente e ragionevolmente valutati dal Tribunale di Sorveglianza, un’attività non consentita nel giudizio di legittimità.
Quali sono state le conseguenze economiche per il ricorrente dopo la decisione della Cassazione?
A seguito della dichiarazione di inammissibilità del ricorso, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 1359 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 1359 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 24/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato a ROMA il 06/12/1989
avverso l’ordinanza del 18/06/2024 del TRIB. SORVEGLIANZA di ROMA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
I
RILEVATO
che NOME COGNOME propone ricorso per cassazione avverso l’ordinanza indicata in epigrafe, con la quale è stata revocata, ai sensi dell’art. 47-ter, comma 6, Ord. pen., la misura alternativa della detenzione domiciliare concessagli con provvedimento del 27 giugno 2023;
CONSIDERATO
che il ricorso, denunziando con un unico motivo violazione degli artt. 147, cod. pen., 47-ter, Ord. pen., 3, 27 e 32 Cost, in realtà rivolge le censure all’iter motivaziona introducendo rappresentazioni puramente rivalutative riferite ai fatti reiterati di insofferen di insensibilità alle prescrizioni, come ragionevolmente apprezzati, in continuità con quel nello stesso senso, costituiti dalle due precedente violazioni degli arresti domiciliari;
RITENUTO
pertanto, che il ricorso deve dichiararsi inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente a pagamento delle spese processuale e, in ragione dei profili di colpa, della somma determinata in euro tremila da corrispondere in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 24 ottobre 2024.