Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 2775 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 2775 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 20/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a PALERMO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 03/05/2024 del TRIBUNALE di PALERMO Udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME; lette le conclusioni del PG
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Il difensore di NOME COGNOME ricorre avverso la sentenza resa ex art. 444 cod. proc. pen. dal Tribunale di Palermo, che ha applicato la pena finale, concordata fra le parti, di mesi sei di reclusione ed euro 200 di multa per il reato di furto a lei ascritto.
La ricorrente lamenta violazione di legge, per avere il giudicante applicato la pena concordata nonostante l’intervenuta revoca del consenso prestato
dall’imputata in sede di atti preliminari al dibattimento, giustificata dall sopravvenienza di una legge penale più favorevole (cd. riforma “Cartabia”).
Il Procuratore generale, con requisitoria scritta, ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Premesso che dagli atti processuali risulta che l’imputata, in data 12.4.2024, aveva dichiarato di rinunciare all’istanza di definizione del procedimento ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., senza specificare le ragioni di tale rinuncia, a fronte di un accordo fra le parti già perfezioNOME, si deve in questa sede rammentare il consolidato principio di diritto per cui, in tema di applicazione della pena su richiesta delle parti, l’accordo tra l’imputato e il pubblico ministero costituisce un negozio giuridico processuale recettizio che, quando entrambe le parti abbiano manifestato il proprio consenso con le dichiarazioni congiunte di volontà, diviene irrevocabile e non può essere modificato per iniziativa unilaterale di una parte, determinando effetti non reversibili nel procedimento (cfr. Sez. 5, n. 12195 del 19/02/2019, Rv. 276038 01). Nessuna legge più favorevole, del resto, era stata invocata dalla ricorrente per giustificare la revoca del consenso, per cui anche sotto questo profilo il ricorso appare manifestamente infondato.
Stante l’inammissibilità del ricorso, e non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte cost. sent. n. 186/2000), alla condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria, che si stima equo quantificare nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 20 novembre 2024