Revoca Consenso Patteggiamento: Una Scelta Irrevocabile?
La possibilità di una revoca del consenso al patteggiamento dopo aver raggiunto un accordo con la pubblica accusa è una questione delicata che tocca i principi fondamentali della procedura penale. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio consolidato: una volta che l’accordo è perfezionato, non si può tornare indietro unilateralmente. Analizziamo insieme questa importante decisione per capire la natura vincolante del patteggiamento e le conseguenze di un ripensamento tardivo.
I Fatti del Caso: Un Ripensamento Tardivo
Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda un’imputata condannata dal Tribunale per il reato di furto, a seguito di un accordo di patteggiamento ex art. 444 c.p.p. La pena concordata tra le parti era di sei mesi di reclusione e 200 euro di multa.
Successivamente al perfezionamento dell’accordo, ma prima dell’udienza di ratifica, la difesa dell’imputata aveva dichiarato di voler rinunciare all’istanza di patteggiamento. Nel ricorso per Cassazione, la difesa ha sostenuto che tale rinuncia fosse giustificata dalla sopravvenienza di una legge più favorevole (la cosiddetta riforma ‘Cartabia’), che avrebbe dovuto indurre il giudice a non applicare la pena concordata.
La Decisione della Cassazione sulla Revoca Consenso Patteggiamento
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la piena validità della sentenza di patteggiamento. I giudici hanno chiarito che l’accordo tra l’imputato e il pubblico ministero non è una semplice proposta, ma un vero e proprio negozio giuridico processuale.
Questo significa che, nel momento in cui entrambe le parti manifestano il loro consenso con dichiarazioni congiunte, l’accordo diventa irrevocabile e non può essere modificato o annullato per iniziativa di una sola parte. La revoca del consenso al patteggiamento, quindi, non è un’opzione percorribile dopo che l’intesa è stata formalizzata.
Le Motivazioni della Decisione
La Corte ha fondato la sua decisione su un principio consolidato in giurisprudenza. L’accordo di patteggiamento è qualificato come ‘recettizio’, ovvero si perfeziona e produce effetti non reversibili nel procedimento non appena le volontà delle parti convergono. Un eventuale ripensamento unilaterale è giuridicamente irrilevante.
Nel caso specifico, i giudici hanno inoltre sottolineato che la revoca era stata presentata in modo generico, senza specificare quale norma della riforma ‘Cartabia’ sarebbe stata più favorevole e avrebbe giustificato il recesso dall’accordo. Di conseguenza, il ricorso è stato ritenuto manifestamente infondato anche sotto questo profilo. Stante l’inammissibilità e l’assenza di elementi che potessero scusare l’errore della ricorrente, quest’ultima è stata condannata non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche a versare una sanzione di tremila euro alla cassa delle ammende.
Le Conclusioni
La sentenza riafferma con forza la natura vincolante del patteggiamento. Chi sceglie questo rito alternativo deve essere consapevole che la decisione, una volta formalizzato l’accordo con il pubblico ministero, non ammette ripensamenti. L’istituto del patteggiamento si basa sulla certezza e sulla stabilità degli accordi processuali, principi che verrebbero meno se fosse consentita una revoca unilaterale del consenso. Questa pronuncia serve da monito: la scelta di patteggiare è un passo serio e definitivo, le cui conseguenze giuridiche sono immediate e irrevocabili.
È possibile revocare il consenso a un patteggiamento dopo che l’accordo con il pubblico ministero è stato raggiunto?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che una volta perfezionato l’accordo con il consenso di entrambe le parti, questo diventa irrevocabile e non può essere modificato per iniziativa unilaterale.
Qual è la natura giuridica dell’accordo di patteggiamento?
L’accordo tra imputato e pubblico ministero è considerato un negozio giuridico processuale recettizio, il che significa che si perfeziona e diventa vincolante quando le dichiarazioni di volontà congiunte vengono manifestate, producendo effetti non reversibili nel procedimento.
Cosa succede se un ricorso contro una sentenza di patteggiamento viene dichiarato inammissibile?
L’imputato viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della cassa delle ammende, come stabilito nel caso di specie con una somma di tremila euro.
Testo del provvedimento
Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 2775 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 2775 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 20/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a PALERMO il 23/02/1995
avverso la sentenza del 03/05/2024 del TRIBUNALE di PALERMO Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del PG
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Il difensore di NOME COGNOME ricorre avverso la sentenza resa ex art. 444 cod. proc. pen. dal Tribunale di Palermo, che ha applicato la pena finale, concordata fra le parti, di mesi sei di reclusione ed euro 200 di multa per il reato di furto a lei ascritto.
La ricorrente lamenta violazione di legge, per avere il giudicante applicato la pena concordata nonostante l’intervenuta revoca del consenso prestato
dall’imputata in sede di atti preliminari al dibattimento, giustificata dall sopravvenienza di una legge penale più favorevole (cd. riforma “Cartabia”).
Il Procuratore generale, con requisitoria scritta, ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Premesso che dagli atti processuali risulta che l’imputata, in data 12.4.2024, aveva dichiarato di rinunciare all’istanza di definizione del procedimento ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., senza specificare le ragioni di tale rinuncia, a fronte di un accordo fra le parti già perfezionato, si deve in questa sede rammentare il consolidato principio di diritto per cui, in tema di applicazione della pena su richiesta delle parti, l’accordo tra l’imputato e il pubblico ministero costituisce un negozio giuridico processuale recettizio che, quando entrambe le parti abbiano manifestato il proprio consenso con le dichiarazioni congiunte di volontà, diviene irrevocabile e non può essere modificato per iniziativa unilaterale di una parte, determinando effetti non reversibili nel procedimento (cfr. Sez. 5, n. 12195 del 19/02/2019, Rv. 276038 01). Nessuna legge più favorevole, del resto, era stata invocata dalla ricorrente per giustificare la revoca del consenso, per cui anche sotto questo profilo il ricorso appare manifestamente infondato.
Stante l’inammissibilità del ricorso, e non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte cost. sent. n. 186/2000), alla condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria, che si stima equo quantificare nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 20 novembre 2024