Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 9264 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 9264 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 28/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato il 21/11/1966 a Vibo Valentia avverso la ordinanza del 16/09/2024 della Corte di appello di Salerno
lette le conclusioni del Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto la declaratoria di inammissibilità del visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME ricorso.
Letta la missiva a firma dell’imputato, il quale ha sottolineato la decorrenza di anni sei e mesi sei dalla commissione del fatto.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza impugnata la Corte d’Appello di Salerno ha dichiarato l’inammissibilità dell’impugnazione proposta da NOME COGNOME avverso la sentenza del Tribunale di Salerno del 13 gennaio 2024.
Nell’ordinanza in verifica si rileva il difetto di legittimazione del proponente. In particolare, si evidenzia che l’avvocato NOME COGNOME il quale aveva presentato
l’appello nell’interesse di Soriano, era stato nominato il 23 maggio 2019; successivamente l’imputato, con dichiarazione raccolta dalla Polizia Penitenziaria, aveva nominato quale difensore di fiducia l’Avvocato NOME COGNOME dichiarando esplicitamente di revocare la nomina dell’Avvocato COGNOME il quale, pertanto, al momento della presentazione dell’appello, era privo della legittimazione ad impugnare.
La Corte di appello di Salerno ha rilevato, altresì, che, anche se l’Avvocato COGNOME alla data del 15 aprile 2024 fosse stato legittimato, in ogni caso l’impugnazione sarebbe stata inammissibile perché non era stato allegato all’atto di appello specifico mandato ad impugnare, rilasciato dopo la pronuncia della sentenza di primo grado e contenente la dichiarazione o l’elezione di domicilio dell’imputato ai fini della notifica del decreto di citazione a giudizio, così come previsto dall’art. 581, comma 1 -quater, cod. proc. pen., atteso che l’imputato era stato dichiarato assente nel giudizio di primo grado e, al momento del deposito dell’impugnazione, si trovava ristretto in carcere per altra causa.
La Corte d’appello ha, infine, evidenziato che la circostanza che, dal 25 agosto 2024, la disposizione sopra citata è stata modificata dalla legge del 9 agosto 2024, n. 114 (rendendola applicabile al solo difensore d’ufficio), è ininfluente, considerato che, trattandosi di norma processuale e non essendo stata introdotta alcuna norma transitoria, la stessa va applicata nella sua originaria formulazione.
Avverso l’ordinanza ricorre per cassazione Soriano, deducendo i motivi di annullamento di seguito sintetizzati ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Violazione di legge processuale in relazione all’art. 107 cod. proc. pen.
Ritiene la difesa che debba considerarsi valida solo la revoca perfezionatasi con il ricevimento della stessa – inoltrata a mezzo PEC – da parte del destinatario. Nel caso in esame il ricorrente non avrebbe ricevuto alcuna comunicazione, con la conseguenza che il mandato difensivo rimarrebbe, a tutti gli effetti, valido ed efficace.
2.2. Violazione di legge in relazione all’art. 581, comma 1 -quater, cod. proc. pen., il quale non può trovare applicazione nel caso de quo.
L’imputato, pur essendo stato dichiarato assente nel processo, avrebbe avuto piena contezza dello svolgimento dello stesso e della sentenza, sicchè avrebbe dovuto applicarsi l’art 581, comma 1 -ter, cod. proc. pen., peraltro abrogato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
2. Il primo motivo è manifestamente infondato.
L’art. 107, comma 4, cod. proc. pen. stabilisce espressamente che «la disposizione del comma 3 si applica anche nel caso di revoca». Tale comma, in particolare, in relazione alla rinuncia a! mandato difensivo, prevede che la revoca non abbia effetto finché la parte non risulti assistita da nuovo difensore di fiducia o di ufficio e non sia decorso il termine eventualmente concesso ex art. 108 cod. proc. pen.
Occorre osservare che, nel caso in esame, il 2 aprile 2024 l’imputato ha nominato di fiducia due difensori (Avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME), salvo revocare la nomina dell’Avvocato COGNOME il giorno successivo, confermando la nomina dell’Avvocato COGNOME il quale riceveva lo stesso giorno notifica dell’atto.
La revoca del mandato all’Avvocato COGNOME che ha impugnato la sentenza di primo grado nell’interesse di Soriano, ha, dunque, avuto effetto immediato, essendo il ricorrente assistito dall’altro difensore fiduciario.
Deve, pertanto, ribadirsi il principio secondo il quale a nulla rileva che l’eventuale revoca non sia stata ricevuta dal difensore revocato, se, comunque, è assicurata la continuità della difesa proprio con la comunicazione al difensore di fiducia attualmente investito del mandato (si veda Sez. 3, n. 7151 del 18/12/2020, COGNOME, Rv. 281878 – 01; Sez. 2, n. 22165 del 08/03/2013, COGNOME, Rv. 255935 01).
Alla luce di tali considerazioni, deve ritenersi corretta la decisione della Corte di appello, che ha ritenuto non legittimato a presentare appello, in quanto revocato, l’Avvocato COGNOME
3. Anche il secondo motivo è manifestamente infondato.
La dichiarazione di assenza è disciplinata dall’art 420-bis cod. proc. pen. nei casi tassativi ivi elencati, rispetto ai quali l’imputato è stato ritenuto qual «detenuto per altra causa rinunciante a comparire».
Sono, pertanto, del tutto inconferenti gli argomenti svolti dalla difesa, dovendosi ritenere applicabile al caso di specie l’art 581, comma 1 -quater cod. proc. pen. (Sez. 5, n. 4606 del 28/11/2023 -dep. 01/02/2024-, COGNOME, Rv. 285973) e, quindi, anche da questo punto di vista, dovendosi ritenere corretta la decisione della Corte territoriale in ordine alla inammissibilità del ricorso per carenza dei requisiti formali dell’atto di appello.
4.La circostanza che siano decorsi anni sei e mesi sei dalla commissione del fatto non assume alcun rilievo, essendo il termine massimo di prescrizione del
reato di calunnia pari ad anni sette e mesi sei, ed essendo, nel caso in esame, stata riconosciuta anche la recidiva ex art. 99, quarto comma, cod. pen.
Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna al pagamento delle spese processuali. In ragione delle statuizioni della sentenza della Corte costituzionale del 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che si ravvisano ragioni di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, deve, altresì, disporsi che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
estensore Il Presidente Così deciso il 28 gennaio 2025