Revoca Affidamento Terapeutico: Quando la “Capacità Criminale” Prevale
L’accesso alle misure alternative alla detenzione rappresenta un punto cruciale nel percorso di rieducazione del condannato. Tuttavia, la loro concessione non è automatica. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: al di là degli ostacoli formali, come la revoca di un affidamento terapeutico precedente, la valutazione del giudice sulla personalità e la pericolosità del soggetto assume un ruolo preponderante. Analizziamo come la Corte ha affrontato un caso in cui la “spiccata capacità criminale” ha chiuso le porte a nuovi benefici.
I Fatti di Causa
Un uomo, condannato in via definitiva, si vedeva negare dal Tribunale di Sorveglianza la possibilità di accedere a misure alternative quali l’affidamento in prova ordinario o terapeutico e la detenzione domiciliare. La decisione del Tribunale faceva leva, tra le altre cose, sulla revoca di un precedente affidamento terapeutico.
Contro tale decisione, il condannato proponeva ricorso per cassazione, lamentando che il diniego fosse illegittimo. A suo dire, il Tribunale non aveva considerato che la revoca era avvenuta per fatti antecedenti alla concessione della misura e non per una trasgressione delle prescrizioni. Sosteneva, inoltre, che il divieto triennale di accesso ai benefici, previsto in alcuni casi di revoca, non fosse applicabile alla sua situazione.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendo le censure del ricorrente “manifestamente infondate e aspecifiche”. La decisione della Cassazione non si è limitata a una disamina formale delle norme sulla revoca, ma ha avallato l’approccio sostanziale adottato dal Tribunale di Sorveglianza.
Le Motivazioni della Decisione: Oltre la Revoca Affidamento Terapeutico
Il cuore della motivazione risiede nel concetto di “spiccata capacità criminale”. La Cassazione ha evidenziato che la decisione del Tribunale di Sorveglianza, pur menzionando la revoca della misura alternativa e le relative preclusioni legali, si fondava su un elemento assorbente e decisivo: la pericolosità sociale del condannato.
Questa valutazione emergeva da un’indagine per un reato molto grave (associazione finalizzata al traffico di stupefacenti), che delineava un profilo criminale di notevole spessore. Secondo la Corte, questa circostanza imponeva una “nuova rivisitazione critica del passato” del soggetto, un percorso non ancora concluso.
In altre parole, prima di poter anche solo considerare una nuova misura alternativa, era necessario che il percorso giudiziario e trattamentale facesse piena luce sulla personalità del condannato. La semplice richiesta di un beneficio, basata su argomentazioni formali, non poteva superare una valutazione negativa fondata su elementi concreti di pericolosità.
Inoltre, la Corte ha sottolineato come il ricorso non avesse minimamente affrontato un altro punto rilevato dal Tribunale: il programma di disintossicazione presso il servizio territoriale si era già concluso nell’ottobre 2022, rendendo la richiesta di affidamento terapeutico ancora più debole.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza offre un’importante lezione pratica. Non è sufficiente contestare gli aspetti formali di un provvedimento per ottenere l’accesso a una misura alternativa. Se il giudice di sorveglianza basa il proprio diniego su una valutazione complessiva della personalità del condannato e sulla sua attuale pericolosità, supportata da elementi concreti, il ricorso deve affrontare direttamente questi aspetti.
La “spiccata capacità criminale”, emersa da nuove indagini, può diventare un ostacolo insormontabile, che prevale su cavilli procedurali legati a una precedente revoca di affidamento terapeutico. La decisione conferma che la concessione di misure alternative non è un diritto automatico, ma il risultato di un giudizio prognostico favorevole che, in questo caso, mancava del tutto.
Perché la Corte ha ritenuto il ricorso inammissibile nonostante le argomentazioni sulla revoca dell’affidamento?
La Corte ha considerato il ricorso inammissibile perché la decisione del giudice di merito non si basava esclusivamente sulla pregressa revoca, ma su un elemento più profondo e assorbente: la “spiccata capacità criminale” del ricorrente, che richiedeva un’ulteriore valutazione prima di poter concedere qualsiasi beneficio.
Quale peso ha avuto la “capacità criminale” del soggetto nella decisione?
Ha avuto un peso decisivo. La Corte ha stabilito che l’emergere di una spiccata capacità criminale da un’indagine per reati gravi impone una nuova e critica rivisitazione del passato del condannato. Fino a quando questo percorso non è completato, la concessione di misure alternative non è possibile.
Il fatto che il percorso di disintossicazione fosse terminato ha influito sulla decisione?
Sì. La Corte ha sottolineato che il ricorso non aveva contestato il fatto, rilevato dal Tribunale, che il percorso di disintossicazione si era concluso nell’ottobre 2022. Questo elemento, unito alla valutazione sulla capacità criminale, ha ulteriormente indebolito la posizione del ricorrente.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 20938 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 20938 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 09/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 13/12/2023 del TRIB. SORVEGLIANZA di GENOVA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
,Rilevato in fatto e considerato in diritto
Ritenuto che le censure dedotte nel ricorso di NOME COGNOME – nel quale il difensore si duole 1) della violazione degli artt. 47, comma 11, e 58-quater I. 26 luglio 1975, n. 354 e del vizio di motivazione, nonché 2) della violazione degli artt. 47, comma 11, stesso decreto, 94 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, e 58quater, comma 3, del suddetto decreto e del vizio di motivazione, lamentando che il riconoscimento delle misure alternative veniva negato sulla base della ostatività della revoca dell’affidamento terapeutico per l’esecuzione di ordinanza applicativa della custodia cautelare in carcere, senza considerare che la misura era per fatti antecedenti e non per trasgressione alle prescrizioni, e senza, inoltre, considerare che il divieto triennale di benefici non opera in caso di revoca dell’affidamento in prova terapeutico – sono inammissibili perché manifestamente infondate e aspecifiche.
A fronte, invero, di un’ordinanza che nel rigettare le misure alternative invocate (affidamento di tipo ordinario o terapeutico, detenzione domiciliare), pur facendo riferimento alla revoca della misura alternativa e all’ostatività di legge per la detenzione domiciliare e l’affidamento ordinario, fa leva, in via assorbente, sulla “spiccata capacità criminale” del condannato. Al riguardo osserva che dall’indagine che portava all’emissione della misura cautelare in ordine alla fattispecie di cui all’art. 74 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 emerge una spiccata capacità criminale di COGNOME, con la conseguenza che si impone una nuova rivisitazione critica del passato non ancora completamente definito a livello giudiziario e che, solo all’esito di questo percorso, giudiziario e trattamentale, quando sussisteranno i requisiti di legge, il prevenuto potrà eventualmente essere ammesso ad una misura alternativa quale quella terapeutica invocata; e che non va trascurato che ancora prima il Ser.T Albenga in data 29.11.2023 ha indicato come il percorso di disintossicazione si sia concluso nell’ottobre 2022. Valutazione, questa, con cui il ricorso non si confronta.
Rilevato, pertanto, che l’impugnazione deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non ricorrendo ipotesi di esonero, al versamento di una somma alla Cassa delle ammende, determinabile in tremila euro, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 9 maggio 2024.