Revoca Affidamento in Prova: Quando la Cassazione non può Riesaminare i Fatti
La revoca affidamento in prova è un evento critico nel percorso di esecuzione della pena. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale del nostro sistema giudiziario: il giudizio di legittimità non è una terza istanza di merito. Analizziamo insieme questa decisione per capire i limiti del ricorso in Cassazione e le ragioni che portano a una dichiarazione di inammissibilità.
Il Caso: Dalla Misura Alternativa alla Revoca
Il caso ha origine dalla decisione del Tribunale di Sorveglianza di revocare, con effetto retroattivo (ex tunc
), la misura dell’affidamento in prova al servizio sociale concessa a un individuo. La revoca è scattata a seguito della commissione di un nuovo reato durante il periodo di prova, un comportamento che il Tribunale ha ritenuto incompatibile con il percorso di rieducazione intrapreso.
L’interessato, non accettando la decisione, ha presentato ricorso alla Corte di Cassazione, lamentando sia una violazione di legge sia un vizio di motivazione. In particolare, la critica si concentrava sulla determinazione della decorrenza della revoca.
Il Ricorso e la Tesi sulla Revoca Affidamento in Prova
A supporto delle sue ragioni, il ricorrente ha cercato di portare all’attenzione della Suprema Corte le proprie dichiarazioni, rese all’autorità giudiziaria, per spiegare le circostanze fattuali che lo avrebbero indotto a commettere il nuovo reato. L’obiettivo era ottenere una riconsiderazione della sua situazione, suggerendo che la valutazione del Tribunale di Sorveglianza fosse stata incompleta o errata.
In sostanza, il ricorso non si limitava a denunciare un errore di diritto, ma chiedeva ai giudici di legittimità di entrare nel merito dei fatti e di fornire una loro, diversa, valutazione.
La Decisione della Suprema Corte: Inammissibilità del Ricorso
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su un caposaldo della procedura penale: il ruolo della Suprema Corte non è quello di riesaminare i fatti, ma di verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione del provvedimento impugnato.
Le Motivazioni
I giudici hanno spiegato in modo chiaro le ragioni della loro decisione. In primo luogo, hanno evidenziato che le dichiarazioni del ricorrente, portate a supporto del ricorso, erano già state descritte nel provvedimento del Tribunale di Sorveglianza e, quindi, debitamente prese in considerazione. Il giudice di merito non le aveva ignorate, ma le aveva valutate nel contesto del comportamento complessivo del condannato.
In secondo luogo, e questo è il punto cruciale, il Tribunale di Sorveglianza aveva considerato l’intera condotta del soggetto, ritenendola incompatibile con la partecipazione all’opera di rieducazione che l’affidamento in prova presuppone. Questa valutazione rappresenta un giudizio di merito, basato sull’analisi di elementi fattuali.
Di conseguenza, il motivo del ricorso si risolveva in una richiesta, non consentita, di rivalutazione del fatto. La Corte ha richiamato un suo precedente orientamento (sentenza n. 5465/2021), secondo cui “sono precluse al giudice di legittimità la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti“. Chiedere alla Cassazione di considerare le proprie giustificazioni come “maggiormente plausibili” rispetto a quelle adottate dal giudice di merito è un’operazione che esula dalle sue competenze.
Le Conclusioni
L’ordinanza in esame offre un’importante lezione pratica: un ricorso per cassazione non può essere una semplice riproposizione delle proprie tesi fattuali. Per avere successo, deve concentrarsi su specifici errori di diritto o su palesi vizi logici nella motivazione del giudice precedente, senza chiedere una nuova e diversa lettura delle prove e delle circostanze. La revoca affidamento in prova resta una valutazione del giudice di merito, basata sul comportamento del condannato, e la Cassazione può sindacarla solo se fondata su motivazioni illogiche o in violazione di legge, non se la si ritiene semplicemente “ingiusta” nel merito.
Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso contro la revoca dell’affidamento in prova?
La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile perché il ricorrente chiedeva una nuova valutazione dei fatti che avevano portato alla revoca, un compito che spetta esclusivamente al giudice di merito e non alla Corte di Cassazione, la quale si occupa solo di questioni di legittimità (cioè di corretta applicazione della legge).
È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di considerare una versione dei fatti diversa da quella del giudice di merito?
No, sulla base di questa ordinanza e della giurisprudenza consolidata, è precluso alla Corte di Cassazione rileggere gli elementi di fatto o adottare nuovi parametri di valutazione. Il suo compito non è quello di stabilire come sono andati i fatti, ma di controllare che il giudice precedente abbia applicato correttamente le norme giuridiche.
Quali sono state le conseguenze per il ricorrente a seguito della dichiarazione di inammissibilità?
Il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, come conseguenza della manifesta infondatezza del suo ricorso.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 13430 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 13430 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 20/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a CAGLIARI il 20/07/1973
avverso l’ordinanza del 13/11/2024 del TRIB. SORVEGLIANZA di GENOVA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
Visti gli atti e l’ordinanza impugnata con la quale il Tribunale di sorveglianza di Genova ha revocato ex tunc l’affidamento in prova al servizio sociale concesso a NOME COGNOME
letto il ricorso con il quale è stato articolato un unico motivo con il quale sono stati eccepiti promiscuamente violazione di legge e vizio di motivazione in punto di determinazione della decorrenza della revoca della misura di prevenzione;
rilevato che:
a supporto del motivo, il ricorrente indica circostanze fattuali desunte dalle proprie dichiarazioni rese in ordine alle ragioni che lo hanno indotto alla commissione del reato commesso nel periodo di sottoposizione alla misura;
le dichiarazioni rese da COGNOME all’Autorità giudiziaria sono state descritte nel provvedimento impugnato e risultano essere state prese in considerazione;
il Tribunale di sorveglianza ha, inoltre, considerato il comportamento complessivo del condannato ritenendolo incompatibile con la partecipazione all’opera di rieducazione;
il motivo di ricorso finisce con il sollecitare a questa Corte una inammissibile richiesta di rivalutazione del fatto;
ritenuto, infatti, che va ribadito «in tema di giudizio di cassazione, sono precluse al giudice di legittimità la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento del decisione impugnata e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati d giudice del merito» (Sez. 6, n. 5465 del 04/11/2020, dep. 2021, F., Rv. 280601);
considerato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 20/02/2025