Revoca Affidamento in Prova: Quando la Violazione Comporta la Perdita del Beneficio
L’ordinanza in esame affronta un tema cruciale nell’esecuzione della pena: la revoca affidamento in prova. La Corte di Cassazione si pronuncia sulla legittimità di una decisione del Tribunale di Sorveglianza che ha revocato la misura alternativa a seguito di un nuovo reato commesso dal condannato. Questa pronuncia chiarisce che il comportamento del soggetto durante il periodo di prova è fondamentale e che la commissione di nuovi reati, anche se non ancora accertati con sentenza definitiva, può dimostrare l’incompatibilità con il percorso di risocializzazione intrapreso, giustificando la perdita del beneficio.
I Fatti del Caso
Un soggetto, ammesso alla misura alternativa dell’affidamento in prova ai servizi sociali, veniva arrestato in flagranza di reato per un furto in appartamento commesso proprio durante il periodo di godimento del beneficio. Oltre a questo grave episodio, era emerso che l’uomo aveva da tempo interrotto ogni contatto con l’Ufficio di Esecuzione Penale Esterna (U.E.P.E.), l’organo incaricato di seguirne il percorso di reinserimento.
Di conseguenza, il Tribunale di Sorveglianza di Milano disponeva la revoca ex tunc (cioè con effetto retroattivo, dall’inizio) dell’affidamento in prova, ritenendo i comportamenti del condannato totalmente incompatibili con la prosecuzione della misura. Contro questa decisione, l’interessato proponeva ricorso per Cassazione.
La Decisione della Corte di Cassazione sulla revoca affidamento in prova
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici di legittimità hanno ritenuto la decisione del Tribunale di Sorveglianza immune da vizi, in quanto basata su un ragionamento logico, coerente e giuridicamente corretto.
La Corte ha sottolineato che il ricorso presentato mirava, in realtà, a ottenere una nuova e diversa valutazione dei fatti, un’operazione non consentita nel giudizio di legittimità, che è limitato al controllo della corretta applicazione della legge e non al riesame del merito della vicenda. Poiché il ricorso è stato dichiarato inammissibile per colpa del ricorrente, quest’ultimo è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende.
Le Motivazioni alla Base della Decisione
Le motivazioni della Corte si fondano su principi consolidati in materia di esecuzione penale.
Incompatibilità del Comportamento con il Percorso Rieducativo
Il Tribunale di Sorveglianza ha correttamente evidenziato come la commissione di un reato grave come il furto in appartamento, unita all’interruzione dei rapporti con l’U.E.P.E., dimostrasse in modo inequivocabile l’assenza di un serio percorso di ravvedimento e risocializzazione. Tali condotte sono state considerate sintomatiche di un atteggiamento incompatibile con la fiducia accordata attraverso la concessione della misura alternativa.
La Valutazione Autonoma del Giudice di Sorveglianza e la revoca affidamento in prova
Un punto chiave, ribadito dalla Cassazione, è che il giudice di sorveglianza può valutare autonomamente i fatti che costituiscono ipotesi di reato ai fini della revoca affidamento in prova. Non è necessario attendere la conclusione del relativo procedimento penale con una sentenza di condanna definitiva. Ciò che conta è la pertinenza di tali fatti rispetto al trattamento rieducativo: se il nuovo comportamento del condannato è espressione di un atteggiamento incompatibile con l’adesione al programma, il giudice può e deve intervenire revocando il beneficio.
Inammissibilità del Ricorso per Valutazioni di Merito
La Corte ha rilevato che le censure mosse dal ricorrente non denunciavano reali violazioni di legge o vizi di motivazione, ma si limitavano a contestare l’interpretazione dei fatti data dal Tribunale di Sorveglianza, proponendone una alternativa più favorevole. Questo tipo di doglianza è estranea al giudizio di Cassazione, il cui compito non è quello di stabilire come sono andati i fatti, ma di verificare che il giudice precedente abbia applicato correttamente le norme e motivato la sua decisione in modo logico e non contraddittorio.
Le Conclusioni
L’ordinanza conferma un principio fondamentale: l’affidamento in prova non è un diritto acquisito, ma un beneficio condizionato all’adesione effettiva e costante del condannato a un percorso di legalità e reinserimento sociale. La commissione di nuovi reati durante questo periodo rappresenta la più grave violazione del patto fiduciario con lo Stato e giustifica pienamente la revoca della misura, anche prima di una condanna formale. La decisione del giudice di sorveglianza, se basata su una valutazione logica e completa degli elementi a disposizione, è insindacabile nel merito davanti alla Corte di Cassazione.
È necessario attendere una condanna definitiva per un nuovo reato prima di disporre la revoca dell’affidamento in prova?
No, non è necessario. Il giudice di sorveglianza può valutare autonomamente i fatti che costituiscono un’ipotesi di reato per verificare se sono incompatibili con il percorso rieducativo, senza dover attendere l’esito del procedimento penale.
Quali elementi ha considerato il Tribunale di sorveglianza per decidere la revoca affidamento in prova?
Il Tribunale ha considerato due elementi principali: l’arresto in flagranza per un nuovo reato di furto in appartamento e il fatto che il condannato avesse da tempo interrotto qualsiasi contatto con l’Ufficio di Esecuzione Penale Esterna (U.E.P.E.), dimostrando così l’assenza di un serio percorso di ravvedimento.
Perché il ricorso alla Corte di Cassazione è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché, invece di denunciare vizi di legittimità (cioè violazioni di legge o difetti di motivazione), chiedeva alla Corte una nuova valutazione dei fatti, attività che non rientra nelle competenze del giudizio di Cassazione.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 32680 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 32680 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 11/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 02/04/2025 del TRIB. SORVEGLIANZA di MILANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Visti gli atti.
Esaminati il ricorso e la ordinanza impugnata.
Rilevato che il ricorso di NOME COGNOME sollecita apprezzamenti di merito estranei al giudizio di legittimità e, laddove denuncia violazione di legge e vizi motivazionali, è comunque manifestamente infondato;
Considerato, infatti, che il Tribunale di sorveglianza di Milano ha disposto la revoca ex tunc dell’affidamento in prova, a suo tempo concesso all’odierno ricorrente, a causa del suo arresto in flagranza avvenuto – nel corso della misura alternativa – il giorno 5 marzo 2025 per il reato di furto in appartamento;
Considerato, inoltre, che il Tribunale di sorveglianza, con motivazione adeguata e non manifestamente illogica, ha ritenuto tali comportamenti incompatibili con la prosecuzione, anche temporanea, dell’affidamento dimostrando l’assenza di qualsiasi serio percorso di ravvedimento e di risocializzazione, tenuto anche conto che il condannato da tempo aveva interrotto qualsiasi contatto con l’U.E.P.E., di talché la revoca della misura alternativa è stata disposta, in modo non irrazionale, sin dall’inizio del beneficio;
Ritenuto, altresì, che nel procedimento di sorveglianza possono essere valutati anche fatti costituenti ipotesi di reato, senza la necessità di attendere l definizione del relativo procedimento penale, a condizione che il giudice ne valuti la pertinenza rispetto al trattamento rieducativo, in quanto espressione di un atteggiamento incompatibile con l’adesione allo stesso da parte del condannato (Sez. 1, n. 33848 del 30/04/2019, Rv. 276498 – 01);
Rilevato che il condannato, rispetto a tale compiuto e logico ragionamento svolto dal Tribunale di sorveglianza, pur lamentando la violazione di legge ed il vizio di motivazione, chiede in realtà una differente (ed inammissibile) valutazione degli elementi di merito coerentemente esaminati dal giudice a quo per disporre la revoca dell’affidamento;
Ritenuto che, pertanto, deve essere dichiarata l’inammissibilità del ricorso, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma, 1’11 settembre 2025.