Revoca Affidamento in Prova: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile
L’ordinamento giuridico offre diverse misure alternative alla detenzione, come l’affidamento in prova ai servizi sociali, finalizzate al reinserimento del condannato. Tuttavia, la violazione delle prescrizioni può comportare la revoca affidamento in prova e il ripristino di una misura più restrittiva. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i limiti del ricorso contro tale decisione, sottolineando la differenza tra questioni di fatto e di diritto.
I Fatti del Caso
Il Tribunale di Sorveglianza, con un’ordinanza del 18 giugno 2024, aveva revocato la misura dell’affidamento in prova ai servizi sociali nei confronti di un soggetto. Contestualmente, aveva disposto la sua sottomissione alla detenzione domiciliare.
La decisione del Tribunale si basava su un episodio specifico, avvenuto il 4 aprile 2024, che era stato ritenuto sintomatico dell’inidoneità della misura più ampia (l’affidamento in prova) a favorire il percorso di reinserimento sociale del condannato. In sostanza, il comportamento del soggetto aveva minato la fiducia sulla sua capacità di rispettare gli impegni presi.
Il Ricorso e la Decisione sulla revoca affidamento in prova
Contro questa ordinanza, il condannato ha presentato ricorso per cassazione, lamentando una presunta violazione di legge e un vizio di motivazione. L’obiettivo del ricorrente era, di fatto, ottenere un annullamento del provvedimento che aveva aggravato la sua posizione.
La Corte di Cassazione, tuttavia, ha dichiarato il ricorso inammissibile. La ragione di questa decisione risiede nella natura stessa del giudizio di legittimità. Il ricorso, infatti, non sollevava questioni sulla corretta applicazione delle norme, ma tendeva a proporre una valutazione dei fatti diversa da quella operata dal Tribunale di Sorveglianza. Chiedeva, in altre parole, alla Suprema Corte di riesaminare l’episodio del 4 aprile e di dargli un’interpretazione differente, un compito che esula dalle competenze della Cassazione.
Le Motivazioni
La Corte ha chiarito che il suo ruolo non è quello di un terzo grado di giudizio nel merito, ma di guardiano della corretta applicazione del diritto (giudice di legittimità). Il ricorrente, attraverso le sue doglianze, cercava di ottenere “una diversa valutazione e un diverso apprezzamento del fatto che ha dato luogo alla variazione di misura”. Questo tipo di richiesta è incompatibile con il perimetro del giudizio di cassazione.
Quando un ricorso si limita a contestare l’interpretazione dei fatti data dal giudice di merito senza dimostrare una palese illogicità o una violazione di legge nella motivazione, esso è destinato a essere dichiarato inammissibile. Il Tribunale di Sorveglianza aveva motivato la sua decisione, e contestare quella motivazione proponendo una lettura alternativa degli eventi non costituisce un motivo valido per un ricorso in Cassazione.
Le Conclusioni
La dichiarazione di inammissibilità ha comportato conseguenze economiche dirette per il ricorrente. Ai sensi dell’articolo 616 del codice di procedura penale, la Corte ha condannato il soggetto al pagamento delle spese processuali. Inoltre, non ravvisando elementi che potessero escludere una sua colpa nel proporre un ricorso palesemente infondato, lo ha condannato al versamento di una sanzione pecuniaria di tremila euro a favore della Cassa delle ammende. Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale: il ricorso per cassazione non è una sede per rimettere in discussione i fatti, ma solo per verificare la corretta applicazione delle norme giuridiche.
Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso?
La Corte lo ha dichiarato inammissibile perché il ricorrente non ha lamentato una violazione di legge, ma ha cercato di ottenere una diversa valutazione dei fatti che avevano portato alla revoca della misura, un’attività che non rientra nelle competenze del giudizio di legittimità.
Quali sono state le conseguenze della revoca dell’affidamento in prova nel caso specifico?
Al condannato è stata revocata la misura dell’affidamento in prova ai servizi sociali ed è stata applicata la misura più restrittiva della detenzione domiciliare.
Cosa ha comportato per il ricorrente la dichiarazione di inammissibilità?
Il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una sanzione di tremila euro a favore della Cassa delle ammende, come previsto dall’art. 616 del codice di procedura penale.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 5276 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 5276 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 14/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a BERGAMO il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 18/06/2024 del TRIB. SORVEGLIANZA di BRESCIA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
IN FATTO E IN DIRITTO
Con ordinanza emessa in data 18 giugno 2024 il Tribunale di Sorveglianza di Brescia ha disposto – nei confronti di NOME NOME – la rev dell’affidamento in prova ai servizi sociali con contestuale sottoposizione a detenzione domiciliare. La decisione prende in esame il fatto avvenuto in dat 4 aprile 2024, ritenuto indicativo della non idoneità della misura più ampi favorire il reinserimento sociale del condannato.
Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione – nelle forme di legge – NOME, deducendo violazione di legge e vizio di motivazione.
Il ricorso va dichiarato inammissibile perché proposto per motivi non consentiti.
Ed invero, la doglianza tende a prospettare una diversa valutazione e un diver apprezzamento del fatto che ha dato luogo alla variazione di misura, aspet incompatibile con il perimetro del giudizio di legittimità.
Alla dichiarazione di inammissibilità consegue di diritto la condanna de ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibili al versamento a favore della Cassa delle ammende di sanzione pecuniaria, che pare congruo determinare in euro tremila, ai sensi dell’art. 616 cod. pr pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spe processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in data 14 novembre 2024
Il Consigliere estensore
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Il Presidente