Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 7882 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 7882 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 19/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a CROPANI il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 12/06/2023 della CORTE APPELLO di BRESCIA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del PG NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso;
dato avviso al difensore;
RITENUTO IN FATTO
Con il provvedimento impugnato, la Corte d’appello di Brescia ha dichiarato inammissibile l’istanza di revisione avanzata nell’interesse di NOME COGNOME in relazione alla sentenza irrevocabile pronunciata dal Tribunale di Milano in data 28 novembre 2019 (confermata dalla Corte d’appello di Milano in data 19 gennaio 2022; la Corte di cassazione dichiara inammissibile il ricorso con sentenza Sez. 5, n. 691/2023 del 29/09/2022), che lo condannava per minaccia aggravata ex art. 612, secondo comma, cod. pen.
Ricorre NOME COGNOME, a mezzo del difensore e procuratore speciale AVV_NOTAIO, che chiede l’annullamento dell’ordinanza impugnata, denunciando:
la violazione della legge processuale, in relazione agli artt. 630, comma 1, lett. c) e 634 cod. proc. pen., e il vizio della motivazione in ordine alla ritenuta inammissibilità della richiesta di revisione sotto il profilo del disconosciuto carattere di “novità” della prova (testimonianza di NOME COGNOME). La Corte di Appello ha addebitato al condannato un errore di strategia difensiva consistito nel non essersi opposto alla rinuncia al teste NOME COGNOME da parte del P.M., nel non aver sollecitato i poteri officiosi del giudice e nel non aver formulato istanza di integrazione istruttoria in appello in relazione all’esame del teste: ma si tratta di una questione che non rileva sulla novità della prova dedotta (primo motivo);
la violazione della legge processuale, in relazione agli artt. 630, comma 1, lett. c) ed e) e 634 cod. proc. pen., e il vizio della motivazione in ordine alla ritenuta non decisività della prova, non apparendo pretestuosa né manifestamente infondata la richiesta di revisione, anche al fine di pervenire a un proscioglimento ex art. 530, comma 2, cod. proc. pen. La circostanza che il teste sia categorico nell’escludere che NOME COGNOME abbia proferito la minaccia, avendo percepito senza interruzioni la scena in tutto il suo svolgimento sul piano uditivo e sul piano visivo in più momenti (essendosi affacciato due volte alle finestre del primo piano direttamente prospicenti ed essendo sceso in strada nel momento cruciale), è idonea a suscitare seri dubbi sulla attendibilità della versione delle persone offese (madre e figlio, spinti da risalente inimicizia nei confronti del denunciato, secondo la dettagliata descrizione dello stesso NOME COGNOME); anche la circostanza che il giovane NOME COGNOME sovrastasse decisamente per prestanza il condannato e che NOME COGNOME lo abbia visto inseguire NOME mentre si dirigeva alla macchina e sentito rivolgergli la minaccia di morte, induce quantomeno a dubitare sulla riferibilità
soggettiva della condotta intimidatoria e suggerisce l’intento difensivo che può aver spinto il condannato ad estrarre il cacciavite dal baule; anche la circostanza che NOME COGNOME abbia escluso la presenza di terze persone sulla scena induce a dubitare della attendibilità delle deposizione di NOME NOME, amico di NOME, peraltro non sentito in contraddittorio nel processo di cognizione; infine la circostanza che NOME COGNOME e NOME COGNOME si siano dileguati all’apparire di NOME NOMENOME mentre NOME NOME trovava da solo vicino al portellone della sua auto, è incompatibile con la dinamica della ricostruzione accusatoria sulla quale si è fondata la sentenza di condanna. La Corte di Appello di Brescia, con ordinanza de plano, è giunta a precludere l’apprezzamento in contraddittorio del nuovo materiale probatorio, anche nella prospettiva di un proscioglimento dell’imputato per insufficienza, incertezza o contraddittorietà dell’originario quadro accusatorio secondo la regola di giudizio dell’oltre il ragionevole dubbio (secondo motivo);
la violazione della legge processuale, in relazione agli artt. 630, comma 1, lett. c) e 634 cod. proc. pen., per avere la Corte di merito ritenuto de plano inammissibile la richiesta di revisione attraverso una illegittima anticipata valutazione di merito (terzo motivo).
2.1. Il difensore depositava memoria con la quale, nel replicare alle conclusioni del Procuratore generale, ribadiva le censure contenute nel ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato.
È erronea l’affermazione dei giudici di merito secondo la quale l’intervenuta rinuncia, nel corso del giudizio di merito, all’esame del teste comporterebbe l’assenza del carattere di novità della prova dedotta in sede di revisione.
2.1. La giurisprudenza ha costantemente affermato che «è ammissibile la richiesta di revisione fondata su prove preesistenti, già ammesse nel giudizio, e non acquisite per successiva rinuncia della parte, atteso che, a norma dell’art. 630, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., per “prove nuove” debbono intendersi non solo quelle sopravvenute alla sentenza definitiva di condanna e quelle
scoperte successivamente ad essa, ma anche quelle non acquisite ovvero acquisite ma non valutate neanche implicitamente, purché non si tratti di prove dichiarate inammissibili o ritenute superflue dal giudice» (Sez. 4, n. 25862 del 15/03/2019, Giulivi, Rv. 276372; Sez. 5, n. 26478 del 04/05/2015, COGNOME, Rv. 264003; Sez. U, n. 624 del 26/09/2001 – dep. 2002, PG e PC in proc. Pisano, Rv. 220443).
2.2. Trattandosi, dunque, di un testimone non esaminato nel corso del giudizio di merito, a cagione della rinuncia fatta dal pubblico ministero, non vi è una sostanziale preclusione all’esame di esso in sede di revisione.
Nel caso in esame la prova nuova, costituita dalla testimonianza di COGNOME NOME, non è in astratto inammissibile e, tenuto conto che detta testimonianza, già ritenuta come rilevante dal pubblico ministero che l’aveva indicata tra le prove da assumere in contradditorio, riguarda, secondo la prospettazione della parte, la diretta percezione delle condotte oggetto del giudizio, non poteva essere obliterata con provvedimento de plano.
3.1. La Corte d’appello, pur ritenendo di poter procedere de plano, ha, in realtà, compiuto, in via anticipata, una valutazione di merito sulla prova, assumendo che la deposizione di COGNOME NOME non fosse decisiva perché non aveva assistito all’intero svolgimento dei fatti.
Tale modo di procedere, ove adeguatamente motivato, è ineccepibile: la giurisprudenza ha, infatti, chiarito che «in tema di revisione, anche nella fase rescindente è richiesta una delibazione non superficiale, sia pure sommaria, degli elementi addotti per capovolgere la precedente statuizione di colpevolezza e tale sindacato ricomprende necessariamente il controllo preliminare sulla presenza di eventuali profili di non persuasività e di incongruenza, rilevabili in astratto, oltre che di non decisività delle allegazioni poste a fondamento dell’impugnazione straordinaria» (Sez. 5, n. 1969 del 20/11/2020 – dep. 2021, L., Rv. 280405).
Tuttavia, il provvedimento impugnato riferisce, in modo contradditorio, che il teste ha percepito le minacce rivolte dalle persone offese al condannato, trovandolo, poi, da solo con in mano il cacciavite utilizzato, secondo la decisione irrevocabile, per portare la minaccia oggetto della condanna.
Si tratta di elementi di fatto che contrastano con l’affermazione secondo la quale il teste non avrebbe assistito ai fatti, dovendosi piuttosto avere riguardo
all’intero sviluppo dell’azione e non soltanto alla porzione finale di essa che è stata specificamente addebitata al condannato.
Orbene, se è vero che «nel giudizio di revisione non può mai costituire nuova prova la testimonianza la cui ammissione sia richiesta al fine di ottenere una diversa e nuova valutazione delle prove già apprezzate con la sentenza di condanna» (Sez. 3, n. 14547 del 08/03/2022, C., Rv. 282987; Sez. 4, n. 542 del 05/12/1996 – dep. 1997, Sorvillo, Rv. 206779; Sez. 3, n. 19598 del 10/03/2011, G., Rv. 250524), nel caso di specie la testimonianza riguarda il fatto storico entro il quale si colloca la condotta punita, sicché l’istanza di revisione non poteva essere dichiarata inammissibile de plano, ma doveva procedersi alla valutazione di merito di essa anche alla luce delle prove già acquisite.
L’ordinanza va, quindi, annullata con rinvio per il giudizio di revisione alla Corte d’appello di Venezia, competente ex artt. 634, comma 2, e 11 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per il giudizio di revisione alla Corte d’appello di Venezia.
Così deciso il 19 gennaio 2024.