Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 24 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 24 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 21/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a FABRIZIA il 15/05/1972
avverso l’ordinanza del 03/05/2023 della CORTE APPELLO di VENEZIA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del PG che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
La Corte d’Appello di Venezia con ordinanza del 3 maggio 2023 ha dichiarato inammissibile la richiesta di revisione, ai sensi dell’art. 630 lett. c cod. proc. pen., nell’interesse di COGNOME NOME COGNOME della sentenza di condanna della Corte di Appello di Brescia, irrevocabile in data 12 giugno 2019, limitatamente al capo n. 10 di imputazione relativo al reato di cui all’art. 116 comma 15 d.lgs 30 aprile 1992 n. 285.
La Corte di Appello ha ritenuto inammissibile la richiesta in quanto mera pedissequa riproposizione di altra richiesta già presentata e dichiarata inammissibile dalla stessa Corte COGNOME in diversa sezione con ordinanza del 19 gennaio 2023; la Corte ha, altresì, COGNOME rilevato che le censure rispetto a tale ultima decisione, ai sensi dell’art. 634, comma 2, cod. proc. pen., avrebbero dovuto formare oggetto di ricorso per cassazione e che in ogni caso alla richiesta non erano state allegate le copie autentiche delle sentenze di condanna ivi indicate.
Avverso l’ordinanza, COGNOME a mezzo del difensore, ha proposto ricorso formulando due motivi.
2.1. Con il primo motivo, ha dedotto la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione alla dichiarazione di inammissibilità dell’istanza. Il difensore osserva che la precedente istanza era stata fondata, ai sensi dell’art. 630 comma 1 lett. a), sul contrasto di giudicati. La nuova istanza, invece, era stata fondata sulla sopravvenienza di prove ovvero ai sensi dell’art. 630 comma 1 lett. c) cod. proc. pen. Il detenuto aveva chiesto di valutare la sopravvenienza di nuove prove da interpretarsi non più sotto il profilo del contrasto fra giudicati, ma sotto il profilo della valutazione della sussistenza dell’elemento psicologico: la nuova prova nel caso di specie era rappresentata dall’accertamento sull’elemento psicologico contenuto in un nuovo provvedimento giurisdizionale.
2.2. Con il secondo motivo, ha dedotto la violazione di legge per avere la Corte di Appello ritenuto inammissibile l’istanza anche per la mancata allegazione delle copie autentiche delle sentenze e dei decreti penali di condanna ex art. 633, comma 2, cod. proc. pen. Il difensore osserva che tale ultima previsione si riferisce solo alle richieste di revisione formulate ai sensi dell’art 630, comma 1 lett. a) e b), cod. proc. pen. e che nel caso di specie, invece,
l’istanza di revisione era stata formulata ai sensi dell’art. 630, comma 1 lett. c), cod. proc. pen. ovvero per la sopravvenienza o la scoperta di prove nuove.
Il Procuratore generale, in persona del sostituto NOME COGNOME ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
4.11 ricorso è fondato in relazione ad entrambi i motivi.
5.In linea generale, deve rilevarsi che, in tema di revisione, sussiste distinzione logico-funzionale tra la fase rescindente – che ha ad oggetto la preliminare delibazione sulla non manifesta infondatezza della richiesta, con riferimento alla astratta capacità demolitoria del giudicato, rilevabile ictu ocu/i, da parte del novum dedotto – e quella successiva, c.d. rescissoria, che si instaura mediante la citazione del condannato e nella quale il giudice è tenuto a procedere alla celebrazione del giudizio con le forme e le modalità di assunzione della prova nel contraddittorio proprie del dibattimento, in attuazione dei principi costituzionali del giusto processo (sez. 3 n. 15402 del 20/01/2016, Rv. 266810). Ne discende, come logico corollario, che l’inammissibilità della richiesta per manifesta infondatezza sussiste se le ragioni poste a suo fondamento risultino, dalla domanda in sé e per sé considerata, inidonee a consentire una verifica circa l’esito del giudizio, essendo invece riservata alla fase del merito ogni valutazione sull’effettiva capacità delle allegazioni a travolgere, anche nella prospettiva del ragionevole dubbio, il giudicato (cfr. sez. 2 n. 11453 del 10/3/2015, Riselli, Rv. 263162).
Nel caso di specie la delibazione preliminare di inammissibilità della richiesta di revisione da parte della Corte di Appello è stata fondata su presupposti errati.
6.1.In primo luogo i giudici hanno ritenuto che la richiesta fosse la mera riproposizione di una precedente richiesta già dichiarata inammissibile, quando invece la prima richiesta di revisione era stata presentata ai sensi dell’art. 630 lett. a) cod. proc. pen., sul presupposto che i fatti oggetto della sentenza di condanna di cui si chiedeva la revisione fossero inconciliabili con quelli oggetto di altra sentenza divenuta irrevocabile, mentre la nuova richiesta era stata presentata ai sensi dell’art. 630 lett. c) cod. proc. pen., sul presupposto che dopo la sentenza di condanna di cui si chiedeva la revisione fossero sopravvenute o si fossero scoperte nuove prove che, sole o unite a
quelle già valutate, dimostravano che il condannato avrebbe dovuto essere prosciolto. Impregiudicata ogni valutazione in merito alla natura o meno di prova nuova di quella su cui si è fondata la nuova richiesta (ovvero altra sentenza) e alla sua idoneità o meno a condurre all’accertamento di un fatto, tale da scardinare l’affermazione della penale responsabilità dell’imputato oltre ogni ragionevole dubbio (in tema Sez. 1, n. 14792 del 09/12/2022 dep. 2023, COGNOME, Rv. 284508; Sez. 5, n. 8997 del 15/02/2022, COGNOME; Rv. 282824; Sez. 5, n. 34515 del 18/06/2021, COGNOME, Rv. 281772), quel che rileva è che la Corte di Appello non avrebbe, in ogni caso, potuto motivare la dichiarazione di inammissibilità, richiamando una precedente pronuncia relativa ad una richiesta diversa, formulata sulla base di differenti presupposti. Ne discende che anche l’affermazione contenuta nell’ordinanza impugnata per cui le censure avverso la prima declaratoria di inammissibilità avrebbero dovuto essere fatte valere attraverso il ricorso per cassazione avverso detta declaratoria è priva di fondamento.
6.2. In secondo luogo i giudici hanno motivato la declaratoria di inammissibilità dell’istanza anche sulla base di una ragione formale, ovvero la mancata allegazione delle copie autentiche delle sentenze indicate, quando invece detta allegazione nel caso di specie non era dovuta: come rilevato dal ricorrente il requisito formale della allegazione è previsto dall’art. 633 cod. proc. pen., a pena di inammissibilità ex art. 634 cod. proc. pen., solo nel caso in cui la richiesta sia stata avanzata per contrasto fra giudicati ai sensi dell’art. 630 lett. a) e lett. b) c proc. pen.. ovvero se è dimostrato che la condanna venne pronunciata in conseguenza di falsità in atti o in giudizio o di un altro fatto previsto dalla legge come reato ai sensi dell’art. 630 lett. d) , mentre COGNOME nel caso in esame aveva richiesto la revisione per la sopravvenienza o la scoperta di prove nuove ai sensi dell’art. 630 lett. c) cod. proc. pen.
In conclusione, il giudizio di inammissibilità qui censurato GLYPH è sostenuto da un ragionamento che, effettivamente, non è coerente con il contenuto della richiesta di revisione formulata dal ricorrente.
L’ordinanza impugnata deve, pertanto, essere annullata con rinvio per nuovo esame alla Corte di Appello di Venezia.
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Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo esame alla Corte di Appello di Venezia
Presi GLYPH