Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 6347 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 6347 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 11/01/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da COGNOME NOME, nato in Albania il DATA_NASCITA e da NOME, nato in Albania il DATA_NASCITA entrambi rappresentati ed assistiti dall’AVV_NOTAIO, di fiducia
avverso la ordinanza in data 11/07/2023 della Corte di appello di Venezia; visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; letta la requisitoria scritta con la quale il Sostituto procuratore generale, NOME COGNOME, ha concluso per la declaratoria di inammissibilità dei ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza in data 11/07/2023, la Corte di appello di Venezia dichiarava inammissibile la richiesta di revisione della sentenza di condanna pronunciata in esito a giudizio abbreviato dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Brescia in data 05/02/2020, confermata dalla Corte di appello di
Brescia il 25/01/2021, irrevocabile 11 18/11/2021, proposta dai condannati NOME COGNOME e NOME COGNOME.
Avverso la predetta ordinanza, nell’interesse di NOME COGNOME e di NOME COGNOME, è stato proposto, con unico atto, ricorso per cassazione, i cui motivi vengono di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
Primo motivo: inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di inammissibilità in relazione agli artt. 634, 630, 631 cod. proc. pen.
La Corte territoriale ha erroneamente interpretato i limiti del giudizio di ammissibilità dell’istanza di revisione, facendo ricorso a strumenti e temi decisori strutturalmente demandati al momento successivo, ossia all’esito della procedura cd. rescissoria, con riguardo al contenuto dei supporti originali da parte del difensore. La Corte territoriale ha: proceduto ad una penetrante valutazione del materiale dedotto, che non è stato valutato nell’ottica della manifesta infondatezza ma nel merito delle ragioni dedotte a suo supporto; finalizzato il giudizio alla verifica delle prove nuove per scardinare l’impianto accusatorio che ha portato alla condanna dei ricorrenti. La delibazione condotta è così sconfinata in un giudizio che avrebbe richiesto l’attivazione del contraddittorio tra le parti anziché, come è avvenuto, elevare supposizioni e dubbi a ragioni di manifesta inammissibilità, in totale dispregio del favor revisionis e del favor innocentiae.
Secondo motivo: motivazione manifestamente illogica e contraddittoria.
La motivazione della Corte territoriale risulta manifestamente illogica in quanto articolata su un’erronea lettura delle norme processuali. A fronte dell’appurata mancanza di alcuni supporti contenenti le attività di intercettazione e dell’impossibilità di consultazione della maggior parte dei brogliacci contenuti nei DVD rinvenuti, appare evidente la sussistenza della “nuova prova”, costituita dall’assenza delle prove derivanti dalle intercettazioni poste a fondamento della pronuncia di condanna. La Corte territoriale, poi, non ha compreso che i supporti esaminati sono proprio gli originali custoditi nell’archivio del pubblico ministero e non delle copie masterizzate, e che la disamina è avvenuta alla presenza del personale in servizio alla segreteria del pubblico ministero.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. I ricorsi sono inammissibili.
Va premesso come i ricorrenti azionino il rimedio straordinario della revisione assumendo l’esistenza di una nuova prova sopravvenuta, consistente
nella presenza agli atti soltanto di alcuni brogliacci delle intercettazioni telefoniche disposte nell’ambito del procedimento, con conseguente impedimento per la difesa di confutare adeguatamente l’intero compendio probatorio posto alla base della sentenza di condanna.
Manifestamente infondato è il primo motivo.
2.1. Con lo stesso, si deduce l’inosservanza dell’art. 606, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., in relazione agli articoli 630, 631, 634 cod. proc. pen., per avere la Corte territoriale erroneamente interpretato i limiti del giudizio di ammissibilit dell’istanza di revisione, facendo ricorso a strumenti e temi decisori strutturalmente demandati al momento successivo.
Secondo la consolidata giurisprudenza di legittimità, in tema di revisione, anche nella fase rescindente, è richiesta una delibazione non superficiale, sia pure sommaria, degli elementi addotti per capovolgere la precedente statuizione di colpevolezza e tale sindacato ricomprende necessariamente il controllo preliminare sulla presenza di eventuali profili di non persuasività e di incongruenza, rilevabili in astratto, oltre che di non decisività delle allegazioni poste a fondamento dell’impugnazione straordinaria (cfr., Sez. 5, n. 1969 del 20/11/2020, dep. 2021, L., Rv. 280405; Sez. 5, n. 26579 del 21/02/2018, G., Rv. 273228). In particolare, se è vero che il giudice, nella fase rescindente, ha il compito di valutare in astratto, e non in concreto, la sola idoneità dei nuovi elementi dedotti a dimostrare – ove eventualmente accertati – che il condannato, attraverso il riesame di tutte le prove, unitamente a quella noviter producta, debba essere prosciolto a norma degli artt. 529, 530 e 531 cod. proc. pen., è altrettanto vero che, detta valutazione preliminare riguarda pur sempre la capacità dimostrativa delle prove vecchie e nuove a ribaltare il giudizio di colpevolezza nei confronti del condannato e, quindi, concerne la stessa valutazione del successivo giudizio di revisione, pur senza gli approfondimenti richiesti in tale giudizio, dovendosi ritenere preclusa (soltanto) una penetrante anticipazione dell’apprezzamento di merito, riservato, invece, al vero e proprio giudizio di revisione, da svolgersi nel contraddittorio delle parti (Sez. 5, n. 15403 del 07/03/2014, Molinari, Rv. 260563). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
In tal senso, si è opportunamente evidenziato come la valutazione preliminare circa l’ammissibilità e la non manifesta infondatezza della richiesta proposta sulla base di prove nuove, implica la necessità di una comparazione tra le prove nuove e quelle già acquisite, che deve ancorarsi alla realtà del caso concreto e che non può, quindi, prescindere dal rilievo di evidenti segni di inconferenza o inaffidabilità della prova nuova, purchè, però, riscontrabili ictu °cui/ (cfr., Sez. 6, n. 20022 del 30/01/2014, COGNOME, Rv. 259779; Sez. 5, n. 15402 del 20/01/2016, COGNOME, Rv. 266810, in motivazione).
2.2. Conclusivamente, la valutazione preliminare circa l’ammissibilità della richiesta di revisione proposta sulla base dell’asserita esistenza di una prova nuova, quindi, deve avere ad oggetto, oltre che l’affidabilità, anche la persuasività e la congruenza della stessa nel contesto già acquisito in sede di cognizione e deve articolarsi in termini realistici sulla comparazione, tra la prova nuova e quelle esaminate, ancorata alla realtà processuale svolta (Sez. 1, n. 34928 del 27/06/2012, COGNOME Mica, Rv. 253437).
2.3. I suddetti principi sono stati pienamente rispettati nel caso concreto dalla Corte d’appello di Venezia, che era del tutto legittimata a valutare l’immediata inconferenza della prova dedotta come “nuova” nell’istanza di revisione proposta dai ricorrenti rispetto all’impianto probatorio già esistente.
3. Manifestamente infondato è il secondo motivo.
I ricorrenti qualificano come “prova nuova” la mancanza di alcuni supporti contenenti l’attività di intercettazione e l’impossibilità di consultazione della maggior parte dei brogliacci contenuti nei DVD rinvenuti, accertata successivamente al passaggio in giudicato della sentenza.
3.1. Premesso che, in tema di intercettazioni telefoniche, l’omesso deposito del cosiddetto “brogliaccio” (consistente nella sintesi delle conversazioni eseguita dalla polizia giudiziaria che procede alla relativa operazione) non è sanzionato da alcuna nullità o inutilizzabilità delle conversazioni intercettate (Sez. 3, n. 36350 del 23/03/2015, COGNOME, Rv. 265630) e che, in tema di intercettazioni di conversazioni, l’omesso deposito dei supporti magnetici ed il conseguente mancato accesso agli stessi da parte dei difensori dà luogo ad una nullità di ordine generale a regime intermedio, ai sensi dell’art. 178, lett. c), cod. proc. pen., non più deducibile, in quanto sanata, con la scelta del giudizio abbreviato (Sez. 6, n. 21265 del 15/12/2011, dep. 2012, Bianco, Rv. 252850), va evidenziato come, secondo la medesima giurisprudenza di legittimità, la sanzione della inutilizzabilità, prevista dall’art. 271 cod. proc. pen. in caso di inosservanza delle disposizioni di cui all’art. 268 stesso codice, riguarda l’omessa redazione dei verbali e non l’omesso deposito dei cd. brogliacci, che si distinguono dai primi perché contengono solo la sintesi delle conversazioni intercettate e non la sommaria indicazione delle operazioni svolte (Sez. 3, n. 21968 del 24702/2016, Amato, Rv. 267075).
3.2. In ogni caso, posta nei termini suddetti, la prospettazione è, innanzitutto, assolutamente generica, in quanto in alcun punto del ricorso viene effettuata la cosiddetta prova di resistenza e, cioè, la dimostrazione dell’incidenza dei supporti illeggibili sugli ulteriori elementi probatori acquisiti per l’affermazion di responsabilità, il ché preclude in nuce di poter persino affrontare la questione
del se rientri o meno nel concetto di prova nuova il ridimensionamento della base cognitiva su cui è stata fondata l’affermazione di responsabilità.
3.3. Per altro verso, i ricorrenti neppure chiariscono se le intercettazioni contenute nei supporti asseritamente illeggibili siano state o meno verbalizzate, così omettendo di confutare le argomentazioni della Corte d’appello nella parte in cui hanno evidenziato come il giudizio abbreviato sia stato fondato sugli atti delle indagini preliminari contenuti nei 23 faldoni ed utilizzati, su richiesta degli imputati ex art. 438 cod. proc. pen. per la decisione.
3.4. In altri termini, i ricorrenti pretendono di introdurre come prova nuova l’illeggibilità dei supporti contenenti le intercettazioni alla cui verifica han abdicato mediante richiesta di giudizio abbreviato e che, in via meramente esplorativa, intendono ora introdurre attraverso il ricorso al rimedio straordinario della revisione, che risulta, pertanto, inammissibilmente proposto.
Alla pronuncia consegue, per il disposto dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila, così quantificata in ragione dei profili di colpa emergenti dai ricorsi, in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma il 11/01/2024.