Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 8370 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 8370 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 10/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOME nato a Catania il 22 dicembre 1969;
avverso l’ordinanza del 21 giugno 2024 della Corte d’appello di Catania;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Oggetto dell’impugnazione è l’ordinanza con la quale la Corte d’appello di Catania ha dichiarato inammissibile l’istanza di revisione presentata da COGNOME NOME, in relazione al decreto penale di condanna n. 10 del 2009 (con il quale il predetto era stato condannato per il reato di cui agli artt. 46 e 76 d.P.R. n. 445 del 2000, 483 cod. pen., quanto alla dichiarazione sostitutiva di regolarità contributiva del 29 aprile 2008), in ipotesi difensiva incompatibile con la sentenza
emessa della stessa Corte d’appello di Catania in altro procedimento, con la quale il COGNOME veniva assolto, perché il fatto non costituisce reato, per analogo reato, commesso dal 14 marzo 2008 in poi.
La Corte d’appello ha ritenuto l’istanza manifestamente infondata in quanto il DURC del 10 marzo 2008 (che in ipotesi difensiva avrebbe determinato la sentenza di assoluzione), attestando esclusivamente la regolarità della posizione contributiva fino al febbraio 2008, non avrebbe rilevanza in relazione alla dichiarazione sostitutiva del 29 aprile 2008 (tanto più alla luce del DURC del 10 maggio 2008, che attesterebbe l’irregolarità contributiva proprio per il periodo coperto dall’imputazione).
Propone ricorso per cassazione l’imputato articolando un unico motivo d’impugnazione a mezzo del quale deduce inosservanza di norma processuale (in relazione all’art. 634 cod. proc. pen.) e connesso vizio di motivazione.
La difesa sostiene che la Corte d’appello non avrebbe considerato che il DURC ha una validità di novanta giorni. E tanto condurrebbe ad un insanabile contrasto logico tra quanto accertato dalla Corte d’appello (che, prendendo atto del DURC rilasciato il 10 marzo 2008, ha assolto il COGNOME in relazione ai fatti commessi con la dichiarazione sostitutiva del 14 marzo 2008) e quanto accertato con decreto penale di condanna in relazione ai fatti commessi il 29 aprile 2008. Entrambe le condotte sarebbero coperte dalla regolarità contributiva attestata con DURC del 10 marzo 2008, rispetto al quale il DURC (negativo, attestante l’irregolarità contributiva) del 14 maggio 2008 sarebbe del tutto inconferente, in quanto riferito ad un differente periodo temporale).
Tanto, sostiene la difesa, avrebbe dovuto condurre quanto meno ad una valutazione di tali profili nel contraddittorio delle parti, non potendo la Cort territoriale, nella valutazione preliminare di amnnissibilità dell’istanza, invadere i merito anticipando un sostanziale rigetto.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato.
Com’è noto, il processo di revisione si sviluppa in due fasi, l’una rescindente e l’altra rescissoria: la prima è costituita dalla valutazione de plano -dell’ammissibilità della relativa istanza e mira a verificare che essa sia stata proposta nei casi previsti e con l’osservanza delle norme di legge, nonché che non sia manifestamente infondata; la seconda è, invece, costituita dal vero e proprio giudizio di revisione attraverso il quale si valuta la fondatezza o meno della prospettazione difensiva.
Ciò considerato, nel caso in cui la richiesta di revisione si fondi sulla prospettata inconciliabilità tra giudicati ai sensi dell’art. 630, comma 1, lett. a) cod. proc. pen., il controllo giurisdizionale di ammissibilità deve avere per oggetto, oltre alla verifica della irrevocabilità della sentenza che si vuole abbia introdotto i fatto antagonista, la mera pertinenza di tale decisione, in tesi, portatrice della inconciliabilità, rispetto ai fatti oggetto del giudizio di condanna (Sez. 5 n. 7263 del 29/12/1998, Rv. 212925).
Accertata la pertinenza, i contenuti della decisione invocata in rapporto alla tenuta della sentenza oggetto della domanda di revisione vanno necessariamente valutati nel contraddittorio delle parti (ex multis, Sez. 2 n. 11453 del 10/03/2015, Rv. 263162). Compiere tale seconda tipologia di verifica de plano, significa esaminare nel merito la domanda di revisione, espropriando l’istante della garanzia del contraddittorio, che nel caso in esame è funzionale alla più ampia prospettazione dialettica delle tesi poste a sostegno della domanda, aspetto che di certo rientra nella copertura costituzionale del diritto di difesa (Sez. 2, n. 19648 del 03/02/2021, COGNOME, Rv. 281422).
Ebbene, in concreto, la Corte di Appello di Catania ha compiuto, senza la pienezza del contraddittorio, un esame non limitato alla mera pertinenza (nei sensi prima descritti), ma esteso al merito della domanda, finendo con il porre in comparazione i contenuti argomentativi della decisione di condanna e la valenza dell’elemento nuovo (ed in tesi portatore di inconciliabilità) rappresentato dal DURC rilasciato il 10 marzo 2008. E ciò, peraltro, senza considerare il profilo della validità temporale del documento (ai sensi dell’art. 39-septies del di. 30 dicembre 2005 n. 273, convertito nella legge 23 febbraio 2006 n. 51, applicabile ratione temporis alle fattispecie contestate).
L’ordinanza, pertanto, deve essere annullata senza rinvio e gli atti trasmessi, ai sensi dell’art. 634, comma 2, cod. proc. pen., alla Corte d’appello di Catania, affinché si proceda, nei limiti in precedenza indicati, al giudizio di fase.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio il provvedimento impugnato e dispone trasmettersi gli atti alla Corte d’appello di Catania per l’ulteriore corso.
Così deciso il 10 gennaio 2025