Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 25132 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 1 Num. 25132 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 04/07/2025
PRIMA SEZIONE PENALE
NOME COGNOME
NOME COGNOME
ha pronunciato la seguente sul ricorso proposto da:
avverso l’ordinanza del 01/04/2025 della Corte di appello di Genova.
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
Con l’ordinanza impugnata la Corte di appello di Genova ha dichiarato inammissibile l’istanza di revisione della sentenza di condanna della Corte di assise di appello di Firenze del 29 giugno 2022, divenuta irrevocabile il 23 giugno 2023, che – riformando parzialmente la pronuncia di primo grado, escludendo l’aggravante della premeditazione – aveva condannato NOME COGNOME alla pena dell’ergastolo per l’omicidio aggravato di NOME COGNOME e per porto d’armi, reati commessi in Firenze il 16 settembre 1995 in concorso con NOME COGNOME e NOME COGNOME.
Nella richiesta di revisione si prospettava la necessità di assumere la ‘prova nuova’ costituita dalla testimonianza di NOME COGNOME: costui, presente sul luogo del delitto nel momento in cui lo stesso fu commesso (si tratterebbe del soggetto albanese che NOME COGNOME era riuscito ad indicare solo con il nome ‘Arben’), non era mai stato individuato nel corso del giudizio, e, escusso in sede di indagini difensive in data 12 ottobre 2023, aveva riferito che
Sent. n. sez. 2320/2025
CC – 04/07/2025
R.G.N. 16481/2025
NOME COGNOME era sopraggiunto sul luogo del delitto solo dopo che NOME COGNOME era stato accoltellato a morte da NOME COGNOME
La corte genovese riteneva, tuttavia, che «la comparazione tra la prova ‘nuova’ e quelle già esaminate conduce a ritenere che i fatti oggetto delle dichiarazioni del citato NOME COGNOME non sarebbero idonee a dimostrare, ove eventualmente accertati, che il condannato, attraverso il riesame di tutte le prove, debba essere prosciolto a norma degli artt. 529, 530 e 531 cpp: infatti, appare in primis inverosimile che un soggetto, il quale nella stessa prospettazione difensiva, ha sempre vissuto in Italia nei 30 anni successivi all’omicidio a cui avrebbe assistito, non si rechi presso gli inquirenti per fornire la sua versione dei fatti ; ma soprattutto non Ł dato sapere con certezza se le dichiarazioni che la difesa propone come prova nuova del giudizio di revisione provengano da soggetto effettivamente presente sul posto, in quanto se Ł vero che COGNOME ha parlato di un certo COGNOME, Ł vero anche che non ha saputo indicarne il cognome e l’indirizzo, per cui non Ł dato certo che il soggetto di nome COGNOME presente sul posto in quanto accompagnatore di COGNOME insieme a COGNOME e a tale COGNOME sia proprio il Kuka Arben» (cfr. pag. 9).
Riteneva, altresì, che «le deposizioni di COGNOME e di COGNOME sono state particolarmente dettagliate e precise nell’indicare uno svolgimento della vicenda totalmente incompatibile con le circostanze riferite dal COGNOME nelle dichiarazioni rese in sede di indagini difensive il cui contenuto viene proposto dalla difesa come prova nuova, per cui le dichiarazioni stesse non sarebbero in grado, formulando in proposito un’astratta previsione, di rovesciare il giudicato , perchØ la prova nuova proposta dalla difesa di COGNOME NOMECOGNOME messa in relazione con quelle acquisite nel corso del giudizio di merito, non sarebbe idonea a determinare la revisione della sentenza di condanna di COGNOME» (cfr. pag. 10).
Il difensore di fiducia del condannato ha presentato ricorso per cassazione avverso la predetta ordinanza, articolando un unico motivo con il quale deduce violazione ed erronea applicazione della legge processuale, contraddittorietà, manifesta illogicità e mancanza della motivazione.
Deduce che i giudici distrettuali avrebbero impropriamente espresso nella fase rescindente penetranti apprezzamenti sul merito della regiudicanda, che, invece, avrebbero dovuto essere riservati alla fase rescissoria: la Corte genovese avrebbe dovuto limitarsi a valutare in astratto, e non in concreto, l’idoneità dei nuovi elementi a dimostrare, ove successivamente accertati nel contraddittorio delle parti, l’innocenza del condannato.
Sarebbe, dunque, impropria la valorizzazione del contrasto – per vero, sostanzialmente inevitabile in ogni giudizio di revisione – tra quanto riferito dai testimoni sulla cui deposizione si Ł fondata la sentenza di condanna, e il possibile contenuto della deposizione resa da NOME COGNOME: la corte avrebbe dovuto limitarsi ad apprezzare l’idoneità della prova nuova a scardinare il giudicato, senza esondare nella valutazione circa la attendibilità della deposizione, trattandosi di valutazione che necessariamente presuppone l’ascolto nel contraddittorio delle parti del testimone; il ricorrente evidenzia, altresì, gli elementi di potenziale sovrapponibilità tra il narrato del COGNOME e quanto emerso nel corso del dibattimento (ad esempio, la circostanza che la vittima sia stata colpita a morte da un unico coltello).
Pertanto, conclude il ricorrente, «non Ł possibile dubitare del fatto che un accertamento avente ad oggetto l’effettiva dinamica dell’omicidio, che nessun teste ha mai riferito nei suoi dettagli, sarebbe fondamentale ai fini dell’esatta definizione della vicenda e del ruolo avuto dal COGNOME ed in tal senso la deposizione resa dal COGNOME testimone oculare dell’omicidio, legittima sicuramente l’avanzata istanza di revisione».
Il Sostituto Procuratore generale ha chiesto rigettarsi il ricorso, rilevando che,
secondo l’univoca giurisprudenza di legittimità, la valutazione preliminare circa l’ammissibilità della richiesta proposta sulla base dell’asserita esistenza di una prova nuova deve avere ad oggetto, oltre che l’affidabilità, anche la persuasività e la congruenza della stessa nel contesto già acquisito in sede di cognizione e deve articolarsi in termini realistici sulla comparazione tra la prova nuova e quelle esaminate, comparazione ancorata alla specifica realtà processuale: va, dunque, riconosciuto un sia pur limitato potere-dovere di valutazione, anche nel merito, in ordine all’oggettiva potenzialità degli elementi addotti dal richiedente a dar luogo ad una necessaria pronuncia di proscioglimento, sicchØ Ł legittima – ed anzi necessaria – la verifica prognostica sul grado di affidabilità e di conferenza dei nova , qualora non si traduca in indebite anticipazioni del giudizio di merito; il provvedimento impugnato si Ł attenuto a tale regola di giudizio, argomentando adeguatamente in ordine ai plurimi rilievi difensivi, essendo stata concretamente saggiata la tenuta dei nuovi elementi addotti, ponendoli in necessaria relazione con quelli acquisiti nel giudizio di merito.
Il difensore di fiducia del COGNOME ha depositato telematicamente una memoria di replica, ribadendo che la motivazione addotta dalla Corte di appello di Genova a fondamento del provvedimento emesso «rappresenta un’illegittima incursione nel merito del processo», poichØ il vaglio avrebbe dovuto essere limitato alla verifica dell’ammissibilità dell’istanza, rinviando alla fase rescissoria, all’esito dell’ascolto del testimone, la valutazione della sua attendibilità e la complessiva disamina del nuovo quadro probatorio; sottolinea, altresì, che l’COGNOME non Ł mai stato escusso in aula, poichØ le sue dichiarazioni predibattimentali sono state acquisite agli atti ai sensi dell’art. 512 cod. proc. pen., sicchØ, anche al fine di garantire l’equità del processo ai sensi dell’art. 6, par. 3, della Convenzione Europea, avrebbe dovuto senz’altro darsi ingresso alla invocata deposizione di un testimone oculare dei fatti.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso Ł fondato e deve, pertanto, essere accolto.
Il sistema delineato del legislatore in tema di revisione prevede una netta distinzione logico-funzionale tra la fase rescindente, che ha ad oggetto la preliminare delibazione sulla non manifesta infondatezza della richiesta, con riferimento alla astratta capacità demolitoria del giudicato, rilevabile ictu oculi , da parte del novum dedotto, e la successiva fase rescissoria, che si instaura mediante la citazione del condannato, nella quale il giudice assume la nuova prova nel contraddittorio, in attuazione dei principi costituzionali del giusto processo.
La richiesta di revisione impone allora, nella fase rescindente, una delibazione necessariamente sommaria dei nuovi elementi addotti, allo scopo di stabilire se essi siano in astratto idonei a condurre il ragionamento probatorio verso un approdo diverso e favorevole al condannato, con il conseguimento del suo proscioglimento, previo superamento della valutazione delle prove a suo tempo raccolte nel giudizio di cognizione.
Si tratta di una delibazione qualitativamente diversa da quella, ben piø completa, che si effettua, in applicazione dell’art. 637 cod. proc. pen., all’esito della fase rescissoria, poichØ nella fase preliminare le considerazioni su affidabilità, persuasività e congruenza della fonte di prova e della sua efficacia dimostrativa devono emergere come immediate e dirette, non potendo essere frutto di un complesso e articolato procedimento valutativo che finisca per anticipare in modo incongruo il giudizio di merito.
Si Ł, in proposito, statuito che «In tema di revisione, anche nella fase rescindente Ł richiesta una delibazione non superficiale, sia pure sommaria, degli elementi addotti per capovolgere la precedente statuizione di colpevolezza e tale sindacato ricomprende
necessariamente il controllo preliminare sulla presenza di eventuali profili di non persuasività e di incongruenza, rilevabili in astratto, oltre che di non decisività delle allegazioni poste a fondamento dell’impugnazione straordinaria» (Sez. 5, n. 1969 del 20/11/2020, dep. 2021, L., Rv. 280405 – 01).
Le valutazioni in ordine alla idoneità delle nuove prove a determinare, o concorrere a determinare, il proscioglimento del condannato, per quanto debbano essere «non superficiali», non possono sostanziarsi in un vero e proprio giudizio di merito: ai fini dello scrutinio di ammissibilità occorre apprezzare l’idoneità della nuova prova al raggiungimento di un risultato assolutorio che, in questa fase, non deve essere pronosticato in termini di certezza; non Ł dubbio che si debba controllare la «presenza di eventuali profili di non persuasività e di incongruenza», ma si deve trattare di difetti «rilevabili in astratto».
Il principio che governa in questa fase l’esercizio dei poteri di valutazione delle nuove prove prevede, dunque, che il giudice vagli l’idoneità dei nuovi elementi dedotti a dimostrare – ove eventualmente accertati nella fase rescissoria – che il condannato deve essere prosciolto: questa valutazione opera sul piano astratto, e riguarda la capacità delle prove nuove – tenuto conto di quelle già acquisite nel corso del processo – di incidere in maniera significativa sul giudizio di colpevolezza espresso nei confronti del condannato, «dovendosi ritenere preclusa, in limine , una penetrante anticipazione dell’apprezzamento di merito, riservato, invece, al vero e proprio giudizio di revisione, da svolgersi nel contraddittorio delle parti» (Sez. 5, n. 15403 del 07/03/2014, COGNOME, Rv. 260563 – 01), «non potendo tale controllo estendersi alla ‘tenuta’ della sentenza oggetto della domanda di revisione rispetto ai contenuti della ulteriore pronuncia, che va obbligatoriamente realizzato in contraddittorio» (Sez. 1, n. 50460 del 25/05/2017, SciumŁ, Rv. 271821 – 01); da tanto consegue che l’inammissibilità della richiesta di revisione per manifesta infondatezza può essere dichiarata, ai sensi dell’art. 634 cod. proc. pen., solo quando le ragioni poste a suo fondamento risultano ictu oculi inidonee, per intrinseci limiti emergenti dalla stessa domanda, a incidere sull’esito del giudizio già esaurito, dovendo devolversi alla fase rescissoria la concreta valutazione dell’effettiva idoneità delle allegazioni difensive a dimostrare l’errore contenuto nel giudicato, determinandone il superamento.
Riguardate alla luce di questi condivisibili principi, le motivazioni che sorreggono l’ordinanza impugnata non resistono alle censure del ricorrente: la Corte genovese ha obliterato la testimonianza di un soggetto che si assume avere avuto la diretta percezione dell’evento omicidiario oggetto del giudizio, con unadeclaratoria di manifesta infondatezza che poggia su argomentazioni – l’inverosimiglianza del silenzio serbato dal Kuka per 30 anni, la mancanza di certezze circa la sua effettiva presenza sul luogo del delitto, la radicale incompatibilità tra le versioni dei fatti della Duro e dell’COGNOME e quella resa al difensore dal COGNOME – che esorbitano il limite strutturale del giudizio di ammissibilità; la valutazione condotta dalla Corte di appello di Genova anticipa impropriamente la concreta verifica dell’incidenza di una prova (che lo stesso provvedimento impugnato riconosce essere nuova) astrattamente idonea a ricostruire la dinamica del delitto in maniera – non radicalmente incompatibile, ma – parzialmente diversa rispetto a quella che le sentenze di merito hanno fatto propria sulla base del complessivo quadro probatorio acquisito nel corso del dibattimento.
Le motivazioni del provvedimento impugnato anticipano impropriamente il giudizio di merito: non si limitano al preliminare controllo sulla presenza di eventuali profili di non persuasività e di incongruenza, alla valutazione della astratta idoneità della nuova prova a condurre ad un risultato assolutorio, ma debordano procedendo alla verifica della sua
potenziale verosimiglianza ed attendibilità, contravvenendo al principio secondo il quale «l’inammissibilità della richiesta di revisione per manifesta infondatezza ai sensi dell’art. 634 cod. proc. pen. sussiste quando le ragioni poste a suo fondamento risultano, all’evidenza, inidonee a consentire una verifica circa l’esito del giudizio, talchØ rimane del tutto estranea a tale preliminare apprezzamento, perchØ riservata alla fase del merito, la valutazione concernente l’effettiva capacità delle allegazioni difensive di travolgere il giudicato, anche nella prospettiva del ragionevole dubbio» (Sez. 2, n. 19648 del 03/02/2021, COGNOME, Rv. 281422 – 01).
L’ordinanza impugnata va pertanto annullata, con rinvio per la celebrazione del giudizio di revisione alla Corte di appello di Torino, individuata ai sensi dell’art. 11 cod. proc. pen., secondo il disposto dell’art. 634 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per il giudizio di revisione alla Corte di appello di Torino
Così Ł deciso, 04/07/2025
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME