Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 34804 Anno 2025
RITENUTO IN FATTO Penale Sent. Sez. 4 Num. 34804 Anno 2025 Presidente: DOVERE SALVATORE
Relatore: NOME
1. Il difensore di NOME COGNOME – condannato in via definitiva per avere la Corte di appello di Palermo confermato (in data 1 dicembre 2022) la sentenza resa in Data Udienza: 06/06/2025
esito a giudizio abbreviato dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Palermo il 7 giugno 2021, in relazione a diversi reati in materia di stupefacenti -ricorre avverso la sentenza emessa il 16 maggio 2024 con cui la Corte di appello di Caltanissetta ha rigettato l’istanza di revisione proposta nell’interesse del COGNOME avverso la sentenza di condanna come confermata in sede di giudizio di appello.
L’istanza di revisione, proposta ai sensi dell’art. 630, lett. a) , cod. proc. pen., aveva ad oggetto la parte in cui la sentenza di condanna aveva ritenuto sussistente il reato di cui al capo di imputazione 6), formulato nei confronti del COGNOME e di altri due correi, NOME COGNOME e NOME COGNOME, relativo all’acquisto di 180 kg di hashish. Il COGNOME era stato giudicato con il rito abbreviato; i due correi con rito ordinario, innanzi al Tribunale di Marsala che, all’esito di istruttoria dibattimentale, li assolveva con la formula ‘perché il fatto non sussiste’ . La sentenza assolutoria del Tribunale di Marsala nei confronti dei correi aveva invero rilevato come, all’esito dell’istruttoria dibattimentale, la prospettazione accusatoria non avesse trovato un pieno riscontro nelle emergenze processuali. Con riguardo alla specifica posizione dell’odierno ricorrente, aveva argomentato – in seguito ad una perizia che aveva ricostruito la vicenda relativa ad un presunto passaggio di denaro dal COGNOME al coimputato COGNOME – nel senso della insussistenza di una prova certa in ordine al fatto che lo stesso avesse consegnato del denaro al COGNOME, non ritenendo tantomeno comprovata neppure la destinazione illecita di tale denaro, non essendo stato riscontrato alcun legame diretto tra il COGNOME e gli interlocutori non meglio identificati del COGNOME. In sostanza, pur lasciando ipotizzare che il 24 luglio 2013 una persona riferibile al COGNOME avesse ritirato sei pacchi di sostanza stupefacente del peso complessivo di 180 kg, le intercettazioni, secondo la pronuncia assolutoria, non potevano considerarsi corroborate da ulteriori riscontri fattuali.
L’istante assumeva, pertanto, l’inconciliabilità de lla condanna del COGNOME con il giudizio assolutorio nei confronti del COGNOME e del COGNOME, in quanto i fatti stabiliti a fondamento della sentenza di condanna non avrebbero potuto conciliarsi con quelli stabiliti in un’altra sentenza penale irrevocabile del giudice ordinario.
Il ricorso consta di un unico motivo con cui si lamenta violazione degli artt. 630, comma 1, lett. a) e 637 cod. proc. pen., 110 cod. pen. e 73 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309. L’assunto della sentenza impugnata secondo cui il fatto storico, come ricostruito nelle due sentenze, sarebbe il medesimo e che a cambiare sia stata soltanto una
difforme valutazione di quelli stessi fatti, non ha tenuto conto che il conflittuale apprezzamento degli stessi fatti, da parte di due giudici diversi, attesterebbe la ricorrenza di un più che ragionevole dubbio. La difesa sostiene che la ricostruzione del fatto storico relativo all’addebito di cui al capo 6) è stata affrontata, nella motivazione della sentenza che ha assolto i coimputati, in termini diversi da quelli spesi dalla sentenza resa nei confronti del COGNOME. Il riferimento è, in particolare, all’apporto di una perizia tecnica che avrebbe chiarito la vicenda relativa al presunto passaggio di denaro dall’odierno ricorrente al preteso concorrente COGNOME, momento pregnante per la posizione del COGNOME perché, proprio attraverso l’ipotizzata consegna da parte sua di detto denaro, sarebbe stato possibile l’acquisto dei 180 chilogrammi di hashish specificamente indicati dell’addebito. Se dunque il fatto, alla luce dell’accertamento tecnico compiuto non è stato confermato nel processo ordinario, riducendosi ad una mera ipotesi non convalidata in giudizio, viene a mancare l’anello di collegamento tra l’imputato e i suoi prefigurati complici di un fatto rivelatosi insussistente. Non può tale evenienza essere ricondotta ad una mera lettura alternativa dei fatti, realizzando essa invece l’inconciliabilità tra questi e quelli stabiliti dalla sentenza di condanna. Lamenta poi la difesa che la Corte territoriale abbia pretermesso dalla propria considerazione il dato che la sentenza di condanna nei confronti del COGNOME non ha ritenuto sussistente il contestato reato associativo. La difesa evidenzia poi le risultanze sulle quali, incompatibilmente con la conclusione di condanna, venne stabilita l’insussistenza del fatto di cui al capo 6), osservando che delle stesse il giudice dell’udienza preliminare di Palermo non abbia tenuto alcun conto.
Con requisitoria scritta, il Procuratore generale ha chiesto che il ricorso sia rigettato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato e deve, pertanto, essere rigettato.
Il ricorrente sostiene che l’ inconciliabilità tra la sentenza di assoluzione dei coimputati e quella di condanna che lo ha coinvolto non dipenda da una difforme valutazione giuridica della medesima vicenda storica, ma dal venir meno di una circostanza determinante per fondare la sua responsabilità in ordine al capo di imputazione 6).
Con riferimento alla revisione per contrasto tra giudicati di cui all’art. 630, comma 1, lett. a) , presa in esame, la Corte di merito ha fatto corretta applicazione dell’orientamento consolidato, che il Collegio condivide, secondo cui non è ammessa
la revisione della sentenza di condanna fondata sugli stessi dati probatori utilizzati dalla sentenza di assoluzione nei confronti di un concorrente nello stesso reato e pronunciata in un diverso procedimento, in quanto la revisione giova a emendare l’errore di fatto e non la valutazione del fatto (cfr. Sez. 4, n. 46885 del 07/11/2019, COGNOME NOME, Rv. 277902; Sez. 6, n. 488 del 15/11/2016, dep. 2017, COGNOME e altro, Rv. 269232; Sez. 1, n. 6273 del 03/02/2009, Serio, Rv. 2432319).
Per tale indirizzo, la norma dell’art. 630, comma 1, lett. a) , cod. proc. pen. non si riferisce ad un’inconciliabilità di natura logica tra due decisioni, bensì all’accertamento dei fatti stabiliti a fondamento della sentenza, che non possono conciliarsi con quelli stabiliti in un’altra decisione irrevocabile. Ne consegue che anche nel caso di reati a partecipazione plurisoggettiva necessaria, come il reato associativo o il reato di corruzione, così come nel caso di reati a partecipazione plurisoggettiva eventuale con condotte partecipative interdipendenti tra loro – cui si riconduce la fattispecie in esame – non si può parlare di contrasto di giudicati se i fatti posti a base delle due decisioni siano stati descritti, dal punto di vista del loro accadimento oggettivo, in maniera coincidente e il diverso epilogo del giudizio sia dipeso da una differente valutazione della rilevanza giuridica ai fini penali delle medesime circostanze di fatto considerate nei diversi giudizi, definiti con decisione irrevocabile. L’unica divergenza che rileva è solo quella tra i fatti storici che sorreggono le due decisioni e non quella tra le difformi valutazioni che hanno portato a ritenere sussistente o insussistente il reato.
Non può, pertanto, ravvisarsi una causa fondata di revisione sulla base di un contrasto di valutazione da parte di giudici diversi, che abbiano l’uno condannato e l’altro pronunciato sentenza di assoluzione per la ritenuta insufficienza di un compendio probatorio non del tutto sovrapponibile e senza l’accertamento di fatti storici incompatibili tra loro, come avvenuto nel caso in esame. L ‘ assoluzione dei coimputati dal reato di cui al capo di imputazione 6) trovava invero ragione nella sostanziale incompletezza e contraddittorietà della prova, poiché il Tribunale di Marsala rilevava come, all ‘ esito di istruttoria dibattimentale, la prospettazione accusatoria – con specifico riferimento all’intercettazione ambientale del 21 luglio 2013 della conversazione tra il COGNOME e NOME COGNOME, nonché ad analoghe conversazioni tra NOME COGNOME e i fornitori dello stupefacente – non avesse trovato un pieno riscontro nelle emergenze processuali. In particolare, con riferimento alla posizione del COGNOME, argomentava nel senso dell ‘ insussistenza di una prova certa in ordine al fatto che questi avesse consegnato denaro al COGNOME (sebbene il perito avesse rilevato un rumore simile a quello che fa il maneggio di carta), non ritenendo comprovata neppure la destinazione illecita di tale denaro, non essendo stato riscontrato alcun legame diretto tra il COGNOME e gli interlocutori, non meglio identificati, del COGNOME. Quanto a quest ‘ ultimo, il Tribunale di Marsala osservava che, per quanto le intercettazioni lasciassero ipotizzare che il 24 luglio 2013 una persona a lui riferibile
avesse ritirato sei pacchi di sostanza stupefacente, non vi erano ulteriori riscontri fattuali tali da condurre a ritenere che si trattasse certamente di droga o che la stessa fosse stata acquistata o comunque ricevuta dagli imputati. Alla medesima stregua, la pronuncia assolutoria rilevava l ‘ assenza di certezza anche in ordine alla persona incaricata di effettuare il trasporto della sostanza stupefacente. Ciò richiamato, il provvedimento impugnato con il presente ricorso ha rilevato come tutto il percorso motivazionale articolato dal Tribunale di Marsala in sede assolutoria non sia stato incentrato sull ‘ accertamento di fatti incompatibili rispetto a quelli posti a fondamento della sentenza di condanna emessa nei confronti del COGNOME, ma su una diversa valutazione delle risultanze probatorie; correttamente concludendo nel senso che la diversità della decisione non si presta certamente a dare accesso alla revisione, atteso che la condanna è dipesa dall’apprezzamento di elementi di prova che hanno ricevuto differente valutazione nel giudizio ordinario (sul punto, cfr. Sez. 6, n. 16477 del 15/02/2022, COGNOME NOME, Rv. 283317, massimata nei seguenti termini: ‘ In tema di revisione, non sussiste contrasto fra giudicati agli effetti dell’art. 630, comma 1, lett. a), cod. proc. pen. se i fatti posti a base delle due decisioni, attribuiti a più concorrenti nel medesimo reato, siano stati identicamente ricostruiti dal punto di vista del loro accadimento oggettivo ed il diverso epilogo giudiziale sia il prodotto di difformi valutazioni di quei fatti – specie se dipese dalla diversità del rito prescelto nei separati giudizi e dal correlato diverso regime di utilizzabilità delle prove – dovendosi intendere il concetto di inconciliabilità fra sentenze irrevocabili non in termini di mero contrasto di principio tra le decisioni, bensì con riferimento ad un’oggettiva incompatibilità tra i fatti storici su cui esse si fondano ‘).
Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 6 giugno 2025
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME