Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 14875 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 14875 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME NOME
Data Udienza: 20/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOME COGNOME, nato a Sezze il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 20/04/2023 della Corte di appello di Perugia visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dalla Consigliera NOME COGNOME; letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona della Sostituta Procuratrice generale NOME COGNOME, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di Appello di Perugia, investita dell’esame della richiesta di revisione, avanzata da COGNOME NOME, della sentenza del Tribunale di Roma irrevocabile il 13 maggio 2012, con la quale il ricorrente è stato giudicato colpevole di quattro rapine a mano armata presso Uffici Postali porto illegale di armi da
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fuoco, con ordinanza del 24/04/2023 ha dichiarato inammissibile tale richiesta ai sensi dell’art. 634 cod. proc. pen. ritenendo che la “nuova prova sopravvenuta” ai sensi dell’art. 630, lett. c), cod. proc. pen., costituita da tre lettere del 2022 fatti del 2009, ricevute dalla sorella del ricorrente, non fosse dirimente per ragioni formali e sostanziali. Innanzitutto, sotto il profilo formale, perché costituite d fotocopie con firma non autenticata e non acquisite con le forme delle indagini difensive; inoltre, sotto il profilo sostanziale in quanto inidonee a dimostrarne l’assenza di responsabilità, sia per il contenuto approssimativo e non riscontrato o riscontrabile delle circostanze riferite (trasferte all’estero e accompagnamento di uno zio alla stazione), sia per il lungo tempo trascorso dai fatti, pari ad oltre 13 anni, tali da non poter comprovare alcun alibi capace di ribaltare il giudizio alla luce del solido quadro probatorio.
Avverso tale ordinanza ha presentato ricorso NOME COGNOME, con atto sottoscritto dal suo difensore, articolando due motivi di ricorso.
2.1. Violazione di legge in quanto le censure sulla formalità circa l’acquisizione delle lettere allegate, superate attraverso l’inserimento della dichiarazione di conformità ex art. 391-bis cod. proc. pen., sono incompatibili con il dettato imposto per un mezzo straordinario di impugnazione quale l’istanza di revisione.
2.1. Violazione di legge in quanto, a fronte di un apparato argomentativo della sentenza di condanna fondato su prove indiziarie, si è escluso, in modo generico, che avessero capacità dimostrativa dell’alibi del ricorrente i contenuti delle lettere nonostante la loro specificità e la necessità di essere riscontrate in sede di contraddittorio.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I motivi di ricorso possono essere esaminati congiuntamente e sono inammissibili per manifesta infondatezza.
Costituisce orientamento consolidato di questa Corte che in sede di revisione di un giudicato, ai fini dell’ammissibilità della richiesta, per prove nuove rilevanti, ex art. 630, lett. c), cod. proc. pen.’ devono intendersi quelle capaci di condurre all’accertamento, in termini di ragionevole sicurezza, di un fatto la cui dimostrazione evidenzi come il compendio probatorio originario non sia più in grado di sostenere l’affermazione della penale responsabilità dell’imputato oltre ogni ragionevole dubbio (Sez. 5, n. 34515 del 18/06/2021, RV281772).
Nel caso del ricorrente, l’inammissibilità dell’istanza di revisione è derivata dalla constatazione, logica e ampiamente motivata, della manifesta inadeguatezza delle prove proposte dalla difesa. Queste, infatti, consistenti nelle tre lettere, ricevute, a distanza di 13 anni dai fatti, dalla sorella del condannato, al di là de requisiti formali utili a comprovare la genuinità della loro provenienza, risultano nel loro contenuto generiche, non riscontrabili e sostanzialmente prive di elementi volti a sostenere l’alibi di COGNOME in relazione a quattro rapine a mano armata avvenute in diversi uffici postali. In conclusione, la Corte di merito, con argomenti coerenti e non viziati da illogicità, ha escluso la persuasività della prova e del suo contenuto che, ex art. 631 cod. proc. pen., richiamato dall’art. 634 cod. proc. pen., prescrive che i nuovi elementi addotti siano tali da “dimostrare”, se accertati, che il condannato deve essere prosciolto.
Alla stregua di tali rilievi il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e i ricorrente va condannato, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese del procedimento e di una somma in favore della Cassa delle ammende, che si stima equo fissare nella misura indicata in dispositivo.
P. Q. MI.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 20/02/2024