Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 3444 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 3444 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 17/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOME COGNOME nato in Pakistan il 06/06/1987
avverso l’ordinanza del 29/05/2024 dalla Corte di appello di Genova.
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procurat generale, NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso;
lette le memorie conclusive presentate dall’Avv. NOME COGNOME difensore di fiducia di NOME COGNOME che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con il provvedimento in epigrafe, la Corte di appello di Genova dichiarava inammissibile la richiesta di revisione della sentenza emessa dalla Corte di appel di Firenze il 19 dicembre 2018, irrevocabile I’ll maggio 2022, presentata da NOME COGNOME condannato per il reato di furto in abitazione, rapina e lesioni personal danni di NOMECOGNOME
Ha proposto ricorso NOME COGNOME con atto sottoscritto dal difensore, affidato a quattro motivi di seguito sintetizzati conformemente al disposto dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1.Con il primo e il secondo motivo, ha dedotto:
-violazione di legge, in ordine agli artt. 630 e 634 cod. proc. pen, e vizio di motivazione in tutte le sue declinazioni, per avere la Corte di appello erroneamente ritenuto che – con l’istanza di revisione – fossero state proposte censure, già valutate nel corso del giudizio di merito e che non potevano pertanto formare oggetto del giudizio di revisione.
Ha evidenziato il ricorrente come con l’istanza fossero state indicate sedici prove nuove – Le. prove documentali mai acquisite e prove testimoniali mai assunte idonee a ribaltare il giudizio di colpevolezza del Raza e in relazione alle quali la Corte aveva omesso qualsivoglia valutazione;
2.2. Con il terzo e il quarto motivo, ha dedotto:
violazione di legge, in relazione agli artt. 630 e 634 cod. proc. pen., e vizio di motivazione per omissione, per avere la Corte distrettuale – nella fase preliminare del procedimento di revisione volta alla sola valutazione di ammissibilità della istanza- effettuato un approfondito giudizio di merito sulle prove nuove, rappresentate nel caso in esame dalla denuncia – querela, presentata all’indomani della condanna del Raza, da uno dei testimoni oculari dell’accaduto , tale NOME COGNOME e dalla sentenza di assoluzione dal reato di furto emessa a carico della persona offesa NOME COGNOME
Ha, inoltre, evidenziato il difensore come fosse stata omessa la valutazione della copiosa prova documentale (i.e. estratto del conto corrente del Naveed) da cui emergeva la mancata disponibilità della somma di 20.000,00 euro in capo al predetto Navved – nel periodo antecedente alle vicende criminose per il cui il Raza aveva riportato sentenza definitiva di condanna- e quindi la mancanza in rerum natura dell’oggetto della rapina.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso non supera il preliminare vaglio di inammissibilità, perché manifestamente infondato, perché generico e perché proposto per motivi non consentiti.
Il leitmotiv di tutti i motivi di ricorso si fonda sulla omessa e/o non corretta valutazione da parte dei Giudici della revisione delle prove “testimoniali” e delle prove “documentali” – alcune delle quali sopravvenute alla sentenza di condanna
definitiva e altre invece preesistenti ma non valutate dai Giudici di merito – volte a provare la lontananza del Raza dal territorio italiano la sera del 19 luglio del 2016 ( i.e. tempus commissi delicti) e la mancanza di disponibilità della somma di ventimila euro in capo alla presunta vittima della rapina, NOME COGNOME
2.1. La Corte di appello – in ordine alle “sedici prove nuove” rilevava come con la istanza di revisione il difensore avesse riproposto «argomentazioni e critiche che attenevano alla ricostruzione degli accadimenti, alla valutazione delle prove e al diniego della rinnovazione della istruttoria», già scrutinate dai Giudici di merito e della Corte di cassazione e come tali non nuovamente deducibili in tale fase di giudizio.
Quanto alla richiesta di escussione dei “testimoni”, i Giudici di merito avevano già ritenuto inammissibile la prova orale, per tardivo deposito della lista testi ex art. 468 cod. proc. pen. e perché non necessaria ai fini della decisione ex art. 507 cod. proc. pen. .
Quanto alla prova documentale ( ex multis, estratto del conto corrente della persona offesa e contratto di lavoro subordinato tra il Raza e il Naveed)- che secondo la prospettazione difensiva era volta a dimostrare la mancanza di disponibilità di contanti in capo al Naveed- la Corte distrettuale rilevava (cfr pag. 4 del provvedimento impugnato) come la affermata responsabilità del Raza per il delitto di rapina ai danni del Naveed non fosse incompatibile con il mancato accredito sui conti correnti intestati al medesimo della somma di ventimila euro, procedendosi spesso – come rilevato dai Giudici di merito- a “pagamenti … in nero” (vedi anche pag. 27 della sentenza della Corte di appello di Firenze).
La Corte distrettuale evidenziava, altresì, come anche la prova dell’avvenuta stipula di un formale e regolare contratto di lavoro subordinato tra il Raza e il COGNOME non assumesse valore probatorio dirimente, al cospetto di solida prova testimoniale circa la “gestione di fatto” dei poteri datoriali da parte del predetto COGNOME (pag. 4 del provvedimento).
2.3. In ordine alle ulteriori censure relative alla incongrua valutazione delle prove sopravvenute al passaggio in giudicato della sentenza di condanna, i Giudici della revisione segnalavano come: a) la denuncia – querela sporta dal Sura fosse manifestamente sospetta, perché intervenuta a notevole distanza dai fatti e perché “monca”, in quanto volta a smentire solo un segmento della complessiva vicenda, e in ogni caso inidonea a sovvertire la sentenza di condanna, perché in contrasto con le precedenti dettagliate dichiarazioni dello stesso COGNOME della persona offesa, NOME COGNOME e di altro testimone oculare, NOME COGNOME b) la sentenza di assoluzione dai reato di furto emessa nei confronti del COGNOME fosse inconferente, dal momento che la ritenuta emissione in favore di quest’ultimo di bonifici- solo in epoca successiva agli episodi di causa – non era indicativa della
mancata disponibilità in capo alla persona offesa della somma di danaro, oggetto della rapina.
2.4. Il percorso argonnentativo posto a fondamento del gravato provvedimento, sebbene succinto, è nondimeno congruo, scevro da profili di illogicità manifesta, privo di deficit motivazionali e soprattutto in linea con la ratio dell’istituto della revocazione, che notoriamente non costituisce una impugnazione tardiva ma è un mezzo straordinario di impugnazione che consente – in casi tassativi e determinati – di rimuovere gli effetti del giudicato, dando priorità alle esigenze di giustizia sostanziale rispetto a quelle di certezza dei rapporti giuridici.
Pertanto, l’efficacia risolutiva del giudicato non può avere come presupposto una diversa valutazione del dedotto o una inedita disamina del deducibile, bensì l’emergenza di nuovi elementi estranei a quelli definiti nel processo e suscettibili di ribaltare il costrutto accusatorio (Sez. 2, n 15652 del 14/02/2019 Rv.276437).
2.5. Congruamente e convincentemente i Giudici della revisione evidenziavano come le “prove nuove” o fossero volte a sollecitare una diversa valutazione del dedotto, non possibile, o fossero finalizzate ad introdurre informazioni ictu °culi non in grado di sovvertire il costrutto accusatorio.
Con tali argomentazioni il ricorrente non si è confrontato, sostenendo alquanto genericamente la tesi della novità della prova.
Inammissibile per manifesta infondatezza è il motivo con cui è stato censurato il modus procedendi dei Giudici di appello che – secondo il ricorrentesarebbero giunti alla declaratoria di inammissibilità della istanza nella fase rescindente sulla base, tuttavia, di una – non consentita- valutazione nel merito delle prove nuove addotte.
3.1. Al riguardo, è utile segnalare come il procedimento in oggetto si sviluppi in due fasi: la prima c.d. rescindente è costituita dalla valutazione – che avviene “de plano”, senza avviso al difensore o all’imputato della data fissata per la camera di consiglio – dell’ammissibilità della relativa istanza e mira a verificare che essa sia stata proposta nei casi previsti e con l’osservanza delle norme di legge, nonché che non sia manifestamente infondata; la seconda c.d. rescissoria è, invece, costituita dal vero e proprio giudizio di revisione, mirante all’accertamento e alla valutazione delle “nuove prove”, al fine di stabilire se esse, sole o congiunte a quelle che avevano condotto all’affermazione di responsabilità del condannato, siano tali da dimostrare che costui deve essere prosciolto dal reato ascrittogli.
3.2. Nel caso in esame, i Giudici della revisione correttamente procedevano de plano evidenziando come le prove offerte dalla difesa apparissero ictu ()culi inidonee a disarticolare e destrutturare il ragionamento posto a base del giudizio di condanna e, nel contempo, come le censure svolte avverso la sentenza oggetto
di impugnazione fossero palesemente inconsistenti, perché mera riproposizione di argomentazioni, già ampiamente scrutinate nelle competenti sedi di merito.
Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente – ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen. – al pagamento delle spese processuali e al pagamento in favore della Cassa delle ammende della somma che si stima equo fissare in tremila euro, non ravvisandosi una sua assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (vedi Corte Costit., sent. n 186 del 13 giugno 2000).
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Roma, il 17/12/2024