Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 19317 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 1 Num. 19317 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 19/03/2025
PRIMA SEZIONE PENALE
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato a VIBO VALENTIA il 13/03/1975 avverso l’ordinanza del 11/12/2024 della Corte d’appello di Salerno udita la relazione del Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del PG in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza dell’11 dicembre 2024 la Corte di appello di Salerno ha dichiarato inammissibile l’istanza di revisione proposta da NOME COGNOME avente ad oggetto la sentenza n. 13/2022 della Corte di assise di appello di Catanzaro, irrevocabile il 12 luglio 2023, con la quale Ł stata confermata quella della Corte di assise di Catanzaro emessa il 15 maggio 2018.
Le conformi decisioni di merito hanno ritenuto formata la prova della penale responsabilità di COGNOME per il delitto di cui agli artt. 584 e 585 cod. pen., in relazione agli artt. 577, n. 4 e 61, n. 4 cod. pen. per avere cagionato la morte di NOME COGNOME colpendolo alla testa con il palo di un ombrellone in occasione di una rissa scaturita per futili motivi.
Il fatto Ł avvenuto il 17 ottobre 2011 e la morte della vittima si Ł verificata oltre un anno dopo, ossia il 1° marzo 2013, dopo un periodo ininterrotto di coma.
Rispetto alla ricostruzione del fatto operata nelle sentenze di merito, gli elementi di novità prospettati nell’istanza di revisione sono consistiti nel contributo tecnico reso dal Prof. NOME COGNOME e nelle dichiarazioni confessorie dell’originario coimputato NOME
L’ausiliario ha svolto l’analisi delle macchie di sangue rinvenute sulla maglietta indossata da De Salvo il 17 ottobre 2011.
Il cittadino rumeno, uno dei collaboratori di COGNOME al momento della rissa con COGNOME, escusso in sede di indagini difensive, ha riferito di essere stato egli stesso a sferrare il colpo mortale alla vittima.
Premesse considerazioni in punto di ambito della cognizione del giudice della revisione in sede
di delibazione dell’istanza, in funzione della verifica della sua non manifesta infondatezza, la Corte di appello ha descritto la versione dei fatti dei testi escussi in sede di cognizione (nei termini evidenziati nella decisione definitiva) come «dettagliata, logica e coerente», anche alla luce delle fonti cognitive esterne, ossia i dati del traffico telefonico, i rilievi fotografici, le tracce di sangue sulla maglietta della vittima, le modalità della fuga dell’imputato dal luogo del fatto.
La tesi del Prof. COGNOME circa le modalità di causazione delle macchie di sangue sulla maglietta della vittima, Ł stata ritenuta ancorata ad una valutazione meramente astratta smentita dalle dichiarazioni acquisite nel corso del dibattimento con particolare riguardo alla circostanza che COGNOME non ha mai prestato soccorso a COGNOME.
Ulteriormente, il nuovo dato tecnico Ł stato ritenuto incompatibile con le dichiarazioni dei testi estranei escussi (COGNOME e COGNOME) i quali hanno riferito di avere visto, al loro arrivo, solo i figli della vittima prestare soccorso a quest’ultima.
La dichiarazione confessoria di COGNOME Ł stata ritenuta tardiva, contrastante con le dichiarazioni precise e coerenti dei figli della vittima e dell’altro teste COGNOME oltre che con la difforme versione dell’imputato.
Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME per mezzo dei propri difensori fiduciari, articolando un motivo con il quale ha eccepito violazione di legge e vizio di motivazione manifestamente illogica.
Sotto il profilo processuale, ha lamentato la violazione delle regole alle quali Ł subordinata la disamina della istanza di revisione e la valutazione, preliminare, della sua non manifesta infondatezza, ai sensi dell’art. 634 cod. proc. pen.
Nel caso di specie, pur dichiarando l’inammissibilità dell’istanza, ai sensi della norma citata, la Corte di appello ha proceduto ad una disamina delle nuove fonti probatorie in termini approfonditi anticipando valutazioni proprie della fase rescissoria senza che ricorressero, tuttavai, le condizioni per una valutazione di infondatezza ictu oculi della richiesta di revisione.
La testimonianza di COGNOME non avrebbe potuto considerarsi inattendibile in quanto tardiva, potendo operarsi una valutazione di credibilità della fonte solo all’esito della sua escussione.
Con riguardo alla segnalata mancanza di riscontri esterni, ha evidenziato come la versione dei fatti del (nuovo) reo confesso si ponga in termini di totale coerenza con le acquisizioni relative al luogo in cui COGNOME, dopo essere stato colpito, Ł crollato a terra.
Piuttosto, la prova scientifica sulle modalità dell’aggressione, le ferite provocate e il luogo in cui la vittima Ł caduta, offre un contributo conoscitivo contraddittorio rispetto a quanto dichiarato da NOME COGNOME
Proprio i riscontri alle dichiarazioni di costui sono gli elementi sui quali la confessione di COGNOME incide introducendo elementi dubitativi suscettibili di approfondimento.
Con riguardo, invece, alla consulenza del Prof. COGNOME ha sostenuto non già che la macchia di sangue sulla maglietta della vittima sia stata trasferita nel corso delle fasi di soccorso della stessa, quanto che, per le sue caratteristiche, la stessa non poteva che essere stata provocata in occasione di un secondo colpo che avesse attinto la parte sanguinante.
Anche l’elemento della macchia di sangue Ł stato utilizzato quale riscontro alle dichiarazioni di NOME COGNOME.
La consulenza tecnica, quindi, sarebbe idonea ad incidere su un elemento di conferma della piø significativa fonte probatoria a carico del condannato.
Nell’interesse del ricorrente sono stati depositati motivi nuovi a firma degli avv.ti COGNOME e COGNOME il 28 febbraio 2025 e il 1° marzo 2025.
Con entrambi gli scritti difensivi sono state ampiamente illustrate le ragioni poste a fondamento della violazione di legge processuale originariamente eccepita con il ricorso per cassazione e ulteriormente integrati i motivi relativi ai vizi motivazionali riferiti alle due prove nuove allegate.
Il Procuratore generale ha chiesto il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso Ł meritevole di accoglimento.
La censura dell’ordinanza impugnata si sostanzia, principalmente, in un’articolata critica riferita alla natura della valutazione posta a fondamento della declaratoria di inammissibilità dell’istanza di revisione per manifesta infondatezza ai sensi dell’art. 634 cod. proc. pen.
La disposizione stabilisce che «quando la richiesta Ł proposta fuori delle ipotesi previste dagli arti c o l i 6 2 9 e 6 3 0 o senza l’osservanza delle disposizioni previste dagli articoli 631, 632, 633, 641 ovvero risulta manifestamente infondata, la corte di appello anche di ufficio dichiara con ordinanza l’inammissibilità e può condannare il privato che ha proposto la richiesta al pagamento a favore della cassa delle ammende di una somma da duecentocinquantotto euro a duemilasessantacinque euro».
L’orientamento che delimita i termini entro i quali il giudice della revisione può pronunciare l’inammissibilità con procedura de plano,per manifesta inammissibilità dell’istanza, Ł espresso da decisioni che affermano principi, in gran parte, consolidati.
Si tratta, in primo luogo, dell’affermazione per cui «l’inammissibilità della richiesta di revisione per manifesta infondatezza ai sensi dell’art. 634 cod. proc. pen. sussiste quando le ragioni poste a suo fondamento risultano, all’evidenza, inidonee a consentire una verifica circa l’esito del giudizio, talchØ rimane del tutto estranea a tale preliminare apprezzamento, perchØ riservata alla fase del merito, la valutazione concernente l’effettiva capacità delle allegazioni difensive di travolgere il giudicato, anche nella prospettiva del ragionevole dubbio» (Sez. 2, n. 19648 del 03/02/2021, COGNOME, Rv. 281422 – 01; Sez. 6, n. 18818 del 08/03/2013, COGNOME COGNOME COGNOME, Rv. 255477 – 01; Sez. 2, n. 44724 del 11/11/2009, COGNOME e altro, Rv. 245718 – 01; Sez. 1, n. 40815 del 14/10/2010, COGNOME e altro, Rv. 248463 – 01; )
Nel solco di tale orientamento si colloca anche l’affermazione secondo cui «in tema di revisione, attesa la espressa previsione, nell’art. 634 cod. proc. pen., come autonoma causa di inammissibilità della richiesta, della “manifesta infondatezza” della medesima, risulta attribuito alla corte d’appello, nella fase preliminare prevista dalla medesima disposizione, un limitato poteredovere di valutazione, anche nel merito, della oggettiva potenzialità degli elementi addotti dal richiedente, ancorchØ costituiti da “prove” formalmente qualificabili come “nuove”, a dar luogo ad una necessaria pronuncia di proscioglimento. ¨ dunque necessaria e legittima la delibazione prognostica circa il grado di affidabilità e di conferenza dei “nova”, che non si traduca tuttavia in un’approfondita e indebita anticipazione del giudizio di merito» (Sez. 5, n. 11659 del 22/11/2004, dep. 2005, Dimic, Rv. 231138 – 01; Sez. 6, n. 2437 del 03/12/2009, dep. 2010, Giunta, Rv. 245770 – 01).
Si suole sostenere che la valutazione di inaffidabilità del novum, a fini della valutazione di manifesta infondatezza, Ł limitata al caso in cui la stessa emerga in termini di spiccata evidenza.
In tal senso, si afferma, a prescindere dalla questione dell’ammissibilità di una declaratoria di manifesta infondatezza anche all’esito della instaurazione del contraddittorio (questione che, nella fattispecie, non rileva) che «in tema di revisione, la valutazione preliminare circa l’ammissibilità della richiesta proposta sulla base di prove nuove implica la necessità di una comparazione tra le prove
nuove e quelle già acquisite che deve ancorarsi alla realtà del caso concreto e che non può, quindi, prescindere dal rilievo di evidenti segni di inconferenza o inaffidabilità della prova nuova, purchŁ, però, riscontrabili “ictu oculi”. (Fattispecie in cui la S.C. ha annullato la decisione della Corte d’appello che aveva proceduto ad apprezzamenti di merito, propri della fase successiva, in ordine alla rilevanza probatoria delle dichiarazioni testimoniali prodotte a sostegno della richiesta di revisione)» (Sez. 6, n. 20022 del 30/01/2014, COGNOME, Rv. 259779 – 01; Sez. 2, n. 49113 del 16/10/2013, COGNOME, Rv. 257496 – 01).
Per completezza, si segnala la presenza di un orientamento minoritario che, con accenni leggermente diversi, si colloca in una prospettiva maggiormente incline a tollerare anche una limitata valutazione delle prove addotte a sostegno della istanza di revisione.
In tal senso, Ł stato affermato che «in tema di revisione, la valutazione preliminare circa l’ammissibilità della richiesta proposta sulla base dell’asserita esistenza di una prova nuova deve avere ad oggetto, oltre che l’affidabilità, anche la persuasività e la congruenza della stessa nel contesto già acquisito in sede di cognizione e deve articolarsi in termini realistici sulla comparazione, tra la prova nuova e quelle esaminate, ancorata alla realtà processuale svolta. (Nella specie, in applicazione di tali principi, la S.C. ha ritenuto corretta la decisione di inammissibilità della Corte di merito la quale aveva ritenuto che le dichiarazioni che scagionavano il condannato presentassero significative discordanze e che non fossero decisive sia alcune immagini fotografiche sia le osservazioni sullo stato dei luoghi)» (Sez. 1, n. 34928 del 27/06/2012, Conti, Rv. 253437 – 01; Sez. 2, n. 18765 del 13/03/2018, COGNOME, Rv. 273029 – 01).
La Corte di appello si Ł mossa secondo coordinate incompatibili con i consolidati arresti della giurisprudenza di questa Corte.
I Giudici di merito hanno operato, infatti, una valutazione che non si Ł arrestata ad un rilievo ictu oculi della infondatezza dell’istanza di revisione, essendosi soffermati in termini diffusi, oltre che esclusivi, sul confronto tra la prove nuove e quelle raccolte nel procedimento concluso con la sentenza di condanna.
Con riferimento alla prova scientifica (relativa allo studio delle tracce di sangue sulla maglietta indossata da COGNOME), la Corte di appello, senza, peraltro, porsi il problema della effettiva novità del dato informativo tecnico addotto, in spregio all’orientamento per cui «ai fini dell’ammissibilità della richiesta di revisione, possono costituire “prove nuove” ai sensi dell’art. 630, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., quelle che, pur incidendo su un tema già divenuto oggetto di indagine nel corso della cognizione ordinaria, siano fondate su nuove acquisizioni scientifiche e tecniche diverse e innovative, tali da fornire risultati non raggiungibili con le metodiche in precedenza disponibili» (Sez. 5, n. 10523 del 20/02/2018, COGNOME, Rv. 272592 – 01) ha operato un confronto tra le acquisizioni nuove con quelle già presenti nel materiale probatorio.
E’ stata, pertanto posta in comparazione la nuova acquisizione con la prova dichiarativa che quella acquisizione aveva lo scopo di smentire rinnovando così un (già compiuto in sede di merito) giudizio di affidabilità dei testi COGNOME e COGNOME e richiamando altra circostanza fattuale (l’allontanamento di COGNOME con lo sportello del furgone aperto) ritenuto decisivo per smentire l’affidabilità del dato tecnico.
Si tratta, all’evidenza, di una prima operazione che esorbita dai limiti propri della cognizione in sede di valutazione preliminare di manifesta infondatezza della istanza di revisione (anche nella prospettiva dell’orientamento maggiormente possibilista sopra descritto) e che trascura di considerare che l’istanza, in quanto tale, si pone necessariamente in termini avversativi rispetto le prove poste a fondamento della sentenza definitiva di condanna.
Ancora piø evidente, anche per la potenziale portata della dichiarazione confessoria resa da
COGNOME, la valutazione compiuta con riguardo a tale fonte dichiarativa ritenuta inaffidabile in quanto contrastante con la «ricostruzione offerta dalle dichiarazioni chiare, precise e coerenti dei figli della vittima, che nessun interesse avrebbero avuto ad indicare l’uno anzichØ l’altro del gruppo contendente come l’autore del colpo mortale, ed in particolare di NOME, che assisteva all’aggressione, rendendo una versione del tutto complementare a quella resa da NOME».
Inoltre, la dichiarazione confessoria di COGNOME Ł stata giudicata inaffidabile in quanto contrastante con quanto dichiarato dal teste COGNOME, con quelle rese dallo stesso COGNOME e con le ulteriori emergenze ricostruttive dell’istruttoria.
Sulla scorta dei prevalenti e condivisi principi elaborati da questa Corte sul punto, per come sopra descritti, tale valutazione esorbita dai limiti della disamina della prova nuova ai fini dell’ammissibilità della richiesta in quanto non si ferma ad una valutazione superficiale operando, piuttosto, un giudizio comparativo proprio della fase a contraddittorio pieno.
Lungi dal compiere un’attività meramente constatativa della intrinseca infondatezza dell’istanza, la Corte di appello ha svolto un sindacato valutativo del novum prospettato in termini che avrebbero richiesto la preventiva instaurazione del contraddittorio tra le parti.
Conclusivamente, in accoglimento del ricorso, l’ordinanza impugnata deve essere annullata con rinvio, ai sensi degli artt. 11 e 634, comma 2, cod. proc. pen., alla Corte di appello di Napoli.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di appello di Napoli.
Così deciso il 19/03/2025.
Il Presidente NOME COGNOME