Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 5809 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 1 Num. 5809 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 19/12/2024
PRIMA SEZIONE PENALE
– Presidente –
SENTENZA
Sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a CROPANI il 05/03/1959
avverso la sentenza del 14/05/2024 della Corte d’appello di Venezia visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto dei pirmo quattro motivi di ricorso e l’annullamento con rinvio limitatamente all’ultimo motivo di ricorso.
udito il difensore
E’ presente l’avvocato COGNOME COGNOME del foro di Milano in difesa delle parti civili NOME COGNOME, NOME e NOME che si riporta alle conclusioni che deposita, all’odierna udienza, unitamente alla nota spese.
E’ presente l’avvocato COGNOME del foro di Milano in difesa di COGNOME COGNOME che conclude chiedendo l’accoglimento dei motivi di ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza emessa in data 14 maggio 2024 la Corte di appello di Venezia ha dichiarato inammissibile la richiesta di revisione presentata da NOME COGNOME in relazione alla sentenza emessa dal Tribunale di Milano in data 28 novembre 2019 e divenuta definitiva in data 29 settembre 2022, a seguito di declaratoria di inammissibilità del ricorso per Cassazione.
Il Tribunale di Milano aveva condannato NOME COGNOME alla pena di sei mesi di reclusione per il reato di cui all’art. 612, secondo comma, cod. pen. commesso il 30/04/2016 in danno di due suoi nipoti e della loro madre, e il condannato aveva proposto istanza di revisione fondata sulla richiesta di audizione, quale testimone, del proprio fratello NOME COGNOME mai ascoltato nel giudizio di cognizione. La Corte di appello di Brescia, con ordinanza emessa in data 12 giugno 2023, aveva dichiarato inammissibile la richiesta, per la mancanza del carattere di novità e di non decisività della prova indicata, e la Corte di Cassazione, con la sentenza Sez. 1, n. 7882 del 19/01/2024, aveva annullato tale ordinanza, ritenendo errata la valutazione della assenza di novità della prova ed errata la pronuncia de plano della declaratoria, che conteneva anche una valutazione
NOME COGNOME
NOME COGNOME
R.G.N. 29250/2024
di merito sulla decisività della prova, rinviando alla Corte di appello di Venezia per il giudizio di revisione.
La Corte di appello di Venezia, instaurato il giudizio rescindente, ha a sua volta dichiarato l’inammissibilità della richiesta di revisione in via preliminare, ai sensi dell’art. 636 cod. proc. pen., senza procedere all’audizione del predetto testimone, ritenendo la nuova prova non decisiva ai sensi dell’art. 631 cod. proc. pen., avendo il teste avuto contezza dell’alterco tra il condannato, suo nipote e la cognata inizialmente solo in forma auditiva, e non avendo assistito, in particolare, al momento in cui il condannato avrebbe estratto il cacciavite dalla sua auto e lo avrebbe brandito contro i due litiganti, nulla potendo riferire, quindi, in merito alle circostanze e alle ragioni di tale gesto. Secondo la Corte di appello, la mancanza di conoscenza della fase centrale dello scontro rende la prova insufficiente per scardinare il giudizio di responsabilità espresso dal Tribunale di Milano, in quanto il teste non Ł in grado di escludere, per conoscenza diretta, la frase minacciosa, pronunciata dopo avere afferrato il cacciavite, per la quale l’imputato venne condannato, nØ Ł in grado di riferire in merito alla natura di reazione difensiva sia di tale minaccia, sia dell’utilizzo dell’oggetto. Questi ultimi fatti sono stati ritenuti provati, nella sentenza di condanna, non solo dalle testimonianze delle persone offese, indicate come aventi motivi di rancore verso il condannato, ma anche da un teste oculare, tale COGNOME NOME, estraneo alle dinamiche della famiglia COGNOME, il quale aveva descritto modalità di condotta del condannato tali da farne escludere la natura di mera reazione. Inoltre, la tempistica della dichiarazione del teste richiesto dal ricorrente, giunta ben sette anni dopo il fatto e senza che il condannato avesse mai indicato detto teste come presente ai fatti, rendevano dubbia la sua credibilità.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso NOME COGNOME per mezzo del suo difensore avv. NOME COGNOME articolando cinque motivi.
2.1. Con il primo motivo denuncia la violazione di legge processuale, per avere la Corte di appello sovrapposto la valutazione preliminare di ammissibilità al giudizio nel merito, senza procedere all’assunzione della prova.
La fase rescindente era ormai conclusa, stante il giudizio espresso dalla sentenza Sez. 1, n. 7882 del 19/01/2024 della Corte di cassazione, che aveva valutato la novità e la astratta decisività della prova richiesta, con decisione definitiva. La fase successiva, disposta dalla Corte di appello di Venezia con la citazione del condannato, era la sola fase rescissoria, nel corso della quale il giudice Ł tenuto ad assumere la prova nel contraddittorio. La decisione meramente cartolare della non decisività di detta prova ha anticipato il giudizio di merito, ed ha impedito un effettivo contraddittorio su tale valutazione.
2.2. Con il secondo motivo di ricorso denuncia la violazione di legge processuale e la contraddittorietà della motivazione.
L’indirizzo giurisprudenziale che ritiene possibile una rivalutazione delle condizioni di ammissibilità della richiesta di revisione anche nella fase degli atti preliminari al giudizio rescissorio prevede che la richiesta stessa risulti manifestamente infondata, senza che sia necessario procedere ad una valutazione nel merito della prova richiesta. La Corte di appello, invece, ha vagliato nel merito la prova, anticipandone il giudizio sulla completezza e attendibilità, contrastando anche le affermazioni contenute nella sentenza della Corte di cassazione, in base alle quali questa ha annullato l’ordinanza di inammissibilità pronunciata dalla Corte di appello di Brescia, e così esorbitando dai limiti del controllo di ammissibilità.
2.3. Con il terzo motivo di ricorso denuncia la violazione di legge processuale e la contraddittorietà della motivazione in merito alla novità della prova.
La sentenza impugnata afferma sussistente il requisito della novità della prova, sulla base della sentenza della corte di Cassazione che ha annullato il precedente giudizio della Corte di Appello di
Brescia, ma poi, in modo contraddittorio, esclude l’ammissibilità della revisione sostenendo che mancano elementi di novità, la cui valutazione possa portare all’assoluzione del condannato, così confondendo il requisito della novità con quello della decisività. La novità della prova richiesta Ł invece evidente, trattandosi di una testimonianza mai assunta nel dibattimento, e pertanto mai valutata.
2.4. Con il quarto motivo di ricorso deduce la violazione di legge processuale e la contraddittorietà della motivazione in merito alla decisività della prova.
La sentenza impugnata si limita a riproporre le valutazioni contenute nell’ordinanza della corte di appello di Brescia, annullata dalla corte di Cassazione, omettendo perciò di rilevare che il teste ha assistito all’alterco sin dall’inizio, avendo riferito di avere assistito, uditivamente e visivamente, alle minacce pronunciate dal nipote, alla condotta aggressiva e intimidatoria di questi, e di fatto vi ha assistito interamente, fino a vedere gli aggressori allontanarsi, dopo il suo arrivo in strada. ¨ erroneo anche valutare tale decisività sulla base delle certezze acquisite nel giudizio di primo grado, dal momento che il giudice le ha raggiunte senza assumere la prova indicata; anche la credibilità del teste Cera non Ł stata mai valutata alla luce delle diverse dichiarazioni del fratello del condannato. La sentenza ha omesso, poi, di valutare la decisività della prova alla luce di quanto sottolineato dalla corte di Cassazione, circa la sua rilevanza per la ricostruzione del fatto storico, all’interno del quale collocare il contestato episodio di minaccia ascritto al condannato, anche nell’ottica del possibile riconoscimento della necessità di una reazione difensiva, e nell’ottica della introduzione del ragionevole dubbio circa la colpevolezza, sufficiente per la revisione della condanna.
2.5. Con il quinto motivo di ricorso deduce la violazione dell’art. 616 cod. proc. pen.
La sentenza condanna il richiedente ad un generico pagamento in favore della Cassa delle ammende, che non viene quantificato e che Ł, peraltro, errato, non ravvisandosi profili di colpa che giustifichino tale sanzione.
L’ avv.NOME COGNOME per le parti civili, il 23/10/24 invia una memoria chiedendo il rigetto del ricorso.
L’avv. NOME COGNOME il 29/10/24 invia memoria di replica alla parte civile
Il sostituto procuratore generale NOME COGNOME rendeva le proprie conclusioni chiedendo il rigetto dei primi quattro motivi di ricorso e l’annullamento con rinvio limitatamente all’ultimo motivo di ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso Ł complessivamente infondato.
1.1Il primo motivo Ł infondato
Quanto sostenuto dal ricorrente sul punto, circa cioŁ, il fatto che la fase rescindente si fosse conclusa davanti alla Corte di Cassazione che ha annullato l’ordinanza emessa dalla Corte di Appello di Brescia e ha rinviato per il giudizio di revisione alla Corte di Appello di Venezia, Ł errato.
La Corte di Cassazione ha annullato la decisione della Corte di Appello di Brescia ritenendo l’erroneità della motivazione circa la non novità della prova richiesta, in ossequio al principio espresso dalla giurisprudenza di legittimità secondo cui Ł ammissibile la richiesta di revisione fondata su prove preesistenti, già ammesse nel giudizio, e non acquisite per successiva rinuncia della parte, atteso che, a norma dell’art. 630, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., per “prove nuove”
debbono intendersi non solo quelle sopravvenute alla sentenza definitiva di condanna e quelle scoperte successivamente ad essa, ma anche quelle non acquisite ovvero acquisite ma non valutate neanche implicitamente, purchØ non si tratti di prove dichiarate inammissibili o ritenute superflue dal giudice. (Sez. 4 n. 25862 del 15/03/2019 Rv. 276372)
Così enunciato il principio cui il giudice di rinvio, cioŁ la Corte di Appello di Venezia, si sarebbe dovuta attenere, la Corte ha tracciato il solco del giudizio rescissorio, ma non si Ł certamente sostituita al giudice di merito nella valutazione circa la novità ed affidabilità della prova, nØ circa la sua persuasività e congruenza.
La Corte appello di Venezia, quindi, doveva effettuare di nuovo la fase rescindente, cioŁ la valutazione dell’ammissibilità dell’istanza, e sebbene avesse fissato il dibattimento, non per questo si era spogliata del potere di valutare previamente tale ammissibilità, in ragione del condiviso e qui ribadito principio, secondo cui, in tema di revisione, la fase rescissoria, nell’attuale assetto normativo, non dev’essere necessariamente distinta da quella rescindente, ben potendo procedere la Corte di appello, all’udienza dibattimentale fissata a norma dell’art. 636 cod. proc. pen., alla valutazione dei presupposti di ammissibilità dell’istanza ex art. 630 cod. proc. pen. congiuntamente alla valutazione delle prove nuove ai fini della decisione di merito, ai sensi dell’art. 637 cod. proc. pen. (Sez. 3 n. 14955 del 14/02/2024 Rv. 286170)
Nel medesimo senso si Ł espresso il supremo consesso, secondo cuil’inammissibilità della richiesta di revisione può essere dichiarata, oltre che con l’ordinanza prevista dall’art. 634 cod. proc. pen., anche con sentenza, successivamente all’instaurazione del giudizio di revisione, ai sensi dell’art. 636 cod. proc. pen.
In motivazione, la S.C. ha affermato che il processo di revisione si sviluppa in due fasi, l’una rescindente e l’altra rescissoria: la prima Ł costituita dalla valutazione – che avviene “de plano”, senza avviso al difensore o all’imputato della data fissata per la camera di consiglio dell’ammissibilità della relativa istanza e mira a verificare che essa sia stata proposta nei casi previsti e con l’osservanza delle norme di legge, nonchØ che non sia manifestamente infondata; la seconda Ł, invece, costituita dal vero e proprio giudizio di revisione mirante all’accertamento e alla valutazione delle “nuove prove”, al fine di stabilire se esse, sole o congiunte a quelle che avevano condotto all’affermazione di responsabilità del condannato, siano tali da dimostrare che costui deve essere prosciolto dal reato ascrittogli. In questa seconda fase – che si svolge nelle forme previste per il dibattimento – Ł consentito alla corte d’appello rivalutare le condizioni di ammissibilità dell’istanza e di respingerla senza assumere le prove in essa indicate e senza dare corso al giudizio sul merito. (Sez. U, n. 18 del 10/12/1997 Rv. 210040)
1.2 Il secondo motivo Ł parimenti infondato.
La Corte territoriale, dopo avere premesso che l’esame del teste COGNOME COGNOME in ossequio al principio devoluto con la sentenza rescindente, era da considerarsi prova nuova, in quanto non assunta nel giudizio di cognizione, nØ presa altrimenti in considerazione, neanche implicitamente, riteneva l’insussistenza dell’ulteriore requisito richiesto dall’art. 631 cod. proc. pen.
Non riteneva, cioŁ, la decisività della prova, ovverossia la sua attitudine a rimuovere gli effetti della cosa giudicata e ciò in base ad una delibazione cartolare degli elementi di prova offerti dall’istante.
Questa Corte, nella sentenza rescindente, ha definito tale modo di procedere ineccepibile, se adeguatamente motivato, e ciò in ragione del principio secondo cui in tema di revisione, anche nella fase rescindente Ł richiesta una delibazione non superficiale, sia pure sommaria, degli elementi addotti per capovolgere la precedente statuizione di colpevolezza e tale sindacato ricomprende necessariamente il controllo preliminare sulla presenza di eventuali profili di non persuasività e di incongruenza, rilevabili in astratto, oltre che di non decisività delle allegazioni poste a fondamento
dell’impugnazione straordinaria. (Sez. 5, n. 1969 del 20/11/2020 Rv. 280405)
Quindi, contrariamente a quanto ritenuto dal ricorrente, ciò che questa Corte ha ritenuto erroneo non Ł la possibilità di delibare cartolarmente la decisività della prova, anche in limine al giudizio, bensì la motivazione che ha sorretto tale ragionamento, ritenuta contraddittoria (pag. 4 sent. n.7882/24); nØ Ł possibile sostenere, in ragione del tenore letterale di tale decisione, che la Corte abbia imposto al giudice di rinvio l’esame del teste, limitandosi a sollecitare una valutazione di merito della prova ‘nuova’, alla luce delle prove già acquisite.
1.3 Il terzo motivo Ł manifestamente infondato.
La declaratoria di inammissibilità contenuta nel provvedimento impugnato, infatti, non Ł fondata sul presupposto della non novità della prova, bensì sulla carenza di decisività ai fini del ribaltamento della decisione, anche perchØ che la prova potesse considerarsi nuova era dato che costituiva il presupposto di diritto su cui il giudice di rinvio doveva rinnovare il giudizio.
1.4 Anche il quarto motivo Ł infondato.
La mera lettura del provvedimento impugnato rende evidente che le ragioni utilizzate dalla Corte di Venezia per ritenere irrilevante la prova nuova sono ulteriori e differenti rispetto a quelle utilizzate dalla Corte di Brescia e ritenute incongrue dalla sentenza di annullamento.
In tema di revisione, la comparazione fra le prove nuove e quelle sulle quali si fonda la condanna irrevocabile non richiede solo il confronto di ogni singola prova nuova, isolatamente considerata, con quelle già esaminate, occorrendo, altresì, una valutazione unitaria e globale della loro attitudine dimostrativa, da sole o congiunte a quelle del precedente giudizio, rispetto al risultato finale del proscioglimento; ne consegue che il rapporto tra prove pregresse e prove introdotte in sede di revisione deve essere espresso in termini di “riconsiderazione”, valorizzando la funzione dinamica del complessivo giudizio probatorio conseguente all’introduzione del “novum”. (Sez. 5, n. 7217 del 11/12/2018 Rv. 275619).
Il provvedimento impugnato ha proceduto proprio in tal senso, esaminando, cioŁ il portato dimostrativo della prova nuova e ponendolo in prospettiva rispetto alle prove assunte nel corso del giudizio e cristallizzate nella decisione che l’istante sta cercando di ribaltare.
La valutazione comparativa di tale prova ha condotto la Corte di Venezia, in esito ad un processo motivazionale logico e privo di aporie, a dichiarare l’inammissibilità della richiesta di revisione.
La Corte ha chiarito, infatti, la ragion per cui, proprio in ragione di quanto affermato dal dichiarante, vi sarebbe un segmento dell’accadimento che il teste non aveva avuto la possibilità di vedere e seguire, in quanto si stava spostando dal proprio appartamento alla pubblica via, ove stava avvenendo l’alterco.
Ed Ł verosimilmente proprio in quel lasso temporale che vennero pronunciate le minacce di cui al capo di imputazione, poichØ – come rilevato dalla Corte – quando il teste raggiunse il fratello in strada vide quest’ultimo da solo con il cacciavite in mano, dopo che il nipote e la cognata si erano avviati verso l’auto.
Quanto accaduto in quel lasso di tempo viene ricostruito nella sentenza di condanna in ragione delle dichiarazioni testimoniali delle persone offese, ma anche e soprattutto dell’unico teste terzo e disinteressato, tale COGNOME NOMECOGNOME che ha escluso, da un lato, che l’imputato avesse semplicemente reagito per difendersi, e, dall’altro, ha confermato le minacce profferite da COGNOME NOME, brandendo il cacciavite.
Il teste COGNOME la cui presenza in loco Ł confermata dallo stesso imputato, Ł soggetto rispetto al quale vi Ł un vaglio positivo di attendibilità che non può essere rivisto e riconsiderato in questa sede, poichØ la prova nuova non intacca detta valutazione.
Secondo un costante insegnamento che qui si intende richiamare, infatti,la valutazione di attendibilità della persona offesa, già effettuata nel giudizio di cognizione, non può formare oggetto di riesame in sede di revisione, salvo che si contesti la reale esistenza di un fatto storico nel quale si Ł individuato il riscontro esterno alle dichiarazioni della predetta. (Sez. 3 n. 23967 del 23/03/2023, Rv. 284688)
La Corte ha poi sottolineato gli ulteriori elementi in ragione di quali la richiesta di revisione, basata sulle dichiarazioni di NOME COGNOME fosse da considerare inammissibile e cioŁ la tempistica delle dichiarazioni, il fatto che fino al 18 maggio 2023 egli nulla ebbe a dire circa la vicenda, nØ nell’immediatezza del fatto, quando venne sentito nel corso delle indagini, nØ in dibattimento, ove quale teste rinunciato dal Pm, non venne citato dalla difesa, rilevando anche la circostanza che mai l’imputato prima del 2023 lo indicò come presente ai fatti.
1.5 Il quinto motivo Ł parimenti infondato.
Nel caso d’inammissibilità dell’istanza per revisione, deve essere pronunciata condanna al pagamento delle spese processuali. Infatti, nel primo comma dell’art. 558 cod. proc. pen. sono espressamente richiamate le norme capo relativo ai ricorsi per Cassazione, in ordine alle cui decisioni in camera di consiglio, in caso di inammissibilità ai sensi degli artt. 209 e 213 stesso codice, deve seguire la condanna al pagamento delle spese processuali per effetto della soccombenza. (Sez. 1, n. 1267 del 05/05/1989 Rv. 181461)
L’impugnata sentenza contiene nel dispositivo la corretta statuizione di condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, mentre non contiene menzione alcuna della condanna al pagamento di una somma alla Cassa delle Ammende, nonostante in parte motiva vi sia un accenno a tale condanna, senza peraltro alcuna precisazione circa la cifra da corrispondere.
Si deve pertanto ritenere che tale passaggio motivazionale sia frutto di un refuso, posto che mentre Ł ineludibile la condanna alle spese del processo, contenuta correttamente in dispositivo, manca nel medesimo ogni accenno ad una condanna al pagamento alla Cassa delle Ammende che Ł una statuizione solo eventuale poichØ il giudice che rileva l’inammissibilità dell’istanza di revisione, ex art. 634 cod. proc. pen. può condannare, ma non Ł tenuto a farlo.
Secondo quanto esposto in parte motiva daSez. 1, n. 21719 del 2007, COGNOME, Rv. 236773, l’art. 616 rendeva obbligatoria tale pronuncia; tutti gli altri casi sopra citati – ed ovviamente anche l’art. 634 c.p.p., comma 1, – lasciano invece alla valutazione del giudice di decidere in tal senso.
Con tutta evidenza nel caso in esame, la Corte di Appello di Venezia non ha ritenuto di condannare il ricorrente a tale pagamento e, conseguentemente, non ha inserito la relativa condanna nel dispositivo.
Il ricorso deve essere rigettato e il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali, nonchØ a rifondere alla parte civile NOME NOME, COGNOME NOME e NOME le spese di rappresentanza e difesa che si liquidano in complessivi 3500 euro , oltre accessori di legge, come da richiesta.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Condanna, inoltre, il ricorrente alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalle parti civili COGNOME NOME, COGNOME NOME e NOME, che liquida in complessivi euro 3.500,00 oltre accessori di legge.
Così Ł deciso, 19/12/2024
Il Consigliere estensore