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Revisione europea: la Cassazione chiarisce il nuovo art. 628-bis

La Corte di Cassazione, con la sentenza in esame, stabilisce un punto fermo sulla revisione europea dei processi penali dopo la Riforma Cartabia. Viene chiarito che il nuovo art. 628-bis del codice di procedura penale sostituisce integralmente il precedente rimedio della “revisione europea”, creato via giurisprudenziale. Di conseguenza, solo il soggetto che ha ottenuto una sentenza favorevole dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo può attivare questo nuovo strumento, escludendo chi si trovi in situazioni analoghe ma non abbia adito la Corte EDU.

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Pubblicato il 25 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Revisione europea: la Cassazione chiarisce il nuovo art. 628-bis c.p.p.

La Corte di Cassazione, con una recente sentenza, ha delineato in modo definitivo il panorama dei rimedi processuali a seguito di una condanna da parte della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU). Il cuore della decisione riguarda la cosiddetta revisione europea e l’introduzione, con la Riforma Cartabia, dell’articolo 628-bis del codice di procedura penale. La Corte ha stabilito che questo nuovo articolo rappresenta oggi l’unico strumento disponibile, soppiantando di fatto il precedente meccanismo creato dalla giurisprudenza costituzionale.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine dal ricorso di un individuo condannato in via definitiva alla pena dell’ergastolo per reati di eccezionale gravità, tra cui associazione di tipo mafioso e omicidio. Dopo la condanna, il difensore presentava un’istanza di revisione alla Corte di Appello competente, sostenendo che la condanna si basasse su prove ottenute in violazione dei diritti fondamentali garantiti dalla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo.

La Corte di Appello dichiarava l’istanza inammissibile. Contro questa decisione, l’imputato proponeva ricorso per cassazione, sollevando due questioni principali: in primo luogo, l’errata applicazione della legge, sostenendo di aver correttamente utilizzato il vecchio istituto della “revisione europea”; in secondo luogo, la presunta incostituzionalità della nuova normativa che non gli consentiva di accedere al rimedio.

La Questione Giuridica: Il Rapporto tra Vecchia e Nuova Revisione Europea

Il nodo centrale della controversia era stabilire se, dopo l’entrata in vigore del D.Lgs. 150/2022 (Riforma Cartabia), il vecchio rimedio della revisione europea, introdotto dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 113 del 2011 sull’art. 630 c.p.p., fosse ancora applicabile. La difesa sosteneva di sì, argomentando che il nuovo art. 628-bis c.p.p. si applicasse solo ai soggetti che avevano personalmente ottenuto una sentenza favorevole dalla Corte EDU, lasciando un vuoto di tutela per gli altri.

La Cassazione è stata chiamata a chiarire se il legislatore avesse inteso creare un doppio binario o se, al contrario, avesse voluto unificare la materia sotto un unico, nuovo procedimento.

L’Analisi della Corte e la Supremazia dell’art. 628-bis c.p.p.

La Suprema Corte ha respinto integralmente il ricorso, offrendo un’interpretazione chiara e inequivocabile della nuova disciplina. Secondo i giudici, il legislatore, con l’introduzione del Titolo III-bis del codice di procedura penale e del suo unico articolo, il 628-bis, ha inteso superare l’assetto precedente.

Il nuovo rimedio è stato concepito come uno strumento unitario e specifico, che affida alla Corte di Cassazione il compito di dare esecuzione alle sentenze della Corte EDU. Questa nuova procedura non lascia più alcuno spazio applicativo alla precedente “revisione europea” basata sull’art. 630 c.p.p. La Corte afferma esplicitamente che il nuovo istituto “sostituisce la cd. revisione europea, che non ha residui margini di operatività”.

Chi può attivare il nuovo rimedio? La questione di legittimità costituzionale

Un altro punto cruciale affrontato dalla Corte riguarda la legittimazione ad agire. Il ricorrente aveva sollevato una questione di legittimità costituzionale dell’art. 628-bis, lamentando che esso violasse i principi di uguaglianza e di difesa (artt. 3 e 24 Cost.) perché limita l’accesso al rimedio solo a chi ha presentato e vinto un ricorso a Strasburgo.

La Cassazione ha dichiarato la questione manifestamente infondata. Ha ricordato che anche sotto il vigore della precedente disciplina, la giurisprudenza era consolidata nel ritenere che solo il soggetto vittorioso dinanzi alla Corte EDU potesse chiedere la revisione. I principi affermati in una sentenza della Corte EDU non si estendono “automaticamente” a soggetti terzi, anche se coinvolti in situazioni analoghe. La scelta del legislatore di limitare la legittimazione è, quindi, una decisione discrezionale e non irragionevole, basata sulla natura della giustizia europea, che si pronuncia su casi concreti.

Le Motivazioni

La Corte di Cassazione ha motivato la sua decisione evidenziando l’intento del legislatore di superare l’assetto binario precedente, che si basava sulla “revisione europea” e sull’incidente di esecuzione. L’introduzione dell’art. 628-bis c.p.p. ha creato un unico rimedio, di nuovo conio, che centralizza la valutazione presso la Corte di Cassazione. Questa norma ha l’esplicito fine di dare esecuzione alle sentenze della Corte EDU, lo stesso fine per cui la Corte Costituzionale aveva originariamente “creato” la revisione europea. Essendo identico lo scopo, ma diverso e più organico il procedimento, il nuovo istituto ha di fatto abrogato tacitamente il precedente rimedio giurisprudenziale.

Inoltre, la Corte ha respinto l’argomento basato sulla presunta inutilizzabilità sopravvenuta di una prova a seguito di un mutamento giurisprudenziale. È stato ribadito il principio secondo cui l’evoluzione interpretativa delle norme processuali, successiva al passaggio in giudicato di una sentenza, non costituisce una “prova nuova” e non può quindi essere invocata come motivo di revisione. Il giudicato penale può essere travolto solo in casi eccezionali e tassativamente previsti dalla legge, tra cui non rientra un mero cambiamento di orientamento giurisprudenziale.

Le Conclusioni

La sentenza rappresenta un punto di svolta per la gestione degli effetti delle pronunce della Corte EDU nel nostro ordinamento. Le conclusioni che se ne possono trarre sono nette:
1. L’istituto della revisione europea basato sull’art. 630 c.p.p., come delineato dalla Corte Costituzionale nel 2011, è stato superato e non è più applicabile.
2. L’unico strumento per ottenere la riapertura di un processo o la rimozione degli effetti pregiudizievoli di una condanna a seguito di una sentenza della Corte EDU è la richiesta ai sensi del nuovo art. 628-bis c.p.p.
3. Questo rimedio può essere attivato esclusivamente dal soggetto che ha presentato ricorso alla Corte EDU e ha ottenuto una decisione favorevole (o una cancellazione dal ruolo a seguito del riconoscimento della violazione da parte dello Stato).
4. Il beneficio non si estende ad altri soggetti, anche se si trovano in posizioni identiche o analoghe.

È ancora possibile utilizzare la “revisione europea” basata sull’art. 630 c.p.p. dopo la Riforma Cartabia?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che il nuovo art. 628-bis c.p.p. ha completamente sostituito la cosiddetta “revisione europea” derivante dall’interpretazione della Corte Costituzionale, la quale non ha più alcun margine di operatività.

Chi è legittimato a richiedere il nuovo rimedio previsto dall’art. 628-bis c.p.p.?
La legittimazione è riservata esclusivamente al soggetto che ha presentato ricorso alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo e ha ottenuto una decisione definitiva di accoglimento o una cancellazione dal ruolo a seguito del riconoscimento della violazione da parte dello Stato.

Un cambiamento nella giurisprudenza sull’utilizzabilità di una prova può essere motivo di revisione di una sentenza definitiva?
No. La sentenza ribadisce che un mutamento giurisprudenziale successivo all’irrevocabilità della sentenza non costituisce una prova nuova ai sensi della legge e, pertanto, non è un motivo valido per chiedere la revisione del processo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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