Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 918 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 918 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 28/11/2023
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
NOME COGNOME
GLYPH nato il 06/11/1990 in ALBANIA
PAPULI ALTIN GLYPH
nato il 30/04/1990 in ALBANIA
avverso la sentenza del 23/02/2023 della CORTE DI APPELLO DI ANCONA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME COGNOME letta la richiesta del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità dei ricorsi; lette le memorie dei difensori avv. NOME COGNOME COGNOMEper COGNOME) e NOME COGNOME (per COGNOME), che hanno chiesto l’accoglimento dei ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 23 febbraio 2023 la Corte di appello di Ancona dichiarava inammissibili le richieste di revisione della sentenza emessa il 5 ottobre 2016 dal Tribunale di Rimini, parzialmente riformata dalla Corte di appello di Bologna, irrevocabile il 13 luglio 2020, presentate nell’interesse di
NOME COGNOME e NOME COGNOME condannati alle pene ritenute di giustizia per il reato di rapina aggravata in concorso.
Avverso la sentenza della Corte di appello di Ancona hanno proposto ricorso NOME COGNOME e NOME COGNOME a mezzo dei rispettivi difensori, chiedendone l’annullamento.
2.1. Il ricorso presentato nell’interesse di NOME COGNOME denuncia mancanza totale di motivazione del provvedimento impugnato con riferimento all’assenza dei requisiti di novità e decisività degli elementi di prova dedotti con la richiest di revisione.
Si tratta, in primo luogo, degli accertamenti tecnici su due reperti certamente maneggiati dai rapinatori (una confezione di barrette di cioccolata e una bottiglia di plastica), oggetto di una relazione del RACIS-RIS di Parma non valutata nel giudizio di cognizione, come risulta dalla motivazione delle due sentenze dei giudici di merito.
Vanno altresì considerati i successivi accertamenti svolti da un consulente della difesa, che ha ottenuto copia conforme delle fotografie scattate dai RIS ai reperti e alle sette impronte papillari, non presenti nel fascicolo processuale, impronte con elevata probabilità appartenenti ad almeno due o tre soggetti differenti e pacificamente non riconducibili al ricorrente, a Papuli e a NOME COGNOMEterzo soggetto ritenuto responsabile della rapina la cui posizione venne stralciata in ragione della sua irreperibilità).
Si dovrebbe così concludere che la rapina sarebbe stata commessa da almeno cinque soggetti, ossia dai tre più altri due cui sarebbero riconducibili le impronte. Tale esito, tuttavia, contrasterebbe con il fatto accertato nelle sentenze di condanna là dove hanno affermato che la rapina fu commessa da quattro individui.
Vi è, poi, un secondo elemento non valutato, neppure implicitamente, dai giudici di merito, costituito dalla relazione dei RIS inerente all’indagine di tip biologico dalla quale è emerso un assetto genotipico di tipo misto del prelievo ottenuto dalla imboccatura della bottiglia in plastica, riconducibile a due soggetti ignoti di sesso maschile: anche in questo caso, se detto assetto fosse attribuibile a persone distinte da COGNOME e COGNOME, ne conseguirebbe che la rapina sarebbe stata commessa da cinque persone, in insanabile contrasto con quanto ritenuto nei giudizi di merito.
L’accertamento sul DNA costituirebbe una prova certa e totalmente affidabile, a differenza della deposizione resa in dibattimento da un testimone, a quattro anni di distanza dalla individuazione fotografica effettuata nella fase delle
indagini, considerati anche i presupposti e le modalità del riconoscimento nonché la presenza di fattori di perturbazione o suggestione.
La Corte di appello di Ancona ha focalizzato l’attenzione unicamente sulle impronte posizionate sul veicolo rubato obliterando del tutto quelle sui reperti costituiti dalla confezione di barrette di cioccolata e da una bottiglia di plastica ignorando anche l’assetto genotipico complesso, estratto da quella stessa bottiglia, utilizzata dai rapinatori per incendiare l’autovettura.
L’istanza di revisione prospettava il proscioglimento non già quale esito meramente ipotetico del giudizio, come ritenuto dalla Corte, bensì quale esito certo qualora gli elementi e accertamenti dedotti con la richiesta trovassero conferma nella fase rescissoria.
2.2. GLYPH Il GLYPH ricorso presentato nell’interesse di NOME GLYPH Papuli denuncia l’inosservanza di norme processuali stabilite a pena di nullità e il vizio motivazionale della sentenza impugnata, là dove non ha considerato gli elementi nuovi e decisivi indicati nella istanza di revisione, nella quale si erano chiesti l’esame del consulente tecnico, una perizia dattiloscopica comparativa sulle sette impronte digitali e una perizia biomolecolare sull’assetto genotipico ottenuto dalla imboccatura della bottiglia.
Le argomentazioni sulle novità e decisività degli elementi probatori indicati sono nella sostanza sovrapponibili a quelle del precedente ricorso.
Il Procuratore generale, nella requisitoria, ha concluso per la inammissibilità dei ricorsi, sostenendo che la Corte di appello, con motivazione immune dai vizi denunciati, ha rilevato l’assenza del requisito della decisività degli accertamenti posti a fondamento della istanza di revisione, segnalando il carattere meramente esplorativo della indagine tecnica richiesta e soprattutto la sua inidoneità a neutralizzare la prova cardine, costituita dalle dichiarazioni del teste oculare.
Le difese hanno poi depositato memorie, replicando alle argomentazioni del Procuratore generale e ribadendo la fondatezza delle deduzioni svolte nei rispettivi ricorsi.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi sono fondati in ragione e nei limiti delle considerazioni che seguono.
Va premesso che la Corte territoriale ha emesso il decreto di citazione a giudizio dei due condannati, ai sensi dell’art. 636 cod. proc. pen., e ha poi
dichiarato con sentenza la inammissibilità delle richieste, con una procedura immune da vizi.
Infatti, secondo la costante giurisprudenza di legittimità, in sede di giudizio di revisione, la Corte d’Appello può rivalutare la richiesta e dichiararne con sentenza l’inammissibilità, non solo nel corso o all’esito del dibattimento, ma anche nella fase degli atti preliminari, allorquando risulti, per qualsiasi ragione, che le prove richieste manchino del requisito della novità o della idoneità a provocare l’assoluzione del condannato, non residuando in tal caso alcun ulteriore accertamento che giustifichi il prosieguo del dibattimento e lo svolgimento di ulteriore attività difensiva (Sez. U, n. 18 del 10/12/1997, dep. 2018, COGNOME, Rv. 210040; Sez. 2, n. 34773 del 17/05/2018, COGNOME, Rv. 273452; Sez. 3, n. 43573 del 30/09/2014, G., Rv. 260989; Sez. 5, n. 4652 del 20/11/2013, dep. 2014, Accordi, Rv. 258718).
2.1. La sentenza impugnata, tuttavia, ha erroneamente affermato che le richieste non avrebbero fatto riferimento al duplice requisito della novità e della decisività per poi escludere, in modo contraddittorio, la sussistenza di tali presupposti in relazione non all’oggetto delle deduzioni dei ricorrenti bensì ad altro dato di fatto eccentrico rispetto alle istanze.
In queste ultime si era evidenziato che né il Tribunale di Rimini né la Corte di appello avevano valutato un elemento probatorio costituito dalla presenza di sei impronte papillari pacificamente non riconducibili ai due ricorrenti e al terzo soggetto riconosciuto da un testimone quale uno dei rapinatori: cinque impronte furono rinvenute su una confezione di barrette di cioccolata, “abbandonata con molta probabilità dai rapinatori”, conclusione cui pervennero gli investigatori del RACIS-RIS di Parma nel verbale di sopralluogo in base a una serie di valutazioni; una impronta fu rilevata su una bottiglia di plastica aperta contenente residui di liquido infiammabile, certamente utilizzata per appiccare il fuoco all’autovettura dopo il delitto, con lo scopo di distruggere le tracce utili per la identificazione de responsabili.
Sulla base delle fotografie scattate dai RIS ai reperti e alle impronte papillari, non presenti nel fascicolo processuale, il consulente dei ricorrenti ha concluso che molto probabilmente dette impronte appartengono ad almeno due o tre soggetti differenti.
Nella prospettazione difensiva si tratta di elementi nuovi e potenzialmente decisivi.
2.2. Quanto al primo profilo, dalle due sentenze prodotte unitamente alle richieste di revisione risulta che i giudici di merito non fecero alcun riferimento alle sei suddette impronte, avendo solo affermato che l’unica impronta papillare
rinvenuta sull’autovettura (la settima rilevata dai RIS) sarebbe potuta appartenere al quarto rapinatore rimasto ignoto.
In proposito le Sezioni Unite di questa Corte hanno di recente ribadito che per «prove nuove», rilevanti a norma dell’art. 630, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., ai fini dell’ammissibilità della relativa istanza, devono intendersi le prove sopravvenute alla sentenza definitiva di condanna, quelle scoperte successivamente ad essa, quelle non acquisite nel precedente giudizio e quelle acquisite nel precedente giudizio, però sempre che non siano valutate, neppure implicitamente (Sez. U, n. 6141 del 25/10/2018, dep. 2019, COGNOME, Rv. 274627, non mass. sul punto; Sez. U, n. 624 del 26/09/2001, dep. 2002, COGNOME, Rv. 220443; Sez. 2, n. 23928 del 14/07/2020, COGNOME, Rv. 279488; Sez. 5, n. 12763 del 09/01/2020, COGNOME, Rv. 279068).
Quanto alla decisività, l’accertamento della commissione della rapina da parte di cinque soggetti (ossia dai due ricorrenti, dal terzo soggetto riconosciuto dal testimone e da altri due soggetti cui sarebbero riconducibili le impronte) contrasterebbe con la indicazione sicura del numero dei rapinatori (quattro) presente nelle sentenze di condanna, sulla base delle videoriprese, e quindi potrebbe inficiare l’attendibilità del riconoscimento fotografico da parte del testimone.
Sul tema della decisività della prova va ribadito che il «il giudice di merito, nel corso della fase preliminare, ha il limitato compito di valutare in astratto, e non in concreto, la sola idoneità dei nuovi elementi dedotti a dimostrare – ove eventualmente accertati – che il condannato, attraverso il riesame di tutte le prove, unitamente a quella noviter producta, debba essere prosciolto a norma degli artt. 529, 530 e 531 cod. proc. pen.; detta valutazione preliminare, tuttavia, pur operando sul piano astratto riguarda pur sempre la capacità dimostrativa delle prove vecchie e nuove a ribaltare il giudizio di colpevolezza nei confronti del condannato e, quindi, concerne la stessa valutazione del successivo giudizio di revisione, pur senza gli approfondimenti richiesti in tale giudizio» (Sez. 5, n. 7217 del 11/12/2018, dep. 2019, COGNOME, Rv. 275619; in senso conforme cfr., ad es., Sez. 5, n. 34515 del 18/06/2021, COGNOME, Rv. 281772; Sez. 5, n. 1969 del 20/11/2020, dep. 2021, L., Rv. 280405; Sez. 3, n. 15402 del 20/01/2016, COGNOME, Rv. 266810; Sez. 5, n. 15403 del 07/03/2014, COGNOME, Rv. 260563).
3. La Corte territoriale, nella sentenza impugnata, ha rilevato che in ogni caso non si potrebbe conoscere “quali e quanti soggetti abbiano avuto contatti con il veicolo rubato nel modenese prima che pervenisse nella disponibilità degli autori della rapina del circondario di Rimini e venisse infine bruciato”, valutazione
che ha ignorato le deduzioni e produzioni difensive relative alla presenza di sei impronte papillari appartenenti a due o tre rapinatori ma non riconducibili ai due ricorrenti e al terzo soggetto riconosciuto dal teste.
Nel contempo, l’esito “meramente ipotetico del giudizio”, dipendente da “ulteriori acquisizioni e sviluppi nell’eventuale fase rescissoria”, in ragione del quale le richieste di revisione sono state dichiarate inammissibili, è motivazione, sia pure assai generica, che potrebbe essere riferita alla richiesta indagine di tipo biologico (solo un assetto genotipico ottenuto dalla crenatura della bottiglia è completamente interpretabile e neppure risulta escluso che esso appartenga ai due ricorrenti o al terzo), ma non alla perizia sulle impronte papillari, pacificamente già rilevate sui reperti e non appartenenti ai tre.
La prova richiesta avrebbe carattere esplorativo laddove fosse volta ad un ulteriore approfondimento delle risultanze istruttorie già valutate (Sez. 5, n. 34515 del 18/06/2021, cit.; Sez. 5, n. 24070 del 27/04/2016, COGNOME, Rv. 267067; Sez. 5, n. 24682 del 15/05/2014, COGNOME, Rv. 260005), ma nel caso di cui si tratta – come detto – il tema proposto nelle richieste non risulta essere stato esaminato dai giudici di merito.
La sentenza impugnata, dunque, stante la omessa motivazione sui punti devoluti nelle richieste, deve essere annullata per un rinnovato giudizio relativamente alla fase rescindente, avente ad oggetto la preliminare delibazione sulla non manifesta infondatezza delle richieste, con riferimento alla astratta capacità demolitoria del giudicato, rilevabile da parte del novum dedotto.
In questo caso l’annullamento va disposto senza rinvio, con trasmissione degli atti alla stessa Corte di appello, non essendo applicabile l’art. 634, comma 2, cod. proc. pen., che rileva nel caso di annullamento con rinvio per la trattazione del giudizio rescissorio (Sez. 3, n. 43121 del 17/07/2019, Franco, Rv. 277176).
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata e dispone trasmettersi gli atti alla Corte di appello di Ancona per l’ulteriore corso.
Così deciso il 28 novembre 2023.