Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 34703 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 34703 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 05/07/2024
SENTENZA
sui ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a PALAGIANO il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 08/02/2024 della CORTE APPELLO di POTENZA
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
lette/sentite le conclusioni del PG
udito il difensore
RITENUTO IN FATTO
LE’ proposto ricorso per Cassazione nell’interesse di COGNOME NOME avverso l’ordinanza del 8 febbraio 2024 emessa dalla Corte d’appello di Potenza, che ha dichiarato inammissibile la richiesta di revisione avente ad oggetto la sentenza irrevocabile, della Corte di Assise di appello di Lecce, che aveva condanNOME il predetto alla pena di anni ventisei di reclusione per il reato di omicidio volonta commesso in data 3 ottobre 1991 ai danni di COGNOME
Col ricorso, dopo aver premesso che già nei tre gradi di giudizio il COGNOME COGNOME COGNOME COGNOME stabilito COGNOME movente del delitto, individuato nei contrasti ins tra NOME COGNOME COGNOME la vittima, COGNOME NOMENOME NOME contraddizion erano emerse nel corso dei processi tra la documentazione prodotta dalla difesa e quella acquisita nel corso dell’attività investigativa, e che nella presente sed sarebbe fatto emergere come si sia trattato di vere e proprie falsità contenute negl atti di indagine utilizzati volutamente, si deduce, con l’unico motivo articol errore di fatto nella motivazione dei provvedimento impugNOME.
La Corte di appello di Potenza è incorsa in errore percettivo nella lettura degli che ha fatto sì che la volontà dei giudici non si formasse correttamente. E ci perché è vero che l’istanza di revisione evidenzia che la condanna di NOME COGNOME venne pronunciata in conseguenza di falsità in atti, confermate dall presenza di un documento della RAGIONE_SOCIALE risalente al 1993, acquisito in grado di appello, difforme nel contenuto da quello acquisito dal ricorrente n maggio del 2019, ritenuto prova granitica del movente del delitto, ma è anche vero che essa si fonda precipuamente sul fatto che la condanna venne pronunciata a seguito di un abuso di ufficio considerato che volutamente si è omesso di verificare quale fosse la reale posizione giuridica del ricorrente all’interno della società RAGIONE_SOCIALE al momento del delitto; verifica che avrebbe fatto emergere che il predetto aveva cessato di essere socio nella predetta società nell’aprile del 1990, cioè un anno e mezzo prima dell’omicidio di COGNOME NOME, la sola che avrebbe evitato d far attribuire il movente del delitto al ricorrente.
La Corte d’appello avrebbe quindi errato nel ritenere l’istanza di revisione di cu discute un mero duplicato di una precedente in cui si era invece fatta valere unicamente la falsità della visura camerale suindicata, laddove essa si basa su aspetto diverso, l’abuso d’ufficio in cui sono incorsi i giudici, reato di provvedimento impugNOME non sì occupa incorrendo quindi anche in un evidente vizio di motivazione.
Il ricorso è stato trattato, – ai sensi dell’art. 23, comma 8, del d. I. del 2020, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 dicembre 2020, n.176, che continua ad applicarsi, in virtù del comma secondo dell’art. 94 del d.lgs. 10 ottob 2022 n. 150, come modificato dall’art. 11, comma 7, d. I. 30 dicembre 2023, n. 215, convertito con modificazioni dalla I. del 23.2.2024 n. 18, per le impugnazion proposte sino al 30.6.2024 – senza l’intervento delle parti che hanno così concluso per iscritto:
il Sostituto Procuratore Generale presso questa Corte ha concluso chiedendo dichiararsi inammissibile il ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è inammissibile.
L’istanza di revisione è stata ritenuta inammissibile perché costituisce mera reiterazione di altra precedente, analoga, istanza, rappresentandosi in essa parimenti la circostanza che dalla visura storica della società RAGIONE_SOCIALE rilasciat dalla RAGIONE_SOCIALE in data 20 maggio 2019 risulta che la predetta aveva come soci COGNOME NOME e COGNOME NOME, figlio di COGNOME NOME (che in data DATA_NASCITA aveva ceduto le sue quote di partecipazione relative alla predetta società al figlio NOME).
A sostegno della richiesta di revisione è dunque posta la medesima visura camerale del 20 maggio 2019 – che nell’ottica difensiva proverebbe la falsità della visu camerale rilasciata il 5 gennaio 1993 ed acquisita agli atti del process presupposto, che attestava che la società RAGIONE_SOCIALE aveva come socio RAGIONE_SOCIALE laddove lo stesso non faceva più parte della compagine sociale già dal 1990 – già posta a base della precedente istanza di revisione rigettata dalla Corte di appell che si è quindi limitata a rilevare come nel suo complesso l’istanza in argomento fosse una mera reiterazione della precedente.
Il ricorso in scrutinio assume che, poiché tale falsità avrebbe dovuto escludere movente dell’omicidio posto a base della condanna, che la Corte di assise ha individuato nei contrasti afferenti la gestione dell’attività di falegnameria og della predetta società, che sarebbero insorti tra il ricorrente e la vittima, l’ tralasciato di verificare la circostanza dell’effettiva partecipazione societari RAGIONE_SOCIALE NOME si sarebbe risolto in un abuso di ufficio commesso dai giudici inadempienti. Il ricorso in altri termini ritiene che l’oggetto delle due istanz revisione sia diverso perché quella oggetto del presente procedimento si fonda sull’abuso di ufficio commesso dai giudici e non tout court sulla falsità dell’atto già denunciata con la precedente istanza.
Appare evidente come in realtà sussista una coincidenza dei contenuti perché di là della diversa angolazione con cui viene prospettato il fatto presupposto di revision – condanna in conseguenza di abuso dì ufficio invece che di falsità – la vicenda rimane la stessa ruotando essa intorno alla supposta falsità del certificato del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE della società RAGIONE_SOCIALE, acquisito agli atti del giudizio di condanna (falsità che secondo la stessa prospettazione difensiva sarebbe stata già valutata negativamente dal provvedimento di rigetto della precedente istanza di revisione).
Sicché correttamente la Corte d’appello nell’ordinanza impugnata ha, in buona sostanza, rilevato che non si ravvisano effettivi elementi di novità rispetto precedente richiesta di revisione rigettata con ordinanza irrevocabile del 9.6.2023 tali, cioè, da determinare un diverso epilogo decisorio.
Si aggiunge che col ricorso si prospetta che l’individuazione del movente, quale fattore determinante la condanna, sarebbe stata diretta conseguenza della dedotta falsità del certificato camerale ed ora anche dell’abuso di ufficio commesso dai giudici che avrebbero – volutamente – omesso le verifiche del caso; laddove, come opportunamente rappresenta anche il Procuratore generale nella requisitoria scritta, il movente non è elemento idoneo a determinare una condanna, potendo al più fungere da elemento di coesione degli elementi probatori raccolti, sicché il ricorso prima ancora l’istanza di revisione peccano entrambi di genericità, essendosi per altro verso, essi, nella sostanza, limitati ad assumere che l’interesse del ricorre nella vicenda fosse ricollegabile unicamente alla sua posizione effettiva nell società.
Dalle ragioni sin qui esposte deriva la declaratoria di inammissibilità ricorso, cui consegue, per legge, ex art. 606 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese di procedimento, nonché, trattandosi di causa di inammissibilità determinata da profili dì colpa emergenti dal medesimo atto impugNOMErio, al versamento, in favore della cassa delle ammende, di una somma che si ritiene equo e congruo determinare in Euro 3.000,00 in relazione alla entità delle questioni trattate.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 5/7/2024.