Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 5851 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 5851 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 30/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a TAURIANOVA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 22/05/2023 della CORTE APPELLO di TORINO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME, che ha chies il rigetto del ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza indicata in epigrafe, la Corte di appello di Torino ha dichiarato inammissibile, per esser stata proposta fuori dalle ipotesi di cui agli art 629 e 630 cod. proc. pen., l’istanza presentata nell’interesse di NOME COGNOME, volta ad ottenere la revisione della sentenza della Corte di appello di Genova del 18/05/2010, passata in giudicato il 05/07/2012.
Ricorre per cassazione NOME COGNOME, a mezzo dell’AVV_NOTAIO, deducendo quattro motivi, che vengono di seguito riassunti entro i limiti strettamente necessari per la motivazione, ai sensi dell’art. 173, disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo, viene denunciata violazione dell’art. 634 cod. proc. pen., per essersi la Corte di appello spinta, nella fase di valutazione preliminare e rescindente, sino al punto di valutare la fondatezza della domanda, invece che limitarsi a considerare la semplice astratta ammissibilità della stessa. Nella fase preliminare, la Corte di appello è invece chiamata a valutare l’oggettiva potenzialità degli elementi nuovi, addotti dal richiedente, a determinare una pronuncia favorevole nel merito; nella nuova struttura del giudizio di revisione, che si contrappone al principio autoritario dell’assoluta intangibilità della cos giudicata, tale verifica non può però consistere nella formulazione di un anticipato apprezzamento di merito. L’ordinanza impugnata, al contrario, si presenta quale decisione rescissoria a tutti gli effetti.
2.2. Con il secondo motivo, viene denunciata violazione dell’art. 630, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., stante la erroneità del giudizio formulato dalla Corte territoriale, in punto di novità della prova. L’ordinanza impugnata definisce in maniera inesatta il concetto di “prova nuova”, affermando che le situazioni nuove emerse debbano ritenersi tali, allorché mai sia stato possibile valutarle in precedenza. Il perimetro delle prove nuove, rilevanti in punto di ammissibilità della richiesta di revisione, comprende invece anche le prove che non siano state valutate, neanche in via implicita, a patto che non si tratti di prove dichiara inammissibili o ritenute superflue dal giudice; ciò indipendentemente dal fatto che l’omessa conoscenza, da parte di quest’ultimo, risulti imputabile a comportamento negligente – o addirittura doloso – ascrivile al condanNOME. Nel caso di specie la nuova prova dedotta – dopo esser stata correttamente valutata dal giudice di prime cure, che si è pronunciato per l’assoluzione dell’imputato – è stata poi cancellata in secondo grado, laddove è stata omessa ogni valutazione sul punto.
2.3. Con il terzo motivo, viene denunciata violazione dell’art. 546, comma 1, lett. d) e lett. e) cod. proc. pen., nonché dell’art. 111, comma 2, Cost.,
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ragione dell’erroneo ricorso allo strumento della cd. motivazione impli utilizzato allo scopo di escludere l’avvenuta omessa valutazione della prov appalesa infondato, infatti, il richiamo ad una motivazione implicita, che si a adottata dalla Corte. L’ordinanza impugnata è poi giuridicamente errata, nel p in cui esclude la riconducibilità al novero delle prove nuove del verba interrogatorio del coimputato COGNOMECOGNOME soggetto astenutosi dal deporre dibattimento; l’acquisizione di tale verbale, infatti, non era stata og richiesta difensiva in sede di istruttoria dibattimentale. Tale consequenzialmente, non è mai stata dichiarata inammissibile e nemmeno giudicata superflua.
Il Procuratore generale ha chiesto il rigetto del ricorso. La dog sussunta nel primo motivo non coglie nel segno, in quanto il richiamo a regol giudizio riferibili alla sola fase c.d. “rescissoria”, quale quella imposta dal comma 3, cod. proc. pen., non può trovare ingresso nella verifica di ammissibi sotto il profilo della manifesta infondatezza di cui all’art. 634 cod. proc. valutazione di inammissibilità operata dalla Corte territoriale è restata
quanto emergente in punto di esclusione della “novità” delle prove, risolvendosi in una doverosa valutazione di carattere sommario. La Corte appello ha dunque svolto, mediante valutazione sommaria, sia la comparazione tra le asserite nuove prove e quelle già acquisite e valutate, sia – in riflessa – l’apprezzamento in ordine alla loro astratta inidoneità, ancorata concreto, ad inficiare l’accertamento dei fatti posti a base del giudizio di con Il secondo motivo è parimenti infondato, avendo il giudice della revisione appli proprio la nozione di prova nuova, come definita dalla nota sentenza a Sezi Unite Pisano. Secondo la Corte territoriale, infatti, manca il requisito della delle prove, in quanto tutte le prove citate nella richiesta di revisione sa state già valutate, sebbene implicitamente. Il terzo motivo, con il quale ci s dell’erroneo ricorso alla motivazione implicita, appare generico; la dogli infatti, non individua specificamente la prova che non sarebbe stata valu nemmeno implicitamente, né indica quale sia il profilo dirimente, idoneo a port ad una ricostruzione in punto di fatto radicalmente diversa, rispetto a quel emergerebbe dalla ritenuta realtà sostanziale. Il quarto motivo, avente ad og vizi di motivazione risultanti dal testo dell’ordinanza e dalla sentenza dell di Appello, appare generico e comunque manifestamente infondato, oltre ch estraneo al rimedio della revisione.
Con tempestivo motivo aggiunto, la difesa ha dedotto violazione ex ar 606, comma 1, lett. e) cod. proc. pen., in relazione all’art. 546 cod. pro sotto il profilo della motivazione apparente, che sarebbe stata adottata dalla territoriale in violazione del principio generale dell’art. 111 sesto comma Co Corte di appello di Milano, ritenendosi impropriamente investita dei poteri fase rescissoria, ha affermato l’inammissibilità della richiesta di revisione ciò ha adoperato – fuori del contradditorio e, correlativamente, dei esercitabili in relazione a tale fase – i criteri richiesti per la decisione del La Corte distrettuale ha così adottato una motivazione assertiva, non affront la materia proposta dalla richiesta di revisione; né ha valutato se l pretermesse, calate nel compendio argomentativo del giudice della condanna consentissero o meno – nell’ambito di un giudizio di carattere prognostico prova di resistenza dell’ordito motivazionale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
È preliminare la soluzione della questione, sollevata la difesa, in alla legittimità della procedura seguita dalla Corte di appello torinese, in analisi della ritenuta manifesta infondatezza dell’istanza di revisione scrut
2. Con riferimento ai presupposti, all’oggetto e agli ambiti cognitiv giudizio di revisione, è utile ricordare come la giurisprudenza di legittimit 3, n. 15402 del 20/01/2016, Di Pressa, Rv. 266810) abbia affermato che l’art. cod. proc. pen. delinea una valutazione preliminare della richiesta di revi incentrata sugli aspetti di natura processuale (segnatamente, il rispet requisiti richiesti dagli artt. 629, 630, 631, 632, 633 e 641 cod. proc. pe profili di merito, riguardati secondo la circoscritta prospettiva dell’ attitudine dimostrativa del novum dedotto; tale controllo di ammissibilità può avere un duplice esito: un’ordinanza, eventualmente anche adottata de plano, di inammissibilità, allorquando emerga la carenza dei requisiti processuali, ovver manifesta infondatezza dei motivi dedotti, ovvero l’instaurazione – media decreto di citazione a giudizio (art. 636 cod. proc. pen.) – del giudizio di re Nel giudizio di revisione, nel quale si osservano le disposizioni sul dibatt (Titolo I e II del libro VII), in quanto applicabili e entro il perimetro v devoluto attraverso la domanda di revisione (art. 636, comma 2, cod. proc. pen si procede quindi alla fase del concreto “giudizio”, da svolgersi nel contraddi delle parti; all’esito, la Corte di Appello pronuncerà una sentenza di accogli o di rigetto (art. 637 cod. proc. pen.).
L’attuale sistema codicistico, allora, pur senza riproporre la di competenza attribuita dalla disciplina previgente alla Corte di Cassazione ( rescindente) ed alla Corte di Appello (fase rescissoria), comunque delinea duplice dimensione del giudizio di revisione, seppur dinanzi ad un unico org giurisdizionale funzionalmente competente (la Corte di appello). La prelimin delibazione dell’ammissibilità, invero, integra, in caso di positiva valutazion astratta capacità dimostrativa del novum dedotto, la “fase rescindente”, mentre, in caso di esito positivo, la “fase rescissoria” si articola mediante lo svol del giudizio di merito, con assunzione, nel contraddittorio delle parti, delle prove, e successiva valutazione. In tal senso si sono espresse altresì le Unite di questa Corte, che hanno affermato che il processo di revisione si svil in due fasi, l’una rescindente e l’altra rescissoria: la prima è costit valutazione in ordine all’ammissibilità della relativa istanza e mira a verific essa sia stata proposta nei casi previsti, oltre che con l’osservanza delle norme di legge, nonché che non sia manifestamente infondata; la seconda è invece, costituita dal vero e proprio giudizio di revisione, mirante all’accert e alla valutazione delle “nuove prove”, al fine di stabilire se esse – sole o c a quelle che avevano condotto all’affermazione di responsabilità a carico condanNOME – siano tali da dimostrare che costui debba essere prosciolto dal ascrittogli (Sez. U, n. 18 del 10/12/1997, dep. 1998, Pisco, Rv. 210040).
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3. Venendo più specificamente al tema della ammissibilità della richiesta di revisione, va ricordato che – stando al testo dell’art. 634 cod. proc. pen. allorquando venga formulata una richiesta di revisione «fuori delle ipotesi previste dagli articoli 629 e 630 cod. proc. pen., o senza l’osservanza delle disposizioni previste dagli artt. 631, 632, 633 e 641 cod. proc. pen.», ovvero nel caso in cui tale richiesta risulti manifestamente infondata «la corte di appello anche di ufficio dichiara con ordinanza l’inammissibilità». Quanto alle modalità attraverso le quali è possibile pervenire a tale declaratoria di inammissibilità dell’istanza di revisione occorre rifarsi al dictum di Sez. 3, n. 37474 del 07/05/2014, B., Rv. 260182, la quale ha così statuito: «In tema di revisione, le valutazioni preliminari d inammissibilità della richiesta possono essere compiute anche “de plano”, essendo rimessa alla discrezionalità della Corte di appello l’adozione del rito camerale con la garanzia del contraddittorio per i casi di inammissibilità che non siano di evidente ed immediato accertamento». In ordine alla specifica questione della necessità di instaurazione del contraddittorio fra le parti, si sono registrati – ne giurisprudenza di legittimità – tre indirizzi, che si trovano compiutamente enucleati già nella parte motiva della succitata sentenza.
Nella motivazione di tale decisione – con riferimento proprio alla procedura da seguire, affinché sia consentito pervenire alla declaratoria di inammissibilità della richiesta di revisione – è dato infatti leggere quanto segue: «Secondo un primo orientamento, la declaratoria di inammissibilità della richiesta di revisione, prevista dall’art. 634 cod. proc. pen., può essere adottata, in assenza di espresso richiamo alla disciplina di cui all’art. 127 stesso codice, con procedura “de plano” (Sez. 1, n. 15030 del 25/01/2005, D.P. ed altro, Rv. 231432; Sez. 1, n. 5673 del 20/01/2006, COGNOME, Rv. 233849; Sez. 1, n. 47016 del 11/12/2007, Combierati, Rv. 238318). Ciò in quanto la procedura “in camera di consiglio”, disciplinata dall’art. 127 cod. proc. pen. e che prevede il contraddittorio delle parti, non deve essere adottata ai fini della decisione su qualsiasi richiesta, ma soltanto allorché è prevista dalla legge processuale, come è reso evidente dalla locuzione “quando si deve procedere in camera di consiglio” che esclude, appunto, che si tratti di una procedura generale ed indefettibile. Si sottolinea che lo stesso art. 127 cod. proc. pen., comma 9, espressamente prevede, analogamente alla regola di cui all’art. 666 cod. proc. pen., comma 2, per il procedimento di esecuzione, che “l’inammissibilità dell’atto introduttivo del giudizio è dichiarata dal giudice sen formalità di procedura salvo che sia altrimenti stabilito” con la conseguenza che, nel silenzio del codice, deve, dunque, ritenersi che la decisione “de plano” debba essere adottata in tutti i casi di inammissibilità dell’atto introduttivo che derivare, o dall’applicazione delle regole di cui all’art. 591 cod. proc. pen., nel cas
si tratti di impugnazione, ovvero dalla violazione delle regole particolari dettat per lo specifico procedimento oggetto della decisione. La sentenza D.P. aggiunge che, in ogni caso e proprio in quanto va dichiarata “de plano”, la inammissibilità deve essere evidente, come espressamente richiede l’art. 666 c.p.p., comma 2, che precisa che la istanza deve essere “manifestamente infondata per difetto delle condizioni di legge”. Secondo un opposto indirizzo, in tema di revisione, ai fini della valutazione preliminare di ammissibilità prevista dall’art. 634 cod. proc. pen., la Corte di appello deve operare nel contraddittorio tra le parti, mediante il procedimento in camera di consiglio regolato dall’art. 127 dello stesso codice, con la conseguenza che va dichiarata nulla l’ordinanza di inammissibilità eventualmente deliberata “de plano” (Sez. 3, n. 11040 del 22/01/2003, Piro, Rv. 227198) e tanto sul rilievo che la procedura ex art. 127 cod. proc. pen. è prevista in via generale per i procedimenti in camera di consiglio ed anche se l’art. 634 c.p.p., non fa espresso riferimento all’art. 127 cod. proc. pen., non vi sarebbe ragione per derogarvi in piena violazione del diritto di difesa. Nel dare conto dell’opposto orientamento, si sottolinea che, con riguardo all’attuale disciplina della revisione è improprio distinguere una fase rescindente ed una fase rescissoria, non essendo più previsto uno stadio della procedura che si concluda con la revoca o l’annullamento della precedente sentenza. Con la conseguenza che risulta attribuito alla Corte di Appello, nella fase preliminare, un potere – dover di valutazione – anche nel merito – degli elementi addotti dal richiedente con una pronuncia che può anche definire la questione sottoposta al suo esame. … Una terza posizione della giurisprudenza di legittimità, intermedia rispetto ai precedenti ed opposti orientamenti, si esprime nel senso che, in tema di revisione, la formula dell’art. 634 cod. proc. pen., secondo cui “la Corte di appello anche di ufficio dichiara (…) l’inammissibilità”, significa che la legge consente che valutazioni preliminari di inammissibilità della richiesta di revisione siano compiute anche de plano, rimettendo alla discrezionalità della Corte di appello l’adozione del rito camerale con la garanzia del contraddittorio per i casi di inammissibilità che non siano di evidente ed immediato accertamento (Sez. 1, n. 26967 del 30/03/2005, COGNOME, Rv. 232150; Sez. 2, n. 5609 del 27/01/2009, COGNOME, Rv. 243286; Sez. 5, n. 21296 del 08/04/2010, Scuderi, Rv. 247297). … Quest’ultimo orientamento è, ad avviso di Collegio, maggiormente aderente alla disciplina del procedimento di revisione delle condanne. Va precisato che il ricorso al procedimento camerale tipico, discipliNOME dall’art. 127 cod. proc. pen., non costituisce una regola di carattere generale con gli attributi dell’inderogabilità tanto da dover essere applicata in ogni caso. Le Sezioni Unite De COGNOME, sebbene impegnate nella soluzione di altra fattispecie, hanno comunque chiarito che, oltre il modello tipico di procedimento camerale delineato dall’art. 127 cod. proc. pen., Corte di Cassazione – copia non ufficiale
si hanno schemi procedimentali atipici in relazione al differente grado di garanzia del contraddittorio in essi assicurato, e che, escluse le fattispecie procedimentali de plano e quelle a contraddittorio attenuato o rafforzato, il modello generale dell’art. 127 cod. proc. pen., è applicabile in tutti i casi in cui il legislator omettendo di fare espresso riferimento all’art. 127 prescriva l’adozione del procedimento “in camera di consiglio” e, qualora manchi tale indicazione o la legge preveda che il giudice deliberi “senza formalità” o faccia uso di altre analoghe formule, devono ritenersi, invece, radicalmente escluse le forme camerali di cui all’art. 127 cod. proc. pen., (Sez. U., n. 26156 del 28/05/2003, COGNOME, Rv. 224612). Quando poi è previsto, come nel caso del procedimento di revisione, che il giudice proceda, “anche d’ufficio”, ed escluso che l’intervento officioso possa prescindere dal principio della domanda che costituisce la precondizione affinché si instauri il procedimento di revisione, ciò vuoi dire che il procedimento è a duplice schema, nel senso che vi possono essere casi in cui il giudice decide ex officio e casi in cui il giudizio deve essere emesso all’esito di una procedura partecipata, garantendosi il contraddittorio tra le parti. Ed infatti alcuni dei cas inammissibilità, descritti dall’art. 634 c.p.p., comma 1, sono di evidente e immediato accertamento, ossia rilevabili ictu ocu/i, sicché l’adozione del rito camerale in quest’ambito si risolverebbe in uno spreco di attività giurisdizionale. Altre volte, invece, la valutazione di ammissibilità richiede un esame, anche solo superficiale e sommario, degli atti ed allora è necessario il rispetto del principi del contraddittorio. Spetta dunque alla Corte di appello valutare, di volta in volta quale sia la forma procedimentale più adeguata, contemperando l’esigenza di garanzia della partecipazione delle parti con quella di non disperdere inutilmente energie processuali.».
4. Successivamente alla articolata e completa analisi ermeneutica compiuta da tale sentenza, sopra riportata per ampio stralcio, si sono avuti ulteriori arrest giurisprudenziali, che si sono attestati su posizioni sostanzialmente conformi, rispetto ai principi che si trovano colà enunciati. Sono così intervenute Sez. 5, n. 26480 del 04/05/2015, Corrada, Rv. 264848 e Sez. 3, n. 34945 del 09/07/2015, S., Rv. 264740, le quali hanno concordemente ribadito come – in materia di revisione – le valutazioni preliminari in punto di ammissibilità dell richiesta siano suscettibili di adozione con procedura de plano; rientra poi nel campo della discrezionalità riservata alla Corte di appello, la scelta di adottare o meno il rito camerale, connotato dalle garanzie tipiche del contraddittorio, in presenza di casi di inammissibilità che non appaiano di evidente ed immediato accertamento. Più di recente, si è posizionata sulla medesima linea interpretativa anche Sez. 5, n. 16218 del 14/01/2022, COGNOME, Rv. 283396, la quale ha
reputato legittima la declaratoria di inammissibilità, sebbene in presenza decreto di citazione a giudizio già emesso, ritenendola confacente all’esigen evitare la dispersione dell’attività giurisdizionale.
Traendo le fila dalla sopra delineata ricostruzione ermeneutica, que Collegio ritiene di poter dare continuità all’orientamento di legittimità sec quale la richiesta di revisione postula la fissazione di udienza camerale, a dell’art. 127 cod. proc. pen., allorquando ricorra una inammissibilità non rile ictu ocu/i, ma che richiede comunque una valutazione articolata del novum posto a fondamento della domanda.
5.1. I diritti del richiedente il giudizio di revisione risultano pertanto, sotto un duplice profilo. In primo luogo, essi sono garantiti necessaria instaurazione del contraddittorio, ai fini della delibazione di un inammissibilità non immediatamente emergente dagli atti e dalla prospettazion difensiva; la seconda forma di tutela è costituita dalla possibilità di ricor Cassazione, al fine di denunziare anche la sussistenza di un error in procedendo, nel quale sia magari incorsa la Corte d’appello, procedendo in tal sede alla spe indicazione delle ragioni per le quali la inammissibilità non sarebbe st pronunciare “de plano”, esigendo le ragioni esposte nella richiesta un pur min e sommario esame degli atti, da attuare necessariamente nel rispetto del princ del contraddittorio.
5.2. Nella concreta vicenda, l’iter procedurale seguito dalla Corte distrettuale rendeva palese l’insussistenza di una forma di inammissibi rilevabile immediatamente, dunque assoggettabile a decisione assunta de plano. Tale complesso percorso procedurale, infatti, si è anzitutto dipaNOME attra l’acquisizione di un parere della Procura generale presso la Corte di app acquisito tale parere, la Corte di appello di Torino ne ha disposto la not imputati e difensori, concedendo agli stessi un termine, entro il quale prosp eventuali controdeduzioni. Ma questa sin qui descritta è una situazione ogget che rende già pacifica l’insussistenza, secondo la valutazione compiuta dalla C territoriale, di profili di inammissibilità di immediata e lampante emersio infatti, la Corte territoriale ha poi proceduto ad una approfondita valutazi merito, con particolare riferimento alla possibile riassunzione di prove di dichiarativa; ciò non può ritenersi consentito in sede di sommaria e prodrom delibazione, in punto di ammissibilità della richiesta di revisione, a maggior r se a tale epilogo si pervenga senza assicurare il contraddittorio tra le part forme del rito camerale. In applicazione dei sopra enucleati principi di d sarebbe stato quindi necessario procedere alla fissazione di udienza camerale.
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5.3. L’omessa fissazione dell’udienza in contraddittorio tra le parti, allorquando rappresenti un adempimento necessario, integra una nullità di ordine generale a regime intermedio, comportando essa un’indebita compressione dei diritti di difesa. Il sopra descritto contraddittorio cartolare, come detto attua attraverso lo scambio di parere e controdeduzioni, determina però non già una condizione di totale assenza della difesa, bensì l’inosservanza delle disposizioni attinenti all’assistenza difensiva, rilevante a norma dell’art. 178 lett. c) cod. pro pen. Viene quindi a concretizzarsi una nullità a regime intermedio, che, stante la disciplina di cui all’art. 182 cod. proc. pen., deve essere eccepita immediatamente, ossia nel primo atto utile. E la difesa, infatti, ha tempestivamente eccepito seppur con argomentazioni in parte implicite – il difetto rappresentato dalla mancata fissazione di udienza ex art. 127 cod. proc. pen., in sede di controdeduzioni (pagine numero 48 e numero 49 dell’atto difensivo datato 28/12/2022). Ciò legittimava il ricorrente alla riproposizione della medesima questione, in sede di ricorso per cassazione.
Alla luce delle considerazioni che precedono, questa Corte dispone l’annullamento del provvedimento impugNOME, con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di appello di Milano, individuata a norma dell’art. 634 comma 2 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di appello di Milano.
Così deciso in Roma, il 30 novembre 2023.