Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 2025 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 2025 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 24/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
FULLE COGNOME nato a MAGENTA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 23/02/2023 della Corte d’appello di Brescia visti gli atti, il provvedimento impugnato e le istanze; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto procuratore generale NOME COGNOME, che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza impugnata la Corte d’appello di Brescia ha dichiarato l’inammissibilità dell’istanza di revisione proposta nell’interesse di NOME, condannato per il delitto di riciclaggio di un veicolo.
Ha proposto ricorso la difesa del condannato deducendo, con il primo motivo, violazione di norme processuali e vizio di motivazione, in riferimento agli artt. 634 e 192 cod. proc. pen., con riguardo all’errata valutazione dell’asserita
manifesta infondatezza della proposta istanza di revisione, fondata su prove nuove, circostanza che non consentiva un’anticipazione del giudizio di merito sulla capacità dimostrativa di quelle prove (da svolgersi unicamente nella fase rescissoria del giudizio). La Corte, invece, svolgendo un approfondito giudizio di merito sulla portata delle prove indicate a sostegno dell’istanza aveva oltrepassato i limiti (derivanti dalla verifica solo in astratto della possibilità che i nuovi elemen potessero sovvertire il giudizio di responsabilità) imposti dall’art. 634 cod. proc. pen.
2.1. Con il secondo motivo si deduce violazione di norme processuali e vizio di motivazione, in relazione all’art. 192 cod. proc. pen., con riguardo all’errato giudizio espresso circa l’inadeguatezza della ritrattazione del coimputato chiamante in correità nel costituire “prova nuova” a sostegno dell’istanza di revisione, in difetto della necessaria verifica circa l’attendibilità del dichiarante anche alla luce delle incostanti dichiarazioni rese nel corso del giudizio.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile, perché manifestamente infondato.
Secondo il costante insegnamento della giurisprudenza di legittimità, «in tema di revisione, anche nella fase rescindente è richiesta una delibazione non superficiale, sia pure sommaria, degli elementi addotti per capovolgere la precedente statuizione di colpevolezza e tale sindacato ricomprende necessariamente il controllo preliminare sulla presenza di eventuali profili di non persuasività e di incongruenza, rilevabili in astratto, oltre che di non decisività delle allegazioni poste a fondamento dell’impugnazione straordinaria» (Sez. 5, n. 1969 del 20/11/2020, dep. 2021, F., Rv. 280405 – 01; nello stesso senso, Sez. 2, n. 18765 del 13/03/2018, COGNOME, Rv. 273029; Sez. 5, n. 36718 del 04/05/2017, COGNOME, Rv. 271306 – 01).
Si è inoltre affermato che quando, come nel caso in esame, le dichiarazioni liberatorie provengano da un coimputato, già condannato per il medesimo reato, rimane circoscritta nel perimetro della manifesta infondatezza la valutazione, anche dettagliatamente e approfonditamente motivata, in ordine alla intrinseca affidabilità di quel soggetto ed alla plausibilità di quanto da lui dichiarato, all stregua di quanto già obiettivamente accertato e non più revocabile in dubbio, rientrando anche una tale valutazione nell’ambito del controllo sulla astratta idoneità della nuova prova a comportare una rimozione del giudicato sicché tali dichiarazioni vanno necessariamente scrutinate, per il profilo dell’attendibilità del
dichiarante, alla stregua degli elementi che ne verifichino, da un lato, l’interesse e, dall’altro, la esistenza di riscontri esterni (in questi termini Sez. 6, n. 36804 del 20/09/2021, COGNOME, Rv. 281992 – 01, nella motivazione).
La Corte territoriale si è attenuta a questi insegnamenti, osservando che la “prova nuova” dedotta a sostegno dell’istanza di revisione (costituita dalla ritrattazione scritta operata dal coimputato chiamante in correità), per la natura del dichiarato, per le modalità di acquisizione delle dichiarazioni, per la totale assenza di elementi di valutazione sulle ragioni e cause della ritrattazione, risultava immediatamente inidonea a fondare conclusioni opposte e diverse rispetto a quelle espresse all’esito del giudizio.
Anche sotto lo specifico profilo della astratta capacità della prova indicata nel condurre alla revisione della sentenza definitiva (oggetto del secondo motivo di ricorso), la decisione impugnata è conforme alle previsioni di diritto e immune da vizi motivazionali; è stato costantemente affermato che «non integra prova nuova, richiesta per la revisione, la sola ritrattazione del testimone d’accusa, essendo necessari specifici elementi di prova che avvalorino la falsità della deposizione» (Sez. 4, n. 29952 del 14/10/2020, G., Rv. 279714 – 02; Sez. 3, n. 5122 del 05/12/2013, dep. 2014, F., Rv. 258835 – 01; Sez. 3, n. 5026 del 13/01/2010, C., Rv. 245913 – 01).
2. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso, consegue la condanna ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., valutati i profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità emergenti dal ricorso (Corte Cost. 13 giugno 2000, n. 186), al versamento della somma, che si ritiene equa, di euro tremila a favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 24/11/2023