Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 26823 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 26823 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 19/06/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME nato a ANDRIA il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a ANDRIA il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a ANDRIA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 12/01/2024 della CORTE APPELLO di LECCE udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; letta la requisitoria del Procuratore generale, che ha concluso per il rigetto dei ricorsi letta la memoria del difensore, che ha concluso per l’annullamento
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte di appello di Lecce, con l’ordinanza indicata in epigrafe, ha dichiarato inammissibile l’istanza proposta nell’interesse di COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, con la quale si chiedeva la revisione della sentenza della Corte di appello di Bari del 18/11/2013, irrevocabile il 5/07/2016, limitatamente alla confisca ai sensi dell’art. 12 sexies legge 8 giugno 1992, n.306 (ora art. 240 bis cod. pen.) dei beni di proprietà degli istanti, terzi estranei al procedimento penale. In particolare si chiedeva la restituzione dell’immobile sito in Ardea, INDIRIZZO e relative pertinenze ovvero, in via subordinata, i riconoscimento di un credito totale o parziale in relazione alle somme lecitamente investite dai terzi istanti; il riconoscimento di un credito, sia pu parziale, in relazione alla somma lecitamente investita da NOME per l’acquisto del complesso immobiliare sito in INDIRIZZO nel territorio di Ardea.
2. NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME propongono ricorso per cassazione avverso tale provvedimento deducendo, con un primo motivo, inosservanza ed erronea applicazione degli artt. 649 cod. proc. pen. ,e 240 bis cod. pen. e comunque difetto di motivazione sul punto. La difesa evidenzia che altra sezione della Corte di appello di Bari, con decreto del 26/09/2014 in tema di misure di prevenzione a carico del congiunto NOME COGNOME, ha riconosciuto a NOME COGNOME un diritto di credito e ai coniugi COGNOME–COGNOME un ulteriore diritto di credito quale parte del complessivo valore lecitamente investito nei beni immobili siti in Ardea. A tanto la Corte è pervenuta ritenendo comprovato che NOME COGNOME, al momento dell’acquisto dell’immobile in data 5 aprile 1994, avesse la disponibilità di una lecita somma di denaro riveniente dalla vendita di un fondo rustico da parte dei genitori, così come che questi ultimi, sino al matrimonio della figlia con il NOME il 31/12/1993, avessero impiegato somme di loro esclusiva pertinenza per la realizzazione del primo piano della villetta su suolo donato ad NOME COGNOME dal genitore NOME COGNOME. Assume, dunque, la difesa che la statuizione impugnata è in contrasto con quella adottata dalla Corte barese; tuttavia, la Corte di appello ha sminuito la relativa questione ritenendo che non vi sia alcun contrasto di giudicati in quanto l’assenza di modifiche al provvedimento di confisca reso nel procedimento oggetto dell’istanza di revisione non impedirebbe in alcun modo agli interessati di far valere il diritto di credito riconosciuto in altra sede. Tuttavia, l’RAGIONE_SOCIALE, pur avendo assentito il riconoscimento del credito, ha in ogni momento opposto ai ricorrenti il provvedimento di confisca, che tale credito non
riconosce. L’istanza di revisione era tesa a ottenere la rimozione dell’unico ostacolo alla percezione della somma derivante dalla possibilità di azionare il credito. Contrasta con il dispositivo della decisione della Corte di appello di Bari l’argomento secondo cui le somme in questione tecnicamente non devono essere restituite, costituendo solo una ragione di credito; tuttavia, la Corte barese ha espressamente previsto la restituzione RAGIONE_SOCIALE somme vantate a credito dagli istanti. Per quanto le due misure divergano quanto al requisito soggettivo, le stesse coincidono con riguardo a quello oggettivo relativo al giudizio di proporzione, in entrambi i casi potendosi confiscare solo i beni dei quali non si sia in grado di giustificare la legittima provenienza. Esattamente sulla provenienza legittima i due provvedimenti divergono. La motivazione viola anche il disposto dell’art. 240 bis cod. pen. nel momento in cui consente di confiscare un bene anche per la parte legittimamente acquisita, rappresentata dai crediti accertati e riconosciuti nel giudizio di prevenzione.
Con il secondo motivo deducono inosservanza ed erronea applicazione dell’art. 630, comma 1 lett. c), cod. proc. pen. e correlato vizio di motivazione in ordine alle considerazioni espresse circa le prove nuove addotte nell’interesse dei ricorrenti. Nell’istanza di revisione erano state indicate prove nuove che la Corte di appello si è limitata a reputare globalmente inidonee a disarticolare il ragionamento del giudice della cognizione posto a base della statuizione di confisca. A tale conclusione la Corte è pervenuta valutando erroneamente il contratto di comodato d’uso del 29 maggio 2005 intercorso tra NOME COGNOME e la figlia NOME COGNOME, titolo che avrebbe condotto alla disponibilità dell’immobile in capo al NOME. La Corte non ha compreso il tema del reale valore da attribuire al contratto di comodato d’uso, introdotto quale premessa necessaria per illustrare le nuove prove che avrebbero dovuto portare all’accoglimento dell’istanza, essendo il contratto di comodato d’uso indicativo del fatto che NOME COGNOME avesse inteso mantenere la disponibilità dell’immobile, potendone chiedere la restituzione ai sensi dell’art. 1809, comma 2, cod. civ. La Corte ha ritenuto equivalente la disponibilità di un bene legittimata da un titolo e quella particolare forma di disponibilità che invece consente la confisca, che deve vedere il soggetto agire uti dominus, consentendogli il libero utilizzo del bene. Tali facoltà erano precluse in presenza di un contratto di comodato d’uso. L’apparato logico che ha sminuito il dato afferente al comodato d’uso è meramente apparente, apodittico e utile a rendere superflue tutte le prove nuove addotte dalla difesa. Tutte le prove documentali sono state accomunate per affermare che neppure sembrano riferirsi all’immobile di INDIRIZZO, mentre le altre sono state ritenute irrilevanti dal momento che la destinataria NOME COGNOME era sempre la titolare formale dell’immobile. Tale
valutazione è carente, perché non analizza le singole prove documentali, e illogica, perché le accomuna nonostante la loro evidente diversità, introducendo il dato insuperabile della formale titolarità dell’immobile da parte di NOME COGNOME. I documenti allegati all’istanza di revisione dimostravano la titolarità del bene i capo alla COGNOME e non avrebbero dovuto essere trascurati, essendo sul punto la motivazione apparente.
Il Procuratore generale, con requisitoria scritta, ha concluso per il rigetto dei ricorsi.
Il difensore ha depositato memoria di replica insistendo per l’annullamento.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. I ricorsi sono inammissibili.
La Corte di appello ha ritenuto l’istanza inammissibile ai sensi dell’art.634 cod. proc. pen. ricordando, in primo luogo, che la Corte di Cassazione, con sentenza del 10/02/2023, aveva rigettato il ricorso avverso l’opposizione proposta al giudice dell’esecuzione in quanto la revoca della confisca disposta con sentenza definitiva di condanna non è di competenza del giudice dell’esecuzione. Il giudice adìto ha sottolineato come l’istanza di revisione avesse lo scopo di dimostrare che l’imputato COGNOME NOME, coniuge di NOME e genero di NOME COGNOME e NOME COGNOME, non avesse la disponibilità dell’immobile di INDIRIZZO, essendosi trasferito nell’immobile solo all fine del 2008.
2.1. La Corte ha, in primo luogo, ritenuto la richiesta estranea alle ipotesi previste dall’art. 630 cod. proc. pen., non potendosi porre simili questioni in relazione a procedimenti strutturalmente diversi, ossia la confisca adottata nel procedimento di prevenzione e la confisca ex art. 12 sexies legge n.356/1992; ha comunque evidenziato come in entrambi i procedimenti fosse stata disposta la confisca, con l’unica differenza che nel procedimento deciso dalla Corte appello di Bari si era riconosciuta una ragione di credito in favore dei co COGNOME e in favore di NOME COGNOME. Non essendo messa in discussione la confisca degli immobili, la Corte ha quindi ritenuto non configurabile in ra alcun contrasto di giudicati, tanto è vero che l’RAGIONE_SOCIALE
confiscati aveva dato esecuzione al provvedimento di restituzione del credito in favore dell’intestataria dell’immobile sito in INDIRIZZO.
Osserva il Collegio che, indipendentemente dalle ragioni espresse dalla Corte territoriale, l’istanza di revisione così come proposta avrebbe dovuto essere dichiarata inammissibile non tanto per la sua infondatezza quanto, piuttosto, perché non coerente all’oggetto del giudizio di revisione. Si afferma, infatti, con indirizzo esegetico consolidato, che la inammissibilità dell’impugnazione non rilevata dal giudice di secondo grado deve essere
dichiarata dalla Cassazione, quali che siano state le determinazioni cui detto giudice sia pervenuto nella precedente fase processuale, atteso che, non essendo le cause di inammissibilità soggette a sanatoria, esse devono essere rilevate, anche d’ ufficio, in ogni stato e grado del procedimento (Sez. 5, n. 39794 del 05/07/2023, COGNOME, Rv. 285230 – 01; Sez. 3 n. 20356 del 02/12/2020, dep. 2021, COGNOME, Rv. 281630; Sez. 4, n. 16399 del 03/10/1990, COGNOME, Rv. 185996).
3.1. Se, da un lato, la confisca ex art. 12-sexies d.l. 8 giugno 1992, n. 306, disposta con sentenza definitiva di condanna per i reati che la prevedono, non può essere revocata dal giudice dell’esecuzione quando siano emersi nuovi elementi di prova, dovendo promuoversi il rimedio straordinario della revisione del giudicato per elidere l’accertamento giudiziale su cui la misura di sicurezza si fonda (Sez. 6, n. 29200 del 30/06/2021, Ferraro, Rv. 281825 – 01), ciò non significa, per altro verso, che il rimedio straordinario possa essere promosso con l’esclusivo obiettivo di dimostrare il venir meno dei presupposti di applicazione e mantenimento della misura di sicurezza. Si è, infatti, ulteriormente chiarito che non è possibile esperire il rimedio straordinario della revisione per rimuovere (non una dichiarazione di responsabilità, bensì) unicamente la statuizione di confisca che ne sia conseguita (Sez. 2, n. 3853 del 30/11/2021, dep. 2022, Lampada, in motivazione).
3.2. Va, infatti, considerato che l’art. 631 cod. proc. pen. stabilisce che «Gli elementi in base ai quali si chiede la revisione devono, a pena d’inammissibilità della domanda, essere tali da dimostrare, se accertati, che il condannato deve essere prosciolto a norma degli articoli 529, 530, 531», così da indurre la giurisprudenza di legittimità ad affermare che l’istanza di revisione deve investire in modo esaustivo la condanna riportata, tanto cioè da comportare il proscioglimento rispetto al relativo capo (Sez. 6, n. 2626 del 31/05/1994, COGNOME, Rv. 199442 – 01).
4. Conclusivamente, i ricorsi non superano il vaglio di amrnissibilità.
Alla declaratoria d’inammissibilità segue la condanna dei ricorrenti al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali; e inoltre, alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», i ricorrenti devono essere condannati al pagamento di una somma che si stima equo determinare in euro 3.000,00 ciascuno in favore della Cassa RAGIONE_SOCIALE ammende.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento d spese processuali e della somma di euro tremila ciascuno in favore della RAGIONE_SOCIALE Ammende.
Così deciso il 19 giugno 2024 GLYPH 1i