Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 23803 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 23803 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 09/05/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOME COGNOME nato a Pristina (Kosovo) il 02/04/1980
avverso l’ordinanza del 27/01/2025 della Corte di appello di Genova letti gli atti, il ricorso e l’ordinanza impugnata; udita la relazione del Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Pubblico ministero in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Il difensore di NOME COGNOME ricorre avverso l’ordinanza indicata in epigrafe con la quale la Corte di appello di Genova ha dichiarato inammissibile l’istanza di revisione della sentenza di condanna, emessa il 24 febbraio 2022 dal Tribunale di Lucca, parzialmente riformata dalla Corte di appello di Firenze con sentenza del 12 dicembre 2022, divenuta irrevocabile il 22 novembre 2023, per i reati di rapina pluriaggravata in concorso, lesioni personali aggravate e tentativo di sequestro di persona aggravato.
r
Ne chiede l’annullamento per violazione degli artt. 630, comma 1, lett. c) e 634 cod. proc. pen. nonché per mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione.
Deduce che la prova nuova prodotta, costituita dalle dichiarazioni assunte in sede di indagini difensive il 9 aprile 2024 da NOME COGNOME, mai dichiarate inammissibili o superflue dai giudici di merito, fornivano la prova d’alibi, in quanto dimostravano che il giorno e nell’orario della rapina il ricorrente non si trovava a Montecarlo, ma tra Viareggio e Pisa insieme alla testimone. L’affermazione che si tratterebbe di prova già ritenuta superflua e irrilevante dai giudici di merito è illogica e apodittica, in quanto la COGNOME non è mai stata sentita in giudizio, sicché la sua credibilità e attendibilità non sono mai state valutate né l’alibi fornito dall’COGNOME è mai stato ritenuto falso.
Analogamente va censurata la ritenuta inattendibilità della prova d’alibi offerta dalla testimone, che, invece, rende dubbia l’attendibilità del riconoscimento dell’COGNOME effettuato dalla COGNOME solo in base al taglio degli occhi, nonostante il passamontagna. La prova nuova, valutata unitamente alla mancanza di prova della disponibilità dell’autovettura Skoda Fabia in capo all’COGNOME e al forzato collegamento tra i guanti da lui acquistati e quelli utilizzati per la rapina consentono di dubitare che il ricorrente fosse autore della rapina. La prova nuova, che colloca il ricorrente in luogo diverso da quello di commissione della rapina, è prova decisiva e rilevante, suscettibile di determinare una decisione diversa da quella assunta.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile perché proposto per motivi non consentiti nonché manifestamente infondati.
Premesso che ai fini della revisione debbono intendersi per “prove nuove” non soltanto quelle sopravvenute o scoperte in seguito alla sentenza irrevocabile di condanna, ma anche quelle che non siano state acquisite in precedenza, pur preesistendo, ovvero che, anche se acquisite, non erano state valutate neanche implicitamente, fatto salvo il caso di prove dichiarate inammissibili ovvero ritenute superflue dal giudice (Sez. U, 26 settembre 2001, Pisano), sicché il requisito della novità non è correlato al momento dell’acquisizione, ma a quello della valutazione, nel caso di specie la Corte di appello ha correttamente escluso il carattere di novità della prova offerta.
La Corte di appello non solo ha precisato che il difensore dell’imputato aveva dapprima rinunciato – all’udienza dell’i luglio 2023- alla testimonianza della COGNOME per poi chiederne l’assunzione ai sensi dell’art. 507 cod. proc.
pen., ma ha anche chiarito che la prova era stata già considerata e ritenuta irrilevante sia dal Tribunale che dalla Corte di appello, in quanto la versione difensiva dell’imputato, secondo la quale la sera del fatto sarebbe stato insieme alla COGNOME, risultava smentita dagli elementi probatori acquisiti.
2.1. Il Tribunale aveva, infatti, ritenuto del tutto inverosimili le dichiarazioni dell’imputato, che pur ricordando precisamente di aver trascorso la notte del 27 febbraio 2017 in giro con la donna, non era stato in grado di indicarne le generalità e il numero di telefono, sicché non vi era necessità di assumere dichiarazioni che corroborassero la falsa prova di alibi fornita, specie in ragione della convergenza degli elementi di prova oggettivi acquisiti, quali: 1) la circostanza che i rapinatori si erano allontanati a bordo di una Skoda Fabia, poi coinvolta in un incidente e abbandonata, a bordo della quale erano stati rinvenuti un passamontagna e guanti usati dai rapinatori e uno scontrino relativo all’acquisto dei guanti; 2) la circostanza che il veicolo era in uso al ricorrente, che lo stesso giorno si era recato a firmare presso i CC a bordo di una Skoda di colore grigio e presentava una contusione compatibile con una lesione verificatasi nel corso della rapina nonché con la macchia di sangue rinvenuta sul volante dell’autovettura; 3) la circostanza che era stato visto e riconosciuto dalle vittime come il soggetto a bordo dell’autovettura ferma nei pressi della loro abitazione alcuni giorni prima della rapina; 4) la circostanza che nel colloquio intercettato in carcere con la moglie, quest’ultima si lamentava del fatto che altri erano liberi a differenza del coniuge, in tal modo collegandoli alla rapina.
2.2. L’ordinanza dà atto della conforme decisione della Corte di appello di Firenze, che aveva valorizzato la smentita della tesi difensiva proveniente anche da intercettazioni telefoniche, dalle quali risultava che la nuova autovettura era stata acquistata all’inizio di marzo e dalla circostanza che la moglie dell’imputato era consapevole del fatto che il marito quella sera avrebbe commesso una rapina insieme ai complici nella zona in cui alcuni giorni prima loro due avevano effettuato un sopralluogo: circostanza, questa, che trovava conferma nel riconoscimento effettuato dalle vittime della rapina, che avevano visto il ricorrente sostare davanti all’abitazione a bordo della Skoda insieme ad una donna mora due sere prima della rapina. Per tali ragioni la palese falsità dell’alibi dell’imputato rendeva superflua l’assunzione delle dichiarazioni della testimone, che non avrebbero potuto incidere sul quadro probatorio acquisito, essendosi anche accertato che sei giorni prima della rapina l’COGNOME aveva acquistato guanti dello stesso tipo e marca di quelli usati dai rapinatori.
Dirimente risulta, infine, la circostanza che questa Corte, con la sentenza del 22 novembre 2023 che ha dichiarato inammissibile il ricorso dell’imputato, ha ritenuto inammissibile la censura relativa al rigetto dell’istanza di
rinnovazione istruttoria con assunzione della testimonianza della COGNOME stante la completezza del quadro probatorio e la molteplicità di elementi
convergenti, incompatibili con la prospettazione difensiva e ritenuti idonei a fondare la responsabilità dell’imputato ( pag. 3-4 sentenza n. 9812/24).
Ne deriva che la richiesta di revisione è destituita di ogni fondamento, non essendosi in presenza di prova nuova né di una prova decisiva a fronte della
solidità del quadro probatorio acquisito.
4. Ritenuta corretta la valutazione espressa, in quanto ai fini del giudizio sull’ammissibilità, il giudice non può limitarsi a rilevare la novità della prova,
essendo tenuto a procedere ad una valutazione preliminare che deve avere ad oggetto, oltre che l’affidabilità di quest’ultima, anche la sua persuasività e
congruenza nel contesto probatorio già acquisito in sede di cognizione, nel processo concluso, saggiandone, quindi, l’idoneità a porre in crisi il quadro
istruttorio precedente, va, inoltre, evidenziato che la declaratoria di inammissibilità della richiesta per essere le “nuove prove” palesemente inidonee
ad inficiare l’accertamento dei fatti posti alla base della sentenza di condanna, si sottrae a censure in sede di legittimità allorché sia fondata, come nel caso di specie, su una motivazione adeguata ed immune da vizi logici.
Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che, considerati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in euro tremila.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 9 maggio 2025
GLYPH