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Retrodatazione misura cautelare: quando non si applica

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un imputato che chiedeva la retrodatazione di una misura cautelare per detenzione di stupefacenti. La Corte ha chiarito che, per applicare la retrodatazione, gli elementi del secondo reato devono essere pienamente desumibili dagli atti del primo procedimento. La semplice conclusione delle intercettazioni non è sufficiente se gli esiti non sono stati ancora elaborati in un’informativa conclusiva, rendendo impossibile per il PM una valutazione completa. Questa sentenza rafforza il concetto di ‘desumibilità’ come conoscenza qualificata e non mera conoscibilità storica dei fatti.

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Pubblicato il 22 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Retrodatazione Misura Cautelare: la Cassazione chiarisce il concetto di ‘Desumibilità’

La corretta applicazione dei termini di durata delle misure cautelari è un pilastro del nostro sistema processuale penale. Un recente intervento della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 21982/2024, offre chiarimenti cruciali sul principio di retrodatazione misura cautelare, in particolare sul presupposto della ‘desumibilità’ degli indizi. Questo principio, normato dall’art. 297, comma 3, del codice di procedura penale, è volto a prevenire le cosiddette ‘contestazioni a catena’, ma la sua applicazione richiede una valutazione rigorosa.

I Fatti del Caso

Un soggetto, già sottoposto agli arresti domiciliari con una prima ordinanza del 2020 per tentata estorsione, veniva raggiunto da un secondo provvedimento cautelare nel 2022 per reati legati alla detenzione di sostanze stupefacenti. La difesa dell’indagato presentava appello, sostenendo che i fatti della seconda ordinanza fossero già ‘desumibili’ dagli atti del primo procedimento al momento dell’emissione del decreto di giudizio immediato (24/12/2020). Di conseguenza, si chiedeva di dichiarare l’inefficacia della seconda misura per superamento dei termini massimi, applicando appunto la retrodatazione.

Il Tribunale di Lecce, in prima istanza, rigettava la richiesta, ritenendo che gli elementi a carico dell’indagato per i reati di droga non fossero sufficientemente consolidati e valutabili alla data critica. La questione è quindi giunta all’attenzione della Suprema Corte.

La Decisione della Cassazione sulla Retrodatazione Misura Cautelare

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando la decisione del Tribunale. I giudici di legittimità hanno stabilito che, ai fini della retrodatazione, non è sufficiente che i fatti di reato fossero genericamente noti o che un’attività investigativa (come le intercettazioni) fosse terminata. È necessario che il pubblico ministero disponga di un compendio documentale completo, tale da consentire una valutazione ponderata sulla gravità e concludenza degli indizi.

Le Motivazioni: Il Concetto di “Desumibilità”

Il cuore della motivazione risiede nell’interpretazione del concetto di ‘desumibilità’. La Corte ha specificato che la ‘desumibilità’ non equivale a una ‘mera conoscibilità storica di determinate evenienze fattuali’. Al contrario, essa presuppone una ‘conoscenza derivata da un determinato compendio documentale o dichiarativo’.

Nel caso specifico, la Cassazione ha valorizzato due elementi decisivi:

1. Data del Deposito dell’Informativa: L’informativa conclusiva della polizia giudiziaria sui reati di stupefacenti era stata depositata solo il 6 ottobre 2021, quasi un anno dopo il momento chiave del primo procedimento (24/12/2020). Solo da quella data il pubblico ministero ha potuto vagliare in modo completo i fatti.
2. Richiesta di Proroga Indagini: Il pubblico ministero, in data 8 gennaio 2021, aveva richiesto una proroga delle indagini proprio per acquisire ulteriori elementi a carico dell’indagato. Questo dimostra che, alla fine del 2020, il quadro indiziario non era ancora maturo per giustificare una nuova misura cautelare.

I giudici hanno quindi concluso che il semplice fatto che le intercettazioni fossero terminate tempo prima non è rilevante. Gli esiti di tali attività devono essere elaborati, trascritti e compendiati in un’apposita informativa prima di poter costituire una base solida per una richiesta cautelare. Mancando questo presupposto al momento critico, la richiesta di retrodatazione non poteva essere accolta.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa sentenza ribadisce un principio fondamentale: per ottenere la retrodatazione misura cautelare, la difesa deve dimostrare che il pubblico ministero, al momento del primo provvedimento, disponeva già di un quadro indiziario non solo conosciuto, ma completo e processualmente utilizzabile per il secondo reato. La ‘desumibilità’ è quindi una condizione qualificata, che attiene alla concreta possibilità per l’organo dell’accusa di formulare un ‘meditato apprezzamento prognostico’ sulla base di atti formalizzati, e non su semplici risultanze investigative ancora grezze. Di conseguenza, i tempi tecnici necessari alla polizia giudiziaria per analizzare ed elaborare le prove raccolte sono pienamente legittimi e non possono essere compressi da un’interpretazione estensiva della disciplina sulle contestazioni a catena.

Quando si applica la retrodatazione della decorrenza di una misura cautelare?
Si applica quando i fatti di un secondo reato, per il quale viene disposta una nuova misura, erano già ‘desumibili’ dagli atti di un precedente procedimento al momento in cui è stata applicata la prima misura cautelare per un reato connesso.

Cosa significa che gli indizi devono essere ‘desumibili’ ai fini della retrodatazione?
Secondo la Corte, ‘desumibilità’ non significa semplice conoscenza dei fatti. Richiede l’esistenza di un compendio documentale o dichiarativo completo (come un’informativa finale di reato) che permetta al pubblico ministero di fare una valutazione ponderata e prognostica sulla gravità e concludenza degli indizi per richiedere una nuova misura.

La sola conclusione di un’attività di indagine, come le intercettazioni, è sufficiente a rendere i fatti ‘desumibili’?
No. La sentenza chiarisce che la fine delle operazioni tecniche non è di per sé decisiva. È necessario che gli esiti di tale attività siano stati elaborati, analizzati e compendiati in un’apposita informativa, poiché solo allora diventano una base probatoria solida e concretamente valutabile dal pubblico ministero.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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