Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 12848 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 1 Num. 12848 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 26/02/2025
PRIMA SEZIONE PENALE
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME
– Relatore –
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a GELA il 26/06/1999 avverso l’ordinanza del 26/11/2024 del Tribunale di Caltanissetta Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME Udito il Procuratore Generale, NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso. Udito il difensore del ricorrente, avv. NOME COGNOME che ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 26 novembre 2024 il Tribunale del riesame di Caltanissetta ha confermato l’ordinanza cautelare di applicazione della custodia in carcere nei confronti di NOME COGNOME emessa dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Gela il 13 novembre 2024 in relazione al reato di cui all’art. 2 l. 2 ottobre 1967, n. 895, commesso sino al 19 febbraio 2022.
Avverso il predetto provvedimento ha proposto ricorso l’indagato, per il tramite del difensore, con i seguenti motivi, di seguito esposti nei limiti strettamente necessari ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
Con il primo motivo deduce vizio di motivazione in ordine alla mancata retrodatazione ex art. 297, comma 3, cod. proc. pen. dell’inizio di decorrenza della misura cautelare (fatto cui conseguirebbe anche la consumazione dei termini di fase ex art. 303 cod. proc. pen. ), in quanto il Tribunale ha respinto l’istanza, che chiedeva di far decorrere la misura dalla data del 17 marzo 2023, in cui era stata eseguita altra ordinanza cautelare a carico dello stesso soggetto in altro procedimento, per un titolo di reato diverso, fondato però sugli stessi atti di indagine utilizzati anche per questa seconda misura; infatti, a partire dalla data di esecuzione della prima ordinanza cautelare nessun ulteriore atto di indagine a carico del ricorrente era stato posto in essere; il Tribunale ha respinto l’istanza in quanto la seconda misura si basa sulla informativa di polizia giudiziaria datata 28 dicembre 2023, che Ł, quindi, successiva alla esecuzione della prima ordinanza cautelare, ma in questo modo ha compiuto un errore metodologico, perchØ la gravità indiziaria alla base della
seconda ordinanza cautelare non Ł conseguenza di tale informativa, che non Ł realmente innovativa rispetto all’attività di indagine già effettuata.
Con il secondo motivo deduce violazione di legge sempre con riferimento alla mancata retrodatazione della misura cautelare, in quanto il Tribunale ha introdotto nello statuto della retrodatazione un elemento non previsto nØ dalla norma nØ dalla giurisprudenza di legittimità, ovvero la data dell’informativa di polizia, atteso che il requisito della desumibilità del reato dagli atti non dipende dall’informativa di polizia ma deve essere inteso nel senso che in atti deve sussistere una situazione indiziaria idonea a giustificare l’adozione della misura.
3. La difesa dell’indagato ha chiesto la discussione orale.
Con requisitoria orale il Procuratore Generale, NOME COGNOME ha chiesto il rigetto del ricorso.
Il difensore del ricorrente, avv. NOME COGNOME ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso, i cui due motivi possono essere affrontati congiuntamente, attenendo entrambi alla questione della retrodatazione del termine di decorrenza della misura cautelare, Ł infondato.
La norma dell’art. 297, comma 3, cod. proc. pen., come Ł noto, dispone che ‘se nei confronti di un imputato sono emesse piø ordinanze che dispongono la medesima misura per uno stesso fatto, benchØ diversamente circostanziato o qualificato, ovvero per fatti diversi commessi anteriormente alla emissione della prima ordinanza in relazione ai quali sussiste connessione ai sensi dell’articolo 12, comma 1, lettere b) e c), limitatamente ai casi di reati commessi per eseguire gli altri, i termini decorrono dal giorno in cui Ł stata eseguita o notificata la prima ordinanza e sono commisurati all’imputazione piø grave. La disposizione non si applica relativamente alle ordinanze per fatti non desumibili dagli atti prima del rinvio a giudizio disposto per il fatto con il quale sussiste connessione ai sensi del presente comma’.
Ai fini della decisione del presente giudizio rileva, in particolare, la disposizione dell’ultimo periodo del comma appena citato, ed, in particolare, cosa si debba intendere con l’espressione ‘fatti non desumibili dagli atti’, che costituisce il limite all’applicazione dell’istituto della contestazione a catena.
L’ordinanza ha ritenuto, infatti, che non sussistessero i presupposti per retrodatare il termine di decorrenza della misura, perchŁ essa era stata emessa sulla base della informativa di polizia giudiziaria del 28 dicembre 2023, che non era presente negli atti di indagine in occasione della emissione della prima misura cautelare. La detenzione dell’arma era, pertanto, un ‘fatto non desumibile dagli atti’, per usare l’espressione del comma 3 appena citato.
Nel primo motivo il ricorso deduce che si tratta di una motivazione illogica, perchØ tale informativa non contiene, in realtà, la descrizione di alcun atto di indagine nuovo e sopravvenuto rispetto alla precedente ordinanza cautelare, in quanto la prova della detenzione dell’arma in capo all’indagato si ricaverebbe da atti di indagine che erano già stati effettuati prima dell’applicazione della precedente misura cautelare (e, segnatamente, intercettazioni di conversazioni avvenute nel corso del 2022).
L’argomento Ł infondato. Ciò che Ł decisivo, ai fini dell’applicazione dell’istituto di cui all’art. 297, comma 3, cod. proc. pen., non Ł che l’atto, o gli atti, di indagine che l’ordinanza cautelare ha assunto a fondamento della esistenza dei gravi indizi di colpevolezza del reato per cui Ł disposta la misura fossero già stati compiuti, ma che essi fossero già stati riferiti al pubblico ministero e che, nel modo in cui erano stati riferiti, manifestassero già la propria portata dimostrativa senza la necessità
di ulteriori indagini o elaborazioni degli elementi probatori acquisiti (Sez. 4, n. 16343 del 29/03/2023, COGNOME Rv. 284464 – 01: la nozione di “anteriore desumibilità”, dagli atti inerenti alla prima ordinanza cautelare, delle fonti indiziarie poste a fondamento dell’ordinanza cautelare successiva, richiede che, al momento del rinvio a giudizio nel primo procedimento, l’autorità giudiziaria sia in grado di desumere, e non solo di conoscere, la specifica significanza processuale, intesa come idoneità a fondare una richiesta di misura cautelare, degli elementi relativi al reato sul quale si fonda l’adozione del successivo provvedimento cautelare per reato connesso, il cui compendio indiziario deve manifestare già la propria portata dimostrativa e non richiedere ulteriori indagini o elaborazione degli elementi probatori acquisiti, che rendano necessaria la separazione o la distinta iscrizione delle notizie di reato connesso).
In definitiva, per applicare il regime delle contestazioni a catena, non basta che l’atto di indagine sia già stato effettuato, e non basta neanche che sia già stato riferito al pubblico ministero e contenuto, pertanto, nel fascicolo di cui all’art. 433 cod. proc. pen., ma occorre che, nel modo in cui Ł riferito, esso manifesti il suo significato indiziario in modo immediato ed evidente (Sez. 3, n. 20002 del 10/01/2020, COGNOME, Rv. 279291 – 01: ‘in tema di retrodatazione della decorrenza dei termini di custodia cautelare, per l’anteriore “desumibilità” dagli atti del fatto oggetto della seconda ordinanza, emessa in un diverso procedimento e per fatti diversi e non legati da un rapporto di connessione qualificata con i primi, Ł necessario che il quadro legittimante l’adozione della misura cautelare sussista sin dal momento di emissione del primo provvedimento, non essendo sufficiente a tal fine la mera esistenza della notizia del fatto-reato, nØ che la successiva ordinanza si fondi su elementi probatori già presenti nella prima, potendo gli stessi non manifestare sin dall’inizio il loro significato in modo immediato ed evidente’).
Nel secondo motivo il ricorso deduce che in questo modo il Tribunale ha introdotto un nuovo presupposto non previsto dalla legge per l’applicazione dell’istituto, ovvero quella della data dell’informativa di polizia conclusiva, ma l’argomento Ł manifestamente infondato, perchØ l’ordinanza impugnata non ha attribuito rilievo decisivo alla data dell’informativa di polizia, ma ha ritenuto che il reato per cui Ł stata disposta la misura cautelare fosse nel caso in esame desumibile, nel significato che Ł stato precisato appena sopra, soltanto da tale informativa.
In definitiva, il ricorso Ł infondato.
Ai sensi dell’art. 616, comma 1, cod. proc. pen., alla decisione consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così Ł deciso, 26/02/2025
Il Consigliere estensore COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME