Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 4931 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 4931 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 12/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOMECOGNOME nato a Rende (CS) il 07/05/1961
avverso la ordinanza dell’11/06/2024 del Tribunale di Catanzaro;
letti gli atti del procedimento, il ricorso ed il provvedimento impugnato; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso; lette le richieste del difensore del ricorrente, avv. NOME COGNOME che ha chiesto l’accoglimento del ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza in epigrafe indicata il Tribunale del riesame di Catanzaro ha confermato l’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal Giudice per le indagini preliminari dei medesimo Tribunale nei confronti di NOME COGNOME
indagato per il reato di partecipazione, con ruolo dirigenziale, ad un’associazione finalizzata ai traffico di stupefacenti (capo 1 dell’incolpazione provvisoria).
Per lui hanno proposto distinti ricorsi i suoi due difensori, avv.ti NOME e COGNOME per motivi in parte coincidenti. Le doglianze complessivamente rassegnate possono sintetizzarsi nei termini che seguono.
2.1. Nullità dell’ordinanza custodiate per violazione dell’art. 292, comma 2, lett. c), cod. proc. pen., e vizio della motivazione con la quale il Tribunale ha disatteso la relativa eccezione.
L’originario provvedimento custodiate, per la posizione del ricorrente, consisterebbe nella trasposizione testuale della relativa richiesta avanzata dal Pubblico ministero (si indicano le pagine); né può ritenersi, come invece ha fatto il Tribunale, che la censura fosse generica, avendo la difesa indicato, nella memoria prodotta in sede di riesame, il profilo rispetto al quale era mancata l’autonoma valutazione del primo giudice, ovvero l’assunto per cui COGNOME, in quanto vertice della cosca di “ndrangheta” di riferimento, dovesse ritenersi automaticamente tale anche per quella finalizzata al traffico di stupefacenti.
2.2. Violazione dell’art. 297, comma 3, cod. proc. pen., e difetto di motivazione, nella parte in cui è stata esclusa la retrodatazione del termine di durata della misura cautelare al 1° settembre 2022, data di emissione, nei confronti dell’indagato, di precedente ordinanza custodiate per i reati di partecipazione con ruolo dirigenziale ad associazione mafiosa ed altri, nell’ambito del diverso procedimento convenzionalmente denominato “Reset”.
Rileva la difesa:
che i due procedimenti sono stati istruiti dal medesimo ufficio del Pubblico ministero, essendo il presente derivato da uno “stralcio” del procedimento “Reset”, per effetto, dunque, di una scelta dell’ufficio inquirente;
-che i reati oggetto dell’impugnata ordinanza custodiate sono anteriori all’emissione della precedente, risalendo al 2019 ed essendo COGNOME ininterrottamente detenuto dal 2021;
che, tra i differenti reati associativi oggetto dei due provvedimenti, vi è una connessione qualificata, come ritenuto dalla stessa ordinanza impugnata, in quanto il traffico di stupefacenti era parte rilevante del programma criminoso dell’associazione mafiosa;
che il materiale investigativo sulla base del quale è stata adottata la misura custodiate nel presente procedimento era già tutto presente nel fascicolo delle indagini del procedimento “Reset” ed indicato nella relativa informativa finale di polizia giudiziaria: la principale informativa di reato relativa ai fatti oggetto de presente procedimento – si deduce è stata depositata anche nel procedimento
“Reset”, è precedente alle ordinanze custodiali adottate in quel procedimento ed altro non è se non la riunione delle tre informative prodotte separatamente dalle tre forze di polizia giudiziaria che hanno svolto quella indagine; inoltre, già nell’informativa finale relativa alla stessa, si faceva espresso riferimento al “sistema Cosenza” ed all’operatività dello stesso anche nel settore del traffico di stupefacenti, peraltro oggetto di una delega d’indagini disposta dal Pubblico ministero a giugno del 2021;
-che nessuna indagine nei confronti di COGNOME è stata effettuata successivamente alla richiesta di misura cautelare nel procedimento “Reser: le emergenze investigative indicate dal Tribunale del riesame come nuove ed ulteriori, ovvero le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia COGNOME e COGNOME nulla avrebbero aggiunto, difatti, sulla posizione del ricorrente, oltre ad essere, quanto meno le prime, anteriori al rinvio a giudizio in quel procedimento;
-che, pertanto, i fatti di reato addebitati a COGNOME nel presente procedimento erano tutti ampiamente desumibili dagli atti già in data anteriore al precedente provvedimento custodiale;
che, infine, egli ha interesse alla retrodatazione del termine di durata della misura in atto, perché, in tal caso, ne sarebbe interamente decorso il termine legale di durata.
2.3. Violazione del principio del “ne bis in idem sostanziale” rispetto all’addebito relativo all’associazione mafiosa, formulato nel precedente e distinto procedimento.
Diversamente da quanto ritenuto dal Tribunale, che parla di «contestazioni il cui perimetro fattuale è nient’affatto coincidente», rileva la difesa che composizione soggettiva, periodo temporale, assetto patrimoniale (con un’unica cassa comune, denominata “bacinella”, nella quale tutti i gruppi confederati versavano parte degli introiti realizzati), potere decisionale, oggetto sociale (essendo il traffico di stupefacenti uno dei settori di attività preponderanti del sodalizio mafioso) e risultanze probatorie sono esattamente gli stessi: e, a tale specifica obiezione, l’ordinanza non avrebbe risposto;
2.4. Violazione del termine di durata massima delle indagini.
In sede di riesame, è stata eccepita l’assenza delle proroghe di tale termine ed il Tribunale non avrebbe smentito tale assunto, limitandosi a rilevare di non avere poteri istruttori per compiere il relativo accertamento.
2.5. Violazione di legge e vizi di motivazione in punto di gravità indiziaria.
Si deduce che l’ordinanza si sia limitata ad una trasposizione assiomatica, nell’associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, del ruolo di vertice attribuito aNOME COGNOME in seno alla “parallela” associazione mafiosa nel procedimento “Reset”,
senza verificare le eventuali emergenze specifiche, e così costruendo per lui una sorta di responsabilità di posizione.
Una tale valutazione, invece, sarebbe stata ancor più necessaria dopo che gli stessi giudici del riesame hanno dichiarato l’inutilizzabilità, nei confronti del ricorrente, delle intercettazioni di conversazioni (escluse le quali, non vi sarebbe prova di contatti tra lui ed altri indagati) ed hanno fondato il loro giudizio soltanto sulle affermazioni dei collaboratori di giustizia: dei quali, però, soltanto quattro su quattordici parlano del COGNOME, senza tuttavia indicarlo come vertice dell’associazione finalizzata al traffico di stupefacenti. Ragione per cui il diverso apprezzamento compiutone dal Tribunale integra un vero e proprio travisamento della prova.
2.6. L’avv. NOME ha depositato memoria, con la quale ribadisce gli argomenti a sostegno della dedotta violazione dell’art. 297, comma 3, cod. proc. pen., riportando testualmente passi della richiesta di misura cautelare avanzata dal Pubblico ministero nel procedimento “Reset”, in cui già si faceva riferimento al “sistema Cosenza” anche per la gestione del traffico degli stupefacenti ed al ruolo di vertice che COGNOME avrebbe ricoperto in seno a quello.
Ha depositato memoria scritta il Procuratore generale, concludendo per il rigetto del ricorso.
Ha depositato memoria di replica la difesa del ricorrente, sostanzialmente ribadendo quanto dedotto con i precedenti atti, con riferimento al tema della violazione dell’art. 297, comma 3, cod. proc. pen..
CONSIDERATO IN DIRITTO
È fondato il secondo motivo di ricorso, in accoglimento del quale l’ordinanza impugnata dev’essere annullata, con rinvio al Tribunale per un nuovo esame.
Indiscusse la connessione qualificata tra i fatti oggetto delle due diverse ordinanze custodiali e la disciplina di riferimento, il tema controverso è essenzialmente quello della possibilità di desumere i fatti di reato oggetto di quella successiva dagli atti del procedimento in cui è stata emessa la precedente, già da prima che, nello stesso, fosse disposto il rinvio a giudizio: soltanto in questo caso, infatti, trattandosi di titoli custodiali emessi in procedimenti penali distinti opererebbe la retrodatazione prevista dall’art. 297, comma 3, cod. proc. pen. (Sez. U, n. 21957 del 22/03/2005, Rahulia, Rv. 231058, ribadita da Sez. U, n. 14535 del 19/12/2006, Librato, Rv. 235909).
2.1. Quando tale desumibilità dagli atti ricorra, è tematica anche questa ormai definita in giurisprudenza. Essa, cioè, non consiste nella mera conoscenza o conoscibilità dei fatti che hanno condotto all’adozione della seconda misura, presupponendo, invece, la sussistenza di una situazione indiziaria di tale gravità e completezza, da legittimare l’adozione della misura cautelare (così, tra molte altre, Sez. 6, n. 54452 del 06/11/2018, Tedde, Rv. 274752). Deve trattarsi, in altri termini, di un compendio, documentale o dichiarativo, che abbia in sé una specifica significatività processuale, tale da consentire al Pubblico ministero di esprimere un meditato apprezzamento prognostico della concludenza e gravità delle fonti indiziarie, suscettibili di dare luogo alla richiesta ed all’adozione di una misura cautelare (Sez. 6, n. 48565 del 06/10/2016, Commisso, Rv. 268391; Sez. 3, n. 46158 del 04/02/2015, COGNOME, Rv. 265437; Sez. 4, n. 15451 del 14/03/2012, COGNOME, Rv. 253509). In particolare, detta situazione non può farsi coincidere con la materiale disponibilità della informativa di reato, ove questa riassuma i dati investigativi e gli elementi di prova progressivamente acquisiti, bensì con il momento in cui il contenuto di essa possa considerarsi recepito dall’autorità inquirente, dovendo perciò considerarsi anche il tempo obiettivamente occorrente a quest’ultima per una lettura ponderata del relativo materiale (così, ad esempio, Sez. 6, n. 48565 del 06/10/2016, Commisso, Rv. 268391; Sez. 1, n. 12906 del 17/03/2010, COGNOME, Rv. 246839).
2.2. Tanto premesso, il Tribunale del riesame ha escluso detto presupposto, rilevando, in sintesi, che sono successive al rinvio a giudizio nel procedimento “Reset” non soltanto le informative di reato su cui si fonda l’ordinanza custodiate emessa nel presente procedimento, ma anche alcuni elementi di prova, quali le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia COGNOME e COGNOME, rese, rispettivamente, a gennaio del 2024 ed a febbraio del 2023, che hanno dato riscontro all’ipotesi accusatoria dell’associazione finalizzata al traffico di stupefacenti (pagg. 5 s.).
Si tratta, tuttavia, di una giustificazione puramente formale, che omette di misurarsi specificamente con le puntuali obiezioni difensive, con le quali si contesta che le dichiarazioni di COGNOME e COGNOME e, più in generale, quelle informative abbiano portato a conoscenza del Pubblico ministero, per lo meno con riferimento alla posizione del COGNOME, risultanze investigative diverse ed ulteriori rispetto a quelle già emerse nell’indagine denominata “Reset”.
E indiscutibile, infatti, che, in caso di procedimenti – come quelli di cui si discorre – che coinvolgono una pluralità d’indagati, detta valutazione non possa essere effettuata indistintamente, avendosi riguardo, cioè, al procedimento unitariamente inteso, ma debba essere compiuta con specifico riferimento alla singola posizione interessata. Questo, peraltro, non significa che le acquisizioni istruttorie ulteriori possano essere valutate soltanto nei confronti dei soggetti
direttamente ed immediatamente da esse interessati, poiché ben può accadere particolarmente in materia di reati associativi – che un dato elemento di prova specificamente relativo ad uno degli indagati sia tale da arricchire indirettamente anche il quadro indiziario relativo ad altri soggetti.
Si rende necessario, dunque, che, al di là del dato cronologico e, come tale, puramente formale, il Tribunale spieghi per quali ragioni il compendio indiziario raccolto dagli inquirenti a carico di COGNOME nell’àmbito dell’indagine “Reset” non fosse sufficiente per giustificare l’emissione di un provvedimento custodiale anche per i diversi reati oggetto del presente procedimento, se non integrato dalle anzidette dichiarazioni successive o da altri elementi compiutamente illustrati soltanto nelle informative depositate al Pubblico ministero dopo il rinvio a giudizio in quel precedente procedimento.
Meritano comunque un cenno gli ulteriori motivi di ricorso, poiché, se fondati, potrebbero condurre autonomamente all’annullamento dell’ordinanza impugnata, per nullità od inefficacia della stessa.
Tuttavia, nessuno di essi supera nemmeno il vaglio di ammissibilità.
3.1. Il primo, in tema di nullità per violazione dell’art. 292, comma 2, lett. c), cod. proc. pen., è generico, sostanzialmente non rispondendo agli argomenti utilizzati dal Tribunale per respingere il relativo motivo di riesame.
Nella fisiologica assenza di contraddittorio che caratterizza la valutazione del Giudice per le indagini preliminari, la replica testuale di alcuni passaggi della richiesta dei Pubblico ministero non è di per sé un dato indicativo; inoltre, nemmeno con il presente ricorso la difesa colma il difetto di specificità dei passaggi della motivazione eventualmente inficiati dalla dedotta assenza di autonomo giudizio, limitandosi ad un generale riferimento al profilo della gravità indiziarla; e, infine, il ricorso sorvola completamente sulle plurime divergenze di valutazione del giudice rispetto alla richiesta del Pubblico ministero, queste sì, invece, ragionevolmente valutabili come sintomatiche di un’effettiva autonomia di giudizio.
3.2. Il terzo motivo, in tema di bis in idem c.d. “sostanziale” rispetto alle imputazioni del procedimento “Reset”, è manifestamente infondato.
Va ricordato che tale figura teorica è priva di base normativa: nella materia del concorso apparente di norme, infatti, non operano criteri valutativi diversi da quello di specialità previsto dall’art. 15, cod. pen., che si fonda sulla comparazione della struttura astratta delle fattispecie, al fine di apprezzare l’implicita valutazione di correlazione tra le norme, effettuata dal legislatore (Sez. U, n. 20664 del 23/02/2017, Stalla, Rv. 269668). È sufficiente osservare, allora, come del resto ha fatto già il Tribunale, che le fattispecie associative oggetto dei due procedimenti
non sono affatto identiche, sussistendo tra le stesse una relazione di specialità reciproca, in quanto ognuna caratterizzata da elementi peculiari rispetto al nucleo comune: ovvero il metodo “mafioso”, per l’una; la finalizzazione al traffico di stupefacenti, per l’altra.
A questo si aggiunga che, nella materia cautelare, a differenza di quanto avviene nel processo di cognizione, l’idem, il cui bis è precluso, non si concreta e non si esaurisce nella mera identità del fatto storico, ma ricomprende necessariamente anche l’identità degli elementi di prova, posti e valutati a sostegno o a confutazione di esso e della sua rilevanza cautelare (Sez. U, n. 7931 del 16/12/2010, dep. 2011, Testini, Rv. 249001). Profilo, questo, come s’è detto dianzi, che dev’essere ancora compiutamente verificato dal giudice del rinvio.
3.3. Del tutto generico, poi, è il quarto motivo, in punto di termini di durata delle indagini preliminari, che si risolve nella reiterazione della doglianza, senza alcun motivato rilievo critico al provvedimento impugnato, secondo cui detti termini erano ancora in corso, indipendentemente da eventuali proroghe.
3.4. L’ultimo motivo, con cui si contesta la gravità indiziaria, è inammissibile, invece, perché teso essenzialmente ad una rivalutazione del materiale probatorio, che alla Corte di cassazione è preclusa.
Peraltro, già nelle sole dichiarazioni pressoché di tutti i collaboranti, riferimenti a soggetti legati a COGNOME, così come al “sistema” di cui egli è indicato come il vertice, ritornano in continuazione, ed il ricorso non indica il benché minimo elemento a confutazione, né, men che mai, un cedimento logico del ragionamento del Tribunale.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Catanzaro, competente ai sensi dell’art. 309, co. 7, c.p.p..
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen..
Così deciso in Roma, il 12 dicembre 2024.