Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 22563 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 2 Num. 22563 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 24/04/2025
SECONDA SEZIONE PENALE
– Presidente –
NOME COGNOME
CC – 24/04/2025
R.G.N. 8616/2025
NOME COGNOME
SENTENZA
Sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a LOCRI il 19/03/1971 avverso l’ordinanza del 31/01/2025 del TRIB. LIBERTA’ di Reggio calabria udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME sentite le conclusioni del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto l’inammissibilita’ del ricorso, riportandosi alla requisitoria in atti sentito il difensore, Avv. NOME COGNOME del foro di Locri che si Ł riportato ai motivi di ricorso, chiedendone l’accoglimento.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 31/01/2025 il Tribunale di Reggio Calabria, pronunciando in sede di rinvio a seguito di annullamento disposto con sentenza del 10/10/2024 della Corte di Cassazione, in parziale accoglimento dell’appello proposto nell’interesse di NOME COGNOME avverso l’ordinanza emessa dal Gip del Tribunale di Reggio Calabria in data 08/04/2024, di rigetto dell’istanza di dichiarazione di inefficacia della misura in esecuzione (custodia cautelare in carcere) a seguito dell’applicazione dell’istituto della retrodatazione ex art. 297, comma 3, cod. proc. pen., ha dichiarato l’inefficacia della misura, disposta con ordinanza del 13/03/2023 del Gip del Tribunale di Reggio Calabria, anche con riferimento ai reati di cui ai capi B13), B14), B15), B16), B17), B20) e B23).
In sintesi, la pronuncia rescindente aveva rilevato che il tribunale del riesame aveva già accolto parzialmente l’appello cautelare, ritenendo integrati i presupposti della retrodatazione con riferimento all’addebito associativo ex art. 74 d.p.r. 309/90, giudicando invece insussistenti le relative condizioni per una serie di reati – fine in materia di stupefacenti, ascritti provvisoriamente all’indagato; che nei confronti del COGNOME era stata emessa una prima ordinanza custodiale carceraria dal Gip del Tribunale di Napoli il 25/10/2022 per reati ex artt. 73 e 74 d.p.r. 309/90, dichiaratosi poi incompetente a favore del Tribunale di Reggio Calabria, che, il successivo
25/10/2023, aveva rinnovato la misura ex art. 27 cod. proc. pen.; che una secondo ordinanza era stata emessa dal Gip di Reggio Calabria il 13/03/2023 per lo stesso titolo di reati e che il compendio indiziario alla base dei due provvedimenti coercitivi risultava identico, con la conseguenza che era plausibile che vi fosse connessione qualificata e la anteriore desumibilità dagli atti, con applicazione della regola dettata dalla seconda parte del comma 3 dell’art. 297 cod. proc. pen.; che per il coindagato NOME COGNOME – che si trovava in situazione del tutto analoga a quella del Mammoliti – si era pronunciata la Suprema Corte, rilevando che il tribunale aveva fornito adeguata risposta alle deduzioni del ricorrente, secondo il quale il patrimonio conoscitivo posto a disposizione della due Procure avrebbe dovuto ritenersi, a tutti gli effetti, comune.
In sede di rinvio, il Tribunale di Reggio Calabria precisava preliminarmente l’ambito del devolutum, evidenziando che l’originaria istanza della difesa del 3 aprile 2024 aveva ad oggetto esclusivamente i reati contestati nell’ordinanza del Gip di Reggio Calabria del 13/03/2023 ai capi B), B13), B14), B15), B16), B17), B20) e B23), rispetto ai quali deduceva, oltre alla sussistenza della connessione qualificata, il requisito della loro anteriore desumibilità dagli atti a base dell’ordinanza cautelare del Gip di Napoli del 25/10/2022 (anche l’appello proposto avverso l’ordinanza di rigetto della suddetta istanza non faceva riferimento ad ulteriori capi); che già con l’ordinanza annullata con rinvio era stata riconosciuta la retrodatazione, senza dichiarazione della perdita di efficacia, in relazione ad alcune condotte di cui al capo B13) nonchØ con riguardo ai capi B16), B17), B20) e B23) e che, quindi, la sentenza rescindente, disponendo il nuovo giudizio ‘anche’ per i capi B13), B14) e B15), aveva inteso delimitare l’ulteriore oggetto del decidere ai soli fatti contestati in tali capi; che, rispetto agli episodi in esame – singolarmente valutati in relazione alle informative conclusive doveva affermarsi l’operatività della retrodatazione ed il decorso del termine di fase a far data dall’esecuzione della prima ordinanza cautelare emessa dal Gip del Tribunale di Napoli, con conseguente formale scarcerazione per gli stessi capi.
Avverso l’ordinanza di riesame pronunciata in sede di rinvio propone ricorso per cassazione l’imputato, tramite il difensore di fiducia, sulla base di due motivi con i quali eccepisce:
violazione di legge (artt. 627 e 297, comma 3, cod. proc. pen.) e vizio di motivazione, in relazione alla corretta individuazione delle questioni devolute dalla decisione di annullamento, atteso che l’atto di appello del 3 aprile 2024 conteneva chiari riferimenti all’intera vicenda processuale e a tutti i reati satelliti, basati sul medesimo compendio indiziario, relativo al medesimo biennio, compreso tra febbraio 2020 e gennaio del 2021, sì che le due ordinanze erano a riguardo perfettamente sovrapponibili;
violazione di legge (artt. 627 e 297, comma 2, cod. proc. pen.) e vizio di motivazione, ritenuta illogica e contraddittoria rispetto all’incidenza della disposizione di cui al comma 2 dell’art. 303 cod. proc. pen. in ipotesi di declaratoria di incompetenza per territorio con trasmissione degli atti al P.M. presso il tribunale ritenuto competente, non giustificandosi la decorrenza ex novo dei termini di custodia cautelare – così come affermato nell’ordinanza impugnata – trattandosi pur sempre di imputazioni confluite nell’unico procedimento reggino.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso Ł inammissibile perchØ presentato per motivi privi della specificità necessaria ex artt. 581, comma 1, e 591, comma 1, lett. c), cod. proc. pen. e, comunque, manifestamente infondati.
In base alla consolidata giurisprudenza di legittimità, anche in materia di riesame delle misure cautelari, il giudice del rinvio ex art. 627 cod. proc. pen. Ł vincolato al principio di diritto
affermato dalla Corte di cassazione ed Ł limitato, nell’indagine di merito devoluta, all’esame dei “punti” della prima decisione attinti da annullamento, con divieto di estendere l’indagine a vizi di nullità o inammissibilità non riscontrati dalla Corte, salva, nella specifica materia, la sopravvenienza di nuovi elementi di fatto, sempre valutabili nel giudizio allo stato degli atti (da ultimo, Sez. 6, n. 34127 del 06/07/2023, Lacatus, Rv. 285159).
Premesso che il ricorrente non deduce fatti sopravvenuti ma fa riferimento agli stessi elementi oggetto dell’istanza al Gip e del successivo atto di appello, dalla piana lettura della sentenza di annullamento si evince (paragrafo 5) che il tribunale del riesame era tenuto a rivalutare i presupposti per la retrodatazione in relazione ai reati contestati ai capi B13, B14 e B15, alla luce dei principi indicati in precedenza, e in relazione alle constatate carenze motivazionali dell’ordinanza impugnata.
2.1. In sede di rinvio, pertanto, il Tribunale, prendendo atto che per i capi B16, B17, B20 e B23 l’ordinanza annullata aveva già riconosciuto l’operatività delle retrodatazione, ha fatto propri i rilievi dalla cassazione – incentrati sulla posizione del coindagato COGNOME, analoga a quella del COGNOME, e sulla considerazione che le due ordinanze cautelari in questione erano state emesse in distinti procedimenti sì che occorreva verificare se i fatti oggetto di tali provvedimenti fossero desumibili dagli atti già prima del momento in cui era intervenuto il rinvio a giudizio per i fatti oggetto della prima ordinanza – e ha concluso nel senso che le fattispecie di cessione contestate ai capi B13, B14 e B15 rientravano nell’ipotesi prevista dal secondo periodo dell’art. 297, comma 3, cod. proc. pen.
In particolare, ha ritenuto sussistente nell’ambito del presente procedimento il presupposto della connessione qualificata di cui all’art. 12, lett. b), cod. proc. pen. nella forma della continuazione, per il compimento di piø azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, atteso che i fatti erano stati posti in essere, come quelli oggetto dell’ordinanza cautelare partenopea, sempre dal COGNOME in concorso con il Ballone nei primi mesi del 2000, e, dunque, nel periodo in cui era stato accertato l’inizio dell’operatività dell’associazione criminale di cui al capo A) della prima ordinanza cautelare; inoltre, sono state esaminate le singole condotte di detenzione in argomento ed Ł stato riscontrato che effettivamente i fatti erano desumibili dagli atti del primo procedimento.
La conseguenza Ł stata quella di dichiarare la perdita di efficacia della misura cautelare disposta con ordinanza del 13/03/2023 dal Gip del Tribunale di Reggio Calabria, con riferimento non solo ai reati di cui ai capi B13, B14 e B15 – oggetto, come evidenziato, della pronuncia di annullamento – ma anche di quelli di cui ai capi B17, B20 e B23, per i quali l’ordinanza annullata aveva già dichiarato l’operatività della retrodatazione ma non la perdita di efficacia della misura, non essendo all’epoca decorsi i termini di fase, decorrenza invece verificatasi nelle more per tutte le suddette imputazioni.
A fronte di tale ricostruzione della vicenda processuale, le censure del ricorrente sono per un verso generiche perchØ non tengono conto degli specifici argomenti dell’ordinanza impugnata circa la delimitazione del devolotum, a seguito dell’annullamento con rinvio della Corte di cassazione, e, per altro, all’evidenza infondate, posto che l’art. 627 cod. proc. pen. imponeva al giudice del rinvio di valutare l’applicazione dell’istituto della retrodatazione esclusivamente con riferimento ai tre capi piø volte menzionati (B13, B14 e B15), così escludendo dall’ambito del nuovo riesame ogni altra incolpazione, ancorchØ per ipotesi menzionata – così come il ricorrente sostiene – nell’istanza originaria e nei successi atti di impugnazione.
Inoltre, essendo stato accolto l’appello sui punti oggetto di rinvio, il ricorrente non ha interesse a far valere ulteriori profili di doglianza in relazione alla vicenda cautelare in argomento, per i profili attinenti all’applicazione dell’istituto della retrodatazione (secondo motivo di ricorso).
Alla dichiarazione d’inammissibilità del ricorso segue, a norma dell’articolo 616 cod. proc.
pen. la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ed al pagamento a favore della Cassa delle Ammende, non emergendo ragioni di esonero, della somma ritenuta equa di euro tremila a titolo di sanzione pecuniaria.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende. manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 24/04/2025.
Il Presidente NOME COGNOME