Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 47601 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 47601 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 06/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME MassimoCOGNOME nato a Pescara il 25/04/1961
avverso l’ordinanza del 16/08/2024 del Tribunale di Reggio Calabria visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’annullamento senza rinvio dell’ordinanza impugnata, limitatamente alla mancata dichiarazione della perdita di efficacia della misura disposta con ordinanza del 13 marzo 2023 emessa dal GIP presso il Tribunale di Reggio Calabria con riferimento al capo B13 ed il rigetto del ricorso nel resto;
udito per l’imputato l’avv. NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso con ogni conseguenza di legge.
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 16/08/2024, il Tribunale di Reggio Calabria, pronunciando in sede di rinvio a seguito della sentenza n. 26948/2024 di quest Corte, in accoglimento parziale dell’appello ex art. 310 cod.proc.pen. propos nell’interesse di COGNOME Massimo, dichiarava la perdita di efficacia della mi della custodia cautelare in carcere disposta con ordinanza del 13 marzo 202 emessa dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Reggio Calabri limitatamente al capo 814) e alle condotte di cui al capo B15), esclusa la condo di cessione del 31.3.2020 di cui al medesimo capo, rigettando nel resto l’appel L’appello cautelare era stato proposto da NOME COGNOME avverso l’ordinanza emessa il 22/01/2024 dal GIP presso lo stesso Tribunale e con la quale era stata integralme rigettata l’istanza finalizzata alla dichiarazione di inefficacia della misura ca disposta in forza dell’ordinanza emessa dallo stesso Ufficio il 13/03/2023, in relaz al disposto dell’art.297 cod.proc.pen. e in relazione all’ordinanza emessa dal presso il Tribunale di Napoli il 25/10/2022, alla cui data era stata chie retrodatazione della seconda misura cautelare. il GIP aveva rilevato che sussisteva il presupposto dell’anteriorità dei fatti contestati nella seconda ordinanza rispetto a oggetto dell’ordinanza emessa dal GIP di Napoli; che, tra alcuni dei fatti conte nelle due ordinanze, sussisteva identità, con specifico riferimento ai fatti contes capi B16 e B17 dell’ordinanza reggina e il capo GG dell’ordinanza napoletana oltre ch del reato associativo contestato ai sensi dell’art.74 del d.P.R. 9 ottobre 1990, n. entrambi i procedimenti; rilevava che non sussisteva il requisito della desumibilità d atti in ordine a tutti i fatti contestati nell’ordinanza del Giudice per le preliminari del Tribunale di dì Reggio Calabria, con l’eccezione del reato associati per l’episodio della consegna di 7 kg di cocaina di cui al capo 817 dell’ordinanza GIP di Napoli e al capo GG di quella del GIP di Reggio Calabria. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Con la precedente ordinanza del 7/3/2024 il Tribunale di Reggio Calabria aveva parzialmente accolto l’appello proposto da NOME COGNOME affermando che non sussistevano dubbi in ordine all’identità del fatto associativo contestato ne procedimenti; aveva riconosciuto l’identità dei fatti oggetto dei capi B16) e B dell’ordinanza del GIP reggino rispetto al capo GG dell’ordinanza emessa dal GIP napoletano; aveva ritenuto che il fatto contestato al capo B20) dell’ordinanza del presso il Tribunale di Reggio Calabria era stato oggetto di contestazione nel più am capo di imputazione FF dell’ordinanza napoletana; a diverse conclusioni giungeva i relazione ai fatti contestati ai capi B13, B14 e B15, trattandosi di fatti diversi a quelli presi in considerazione dal GIP presso il Tribunale di Napoli, rigettando, qu l’appello entro tali limiti. Il Collegio riteneva decorsi per i capi B, B16, B17, B20 i termini di fase in relazione al meccanismo della retrodatazione, ma dichiarava
perdita di efficacia della misura in relazione al solo capo B, non sussistendo per gli altri reati fine l’interesse dell’appellante a una scarcerazione solo formale, permanendo lo stato di detenzione in relazione ai capi B13, B14 e B15; riteneva invece, di giungere a diverse conclusioni in ordine al solo reato associativo, attesa la sussistenza di un interesse collegato alla presunzione dettata dall’art.275, comma 3, cod.proc.pen.
Il Ballone, quindi, proponeva ricorso per cassazione avverso l’ordinanza del 7/3/20224 e questa Corte con la sentenza n. 26948/2024 annullava la predetta ordinanza impugnata con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Reggio Calabria, al fine di rivalutare i presupposti per la retrodatazione anche in relazione ai reati contestati ai capi B13, B14 e B15.
Avverso l’ordinanza emessa dal Tribunale di Reggio Calabria in sede di rinvio a proposto ricorso per cassazione COGNOME MassimoCOGNOME a mezzo del difensore di fiducia, chiedendone l’annullamento ed articolando due motivi di seguito enunciati.
Con il primo motivo deduce violazione di legge penale e vizio della motivazione in relazione agli artt. 297 cpp, 7 CEDU, 24 e 111 Cost, artt. 125,303,310,627 e 628 cod.proc.pen.
Argomenta che il fatto di cui al capo 813 – episodio del 27.2.2020 avente ad oggetto la cessione fi 5 Kg di cocaina in Roma con il coinvolgimento di COGNOME, COGNOME e COGNOME– erano già presenti sia nell’informativa finale della Questura di Napoli che aveva analizzato i giorni 25.2.2020 e 26.2.2020 sino a cristallizzare la cessione dei 5 Kg di cocaina, ricostruendo il luogo, l’orario e l’indirizzo di consegna della sostanza stupefacente che nell’informativa della PG partenopea e nella richiesta di misura cautelare e nell’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di del Tribunale di Napoli in data 25/10/2022. Il Tribunale in sede di rinvio, con argomentazioni in contrasto con la documentazione in atti, aveva ritenuto tale compendio non idoneo a legittimare la richiesta di retrodatazione della misura in quanto il fatto avrebbe ricevuto maggiori dettagli solo nella informativa ROS-Locri del 15.9.2022
Argomenta, poi, che l’episodio di cessione di 2 Kg di cocaina contestato nel capo B15 era stato escluso erroneamente dagli effetti della retrodatazione, riconosciuta per gli episodi contestati nel medesimo capo, nonostante tale condotta rientrasse in un più ampio contesto di detenzione e cessione di 10 Kg di cocaina nel periodo temporale che va dal 9.3.2020 al 8.4.2020 ed il compendio probatorio esaminato dalle due Procure, quella di Napoli e quella di Reggio Calabria, fosse lo stesso; l’opzione valutativa della Procura di Napoli era stata quella di inserire la condotta in questione in un’unica complessa imputazione
mentre quella della Procura reggina era stata quella di scindere le condotte di deposito e cessione.
Con il secondo motivo deduce violazione di legge in relazione agli artt. 125,297,303,310,627 e 628 cod.proc.pen.
Argomenta che il Tribunale aveva omesso di precisare che il riconoscimento della retrodatazione operava anche per i capi di imputazione B16), B17), B20 e B23), nonostante la sentenza di annullamento, pur ritenendo il relativo motivo assorbito, aveva affermato che sussisteva l’interesse del ricorrente a vedersi riconosciuto il titolo della scarcerazione, anche se nella pratica priva di effetti.
La difesa del ricorrente ha chiesto la trattazione orale del ricorso. Il PG ha depositato memoria nella quale ha concluso chiedendo di annullare senza rinvio l’ordinanza impugnata, limitatamente alla mancata dichiarazione della perdita di efficacia della misura disposta con ordinanza del 13 marzo 2023 emessa dal GIP presso il Tribunale di Reggio Calabria con riferimento al capo B13 e di- RIGETTARE il ricorso nel resto.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo di ricorso è fondato.
1.1. Va ricordato che con riguardo alla cd contestazione a catena, rilevante ai fini del disposto dell’art. 297, comma 3, cod.proc.pen. occorre riconoscere tre distinte situazioni, alle quali corrispondono altrettante, distinte regole operative.
In tutti e tre i casi è, comunque, necessario, perché si possa parlare di “contestazione a catena” e perché possa eventualmente trovare applicazione la disciplina della retrodatazione della decorrenza del termine di durata massima della custodia cautelare, che i delitti oggetto della ordinanza cautelare cronologicamente posteriore siano stati commessi in data anteriore a quella di emissione della ordinanza cautelare cronologicamente anteriore (in questo senso, ex plurimis, Sez. 6, n. 31441 del 2012, Rv. 253237; Sez. 6, n. 15821, del 2014 Rv 259771). Il presupposto della anteriorità dei fatti oggetto della seconda ordinanza coercitiva, rispetto all’emissione della prima non ricorre allorché il provvedimento successivo riguarda un reato di associazione e la condotta di partecipazione si sia protratta dopo l’emissione della prima ordinanza.
La prima situazione è quella in cui le due (o più) ordinanze applicative di misure cautelari personali abbiano ad oggetto fatti – reato legati tra loro da concorso formale, continuazione o da connessione teleologica (casi di connessione qualificata), e per le imputazioni oggetto del primo provvedimento coercitivo non sia ancora intervenuto il rinvio a giudizio. In queste circostanze trova applicazione la disposizione dettata dal primo periodo dell’art. 297 c.p.p., comma 3, che non
lascia alcun dubbio sul fatto che la retrodatazione della decorrenza dei termini durata della misura o delle misure applicate successivamente alla prima oper automaticamente e, dunque – impiegando le parole delle Sezioni unite di questa Corte – “indipendentemente dalla possibilità, al momento della emissione della prima ordinanza, di desumere dagli atti l’esistenza dei fatti oggetto delle ordin successive e, a maggior ragione, indipendentemente dalla possibilità di desumere dagli atti l’esistenza degli elementi idonei a giustificare le relative mi Automatica retrodatazione della decorrenza dei termini che risponde all’esigenza “di mantenere la durata della custodia cautelare nei limiti stabili dalla legge, a quando nel corso delle indagini emergono fatti diversi legati da connession qualificata” (così C. Cost., 28 marzo 1996, n. 89), e che si determina solo s ordinanze siano state emesse nello stesso procedimento penale (così Sez. U, n 14535/07 del 19/12/2006, Librato, cit).
La seconda situazione rappresenta una variante della prima, presupponendo comunque l’accertata esistenza, tra i fatti oggetto delle plurime ordina cautelari, di una delle tre forme di connessione qualificata sopra indicate, caratterizzata dall’intervenuta emissione del decreto di rinvio a giudizio per i oggetto del primo provvedimento coercitivo. Tale ipotesi presuppone, ovviamente, che le due o più ordinanze siano state emesse in distinti procedimenti, ma (com hanno chiarito le Sezioni unite nelle più volte richiamate sentenze) è irrilev che gli stessi siano “gemmazione” di un unico procedimento, vale a dire siano l conseguenza di una separazione delle indagini per taluni fatti, oppure che i d procedimenti abbiano avuto autonome origini. In siffatta diversa situazione applica la regola dettata dal secondo periodo dell’art. 297 c.p.p., comma 3, si la retrodatazione della decorrenza dei termini di durata massima delle misur applicate con la successiva o le successive ordinanze opera solo se i fatti ogg di tali provvedimenti erano desumibili dagli atti già prima del momento in cui intervenuto il rinvio a giudizio per i fatti oggetto della prima ordinanza (Cas 42442 del 2013 Rv. 257380, N. 50128 del 2013 Rv. 258500; N. 17918 del 2014 Rv. 259713). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Infine, la terza situazione è quella in cui tra i fatti oggetto d provvedimenti cautelari non esista alcuna connessione ovvero sia configurabile una forma di connessione non qualificata, cioè diversa da quelle sopra considerat del concorso formale, della continuazione o del nesso teleologico) (p quest’ultimo, nei limiti fissati dal codice). Questa ipotesi, che in passato si r pacificamente non riguardare l’art. 297 c.p.p., comma 3, oggi rientra nel cam applicativo di tale disposizione codicistica per effetto della menzionata sente “manipolativa” della Consulta n. 408 del 2005. Ne consegue che la retrodatazione della decorrenza del termine di durata massima della misura cautelare è dovut
“in tutti i casi in cui, pur potendo i diversi provvedimenti coercitivi essere ad in un unico contesto temporale, per qualsiasi causa l’autorità giudiziaria a invece prescelto momenti diversi per l’adozione delle singole ordinanze”. Il giudi deve, perciò, verificare se al momento dell’emissione della prima ordinanz cautelare non fossero desumibili, dagli atti a disposizione, gli elementi emettere la successiva ordinanza cautelare, da intendersi – come sottolineato d Giudici delle leggi – come “elementi idonei e sufficienti per adottare provvedimento cronologicamente posteriore. Tale regola vale solo se le due ordinanze siano state emesse in uno stesso procedimento penale, perché se i provvedimenti cautelari sono stati adottati in procedimenti formalmente different per la retrodatazione occorre verificare, oltre che al momento della emissione de prima ordinanza vi fossero gli elementi idonei a giustificare l’applicazione d misura disposta con la seconda ordinanza, che i due procedimenti siano in corso dinanzi alla stessa autorità giudiziaria e che la separazione possa essere st frutto di una scelta del pubblico ministero (così Sez. U, n. 14535/07 19/12/2006, Librato, cit; conf., in seguito, su tale specifico aspetto, Sez. 44381 del 25/11/2010, Noci, Rv. 248895; Sez. 1, n. 22681 del 27/05/2008, COGNOME, Rv. 240099).
Le Sezioni Unite di questa Corte hanno, poi, specificato che in tema di plurali di misure cautelari emesse in procedimenti pendenti dinanzi a uffici giudizi diversi, la retrodatazione del termine di durata può riconoscersi esclusivame qualora, tra i fatti oggetto dei due provvedimenti cautelari, sussista una ipotesi di connessione qualificata previste datrart.297, comma 3, cod. proc. pe consistente nel concorso formale di reati, nel reato continuato o nella connessi teleologica, limitatamente ai casi di reati commessi per eseguire gli altri (Se n. 23166 del 28/05/2020, COGNOME Rv. 279347 – 02).
Nel caso in cui le ordinanze cautetari adottate in procedimenti diver riguardino invece fatti tra i quali non sussiste la suddetta connessione elementi giustificativi della seconda erano già desumibili dagli atti al mome della emissione della prima, i termini della seconda ordinanza decorrono dal giorn in cui è stata eseguita o notificata la prima, solo se i due procedimenti so corso davanti alla stessa autorità giudiziaria e la loro separazione può essere f di una scelta del pubblico ministero, sicché la regola della retrodatazione conce normalmente misure adottate nello stesso procedimento e può applicarsi a misure disposte in un procedimento diverso solo nelle ipotesi testé indicate (Sez. U 14535 del 19/12/2006, dep. 2007, Librato, Rv. 235909; Sez. U, n. 21957 del 22/03/2005, Rahulia, Rv. 231058).
1.2. La fattispecie che ci occupa rientra nel secondo dei casi esposti questione rimessa al giudice del rinvio attiene esclusivamente alta valutazio
della anteriore esumibilità delle fonti indiziarie in relazione ai reati conte capi B13, B14 e B15.
Va ricordato che questa Corte ha più volte affermato che, in tema di retrodatazione della decorrenza dei termini di custodia cautelare, la nozione anteriore “desumibilità” delle fonti indiziarie, poste a fondamento dell’ordina cautelare successiva, dagli atti inerenti la prima ordinanza cautelare, per es rilevante ai fini del meccanismo di cui all’art. 297, comma 3 cod.proc.pen, de essere individuata nella condizione di conoscenza, da un determinato compendio documentale o dichiarativo, degli elementi relativi ad un determinato fatto-rea che abbiano in sè una specifica “significanza processuale”; ciò che si verif allorquando il pubblico ministero procedente sia nella reale condizione di avvale di un quadro sufficientemente compiuto ed esauriente (sebbene modificabile nel prosieguo delle indagini) del panorama indiziario, tale da consentirgli di esprim un meditato apprezzamento prognostico della concludenza e gravità delle fonti indiziarie, suscettibili di dare luogo – in presenza di concrete esigenze caute alla richiesta ed all’adozione di una misura cautelare (Sez.3, n. 48034 25/10/2019, Rv. 277351 – 02; Sez 3 n. 18671 del 15.1.2015, Rv 263511; Sez. 6, n. 11807 del 11/02/2013, COGNOME, Rv. 255722; Sez. 4, n. 15451 del 14/03/2012, COGNOME, Rv. 253509).
1.3. Ciò posto, osserva il Collegio che la motivazione (pp 5 e 6) relat all’esclusione della retrodatazione per il residuo reato di cui al capo B13)- ces di 5 Kg di cocaina del 27.2.2020 – è viziata perché presenta aspetti contraddittorietà: il Tribunale dopo aver richiamato i principi regolanti la mate analizza il contenuto della informativa (informativa conclusiva della Squadr Mobile e della Guardia di Finanza di Napoli del 18.03.2022) sulla cui base veniva emessa la prima ordinanza cautelare dal Giudice per le indagini preliminari d Tribunale di Napoli in data 25/10/2022, sottolineando che emergeva chiaramente che gli interlocutori delle conversazioni riportate (COGNOME e COGNOME in alc COGNOME e COGNOME in altre) parlavano di una cessione di cocaina non inferiore 5 Kg, del trasporto della sostanza stupefacente a Roma e dell’avvenuta consegna dello stupefacente; il Tribunale, quindi, dopo aver evidenziato fa concludenza gravità delle fonti indiziarie in ordini agli aspetti essenziali del reato di ces stupefacente fin dalla predetta informativa emergano concludenza e gravità dell fonti indiziarie fin dalla prima informativa, concludeva, invece, escludendo udesumibitità” dagli atti degli elementi posti alta base detta seconda ordinanza momento dell’emissione della prima ordinanza; affermava, in particolare, che i quadro indiziario non poteva ritenersi sufficiente per adottare il provvedime cronologicamente posteriore, emesso dal Giudice per le indagini preliminari de Tribunale di Reggio Calabria in data 13/03/2023, in quanto solo nella informativ
reggina (informativa dei R.O.S./CC Locri del 15.9.2022) si precisavano meglio l’iniziale programmazione della condotta illiceità ed i particolari dell esecuzione (in particolare l’indirizzo del destinatario della cocaina e te informa ricevute dal corriere circa la consegna e ricezione del denaro).
Dalla lettura dell’ordinanza impugnata, emerge, pertanto, chiaramente che i compendio istruttorio evidenziato in entrambe le informative di PG è caratterizzat da un identico tasso di specificazione della condotta, contestata sia nella ordin cautelare emessa dall’autorità giudiziaria napoletana che in quella emessa Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Reggio Calabria.
Deve, quindi, annullarsi senza rinvio sul punto l’ordinanza impugnata, ai sen dell’art. 620 lett. t) cod.proc.pen. non essendo necessari ulteriori accertame fatto, con conseguente operatività della retrodatazione con riferimento al pu concernente la residua vicenda di cui al capo B13 e dichiarazione di perdita efficacia della misura cautelare per tale capo, decorrendo il termine di fase d all’art. 303 lett. a) n. 3 cod.proc.pen. dalla data di esecuzione della ordinanza cautelare (16.11.2022).
Del pari viziata è la motivazione (pp 7) relativa all’esclusione d retrodatazione per il residuo reato di cui al capo B15 – cessione di 2 Kg di coc del 31.3.2020- con riferimento alla cessione del 31 marzo 2020, in quanto carent e contraddittoria: il Tribunale pur dando atto della circostanza che nell’informa del 18.3.2022 venivano riportati messaggi intercorsi tra COGNOME e COGNOME sia 30.3.2020 che il 1.4.2020, nei quali si parlava di una cessione di “due pacch della consegna di somme di denaro, ha escluso il requisito della anterio “desumibilità dagli atti”, senza valutare compiutamente il quadro probatorio senza argomentare in ordine alla valenza indiziaria o meno degli element menzionati; il Tribunale si è limitato ad affermare che al momento di emission della prima ordinanza cautelare non poteva dirsi sussistente, in ordine all’epis in questione, un compendio probatorio caratterizzato da gravità indiziaria, se suffragare l’assunto con argomentazioni concrete e coerenti con gli elemen probatori evidenziati.
Deve, quindi, annullarsi con rinvio sul punto l’ordinanza impugnata, affinch il Tribunale proceda ad un nuovo accertamento in fatto e colmi la carenz motivazionale rilevata.
E’ fondato anche il secondo motivo di ricorso.
La sentenza di annullamento n. 26948/2024 aveva rilevato l’erroneità della prima decisione del Tribunale nella parte in cui era stata ritenuto la caren interesse dell’appellante alla scarcerazione solo formale riferita ai capi B16, B17, e B, per i quali era stata riconosciuta operante la retrodatazione richiamando il prin espresso da questa Corte in base al quale, in tema di c.d. contestazione a cat
l’indagato ha interesse ad ottenere la scarcerazione in riferimento all’adde cautelare per il quale i termini di custodia siano scaduti pur permanendo nello stato detenzione cautelare per altro addebito, se i titoli cautelari afferiscono a procedim diversi, e ciò pur quando, per effetto della regola della retrodatazione, i termini varie misure cautelari decorrono tutti dall’esecuzione della prima ordinanza (Sez. 1, 42012 del 28/10/2010, Brescia, Rv. 249074; Sez. 3, n. 30719 del 18/09/2020, Bronte, Rv. 280019)
Il Tribunale ha riportato sul punto la decisione del primo appello cautelare, da atto che con riferimento ai capi B16, B17, 620 e B23 il Tribunale aveva ritenuto che termini di fase erano decorsi e richiamato il principio di diritto di cui alla succitat 3, n. 30719 del 18/09/2020, Bronte, Rv. 280019; ha, però, omesso di trarne le relativ conseguenze, e, cioè, di dichiarare la perdita di efficacia della misura cautelare p capi in questione.
Ai sensi dell’art. 620 lett. I) cod.proc.pen. non essendo necessari ulter accertamenti di fatto, va, pertanto, disposto l’annullamento senza rinvio sul pun ed emessa declaratoria di inefficacia della misura cautelare per i predetti capi.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata limitatamente al reato di cui al capo B13 e dichiara la perdita di efficacia della misura cautelare per tale c nonchè per i capi B16, B17, 620 e 623. Annulla l’ordinanza impugnata relativamente al punto concernente la residua vicenda di cui al capo B15 e rinvi per nuovo giudizio al Tribunale di Reggio Calabria competente ai sensi dell’art 309, comma 7, cod.proc.pen. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp.att. cod.proc.pen.
Così deciso il 06/11/2024