Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 46556 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 46556 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 05/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOMECOGNOME nato a Palmi il 24/03/1981
avverso l’ordinanza del 01/08/2024 del Tribunale di Reggio Calabria visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo di dichiarare inammissibile il ricorso; udito per il ricorrente l’avv. NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del primo agosto 2024 il Tribunale di Reggio Calabria ha rigettato l’appello cautelare proposto nell’interesse di NOME COGNOME n confronti dell’ordinanza del 13 luglio 2024 del Giudice per le indagini prelimin del medesimo Tribunale, con la quale era stata rigettata la richiest dichiarazione della perdita di efficacia della misura cautelare della custodi carcere applicata allo stesso COGNOME con ordinanza del primo luglio 2024, o sostituzione di tale misura con quella degli arresti domiciliari, disposta in rela ai reati di cui agli artt. 74 d.P.R. 309/90 e 416-bisl cod. pen. (capo A della rubrica provvisoria) e di cui agli artt. 81 cpv., 110, 416-bisl cod. pen. e 73, commi 4 e 6, e 80, comma 2, d.P.R. 209/90 (capo B della rubrica provvisoria), istanza, peraltr che era già stata avanzata con la richiesta di riesame presentata nei confro dell’ordinanza applicativa della misura e rigettata dal medesimo Tribunale d Reggio Calabria con ordinanza del 25 luglio 2024 (anch’essa impugnata con ricorso per cassazione dall’indagato, avente il n. 33892 del 2024, fissato per la discuss nell’udienza odierna).
Avverso tale ordinanza l’indagato ha proposto ricorso per cassazione, mediante l’Avvocato NOME COGNOME che lo ha affidato a un unico motivo, con il quale ha lamentato, a norma dell’art. 606, primo comma, lett. b), c) ed e), c proc. pen., la violazione dell’art. 297, terzo comma, cod. proc. pen.
Ha esposto che l’iniziale informativa di reato era nella disponibilità del pubb ministero di Reggio Calabria sin dal 2019 e che la presenza del ricorrente nel piantagione di sostanze stupefacenti era stata registrata per la prima volta marzo 2021 e successivamente il 31 marzo 2021, con la conseguenza che risulterebbe errata l’affermazione contenuta nell’ordinanza impugnata e posta fondamento della esclusione della retrodatazione dei termini massimi di durata della custodia cautelare, secondo cui il coinvolgimento del ricorrente sarebbe st conosciuto solamente il 14 maggio 2021, successivamente alla esecuzione della prima misura, in quanto il pubblico ministero aveva già conoscenza del fatto della partecipazione del ricorrente alla attività delittuosa, attraverso le rich proroga delle intercettazioni formulate dalla polizia giudiziaria.
In particolare il pubblico ministero già nell’aprile del 2021 era a conosce dell’esistenza della piantagione illecita, della presenza del ricorrente su qu (in quanto videoripreso e identificato dalla polizia giudiziaria il 31 marzo 20 del fatto che tale NOME COGNOME fosse intenzionato a trascorrere la latit all’interno della piantagione, nonché della circostanza che costui era a conoscen del fatto che stava per essere arrestato, cosicché la sua partecipazione alla at delittuosa era nota al pubblico ministero che procedeva sin dal mese di aprile 202
con la conseguente irrilevanza, nella prospettiva della individuazione del momento di conoscenza della partecipazione alla attività delittuosa, del definitivo accertamento di tale attività il 31 maggio 2021, in occasione dell’intervento della polizia giudiziaria presso tale piantagione.
Ha aggiunto che anche gli indizi di responsabilità in ordine al reato associativo ex art. 74 d.P.R. 309/90 di cui al capo a) erano emersi antecedentemente alla esecuzione della prima misura cautelare, attraverso le operazioni di intercettazione.
Ha quindi concluso chiedendo l’annullamento dell’ordinanza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
Giova premettere che in tema di retrodatazione della decorrenza dei termini di custodia cautelare, per l’anteriore “desumibilità” dagli atti del fatto oggetto della seconda ordinanza, emessa in un diverso procedimento e per fatti diversi e non legati da un rapporto di connessione qualificata con i primi, è necessario che il quadro legittimante l’adozione della misura cautelare sussista sin dal momento di emissione del primo provvedimento, non essendo sufficiente a tal fine la mera esistenza della notizia del fatto-reato, né che la successiva ordinanza si fondi su elementi probatori già presenti nella prima, potendo gli stessi non manifestare sin dall’inizio il loro significato in modo immediato ed evidente (Sez. 3, n. 20002 del 10/01/2020, COGNOME, Rv. 279291 – 01, che, in applicazione di tale, principio ha ritenuto immune da censure l’ordinanza del riesame che aveva ritenuto irrilevante, ai fini della pregressa conoscibilità degli elementi, l’iscrizione della notizia di reat nel registro di cui all’art. 335 cod. proc. pen. e l’autorizzazione allo svolgimento di intercettazioni telefoniche; v. anche Sez. 2, n. 18879 del 30/04/2021, COGNOME, Rv. 281230 – 01, e Sez. 1, n. 12700 del 27/09/2019, dep. 2020, Trapani, Rv. 278910 – 01; nonché Sez. U, n. 45246 del 19/07/2012, Polcino, Rv. 253549 – 01 e Sez. U, n. 14535 del 19/12/2006, dep. 2007, Librato, Rv. 235909 – 01).
Ora, nel caso in esame, il Tribunale di Reggio Calabria, nel disattendere la richiesta del ricorrente, ha riportato quanto esposto analiticamente nella precedente ordinanza del 25 luglio 2024 dello stesso Tribunale, di rigetto della richiesta di riesame presentata dal medesimo ricorrente, nella quale, nel disattendere, tra l’altro, anche l’identica censura, era stato chiaramente illustrato come al momento della emissione della precedente ordinanza di custodia in cautelare, in data 11 maggio 2021, in relazione a una contestazione del reato di cui all’art. 629 cod. pen. aggravato ai sensi dell’art. 416-bisl cod. pen., commesso
nel 2017, privo di connessione qualificata con gli altri reati contestati al ricorrente (commessi, quello associativo, tra febbraio e ottobre 2021, e, quello di coltivazione di stupefacenti, tra febbraio e maggio 2021), non fossero noti gli elementi indiziari relativi agli altri reati in relazione ai quali è stata emessa la misura oggetto delle richieste del ricorrente, in quanto la prima comunicazione di notizia di reato a essi relativa è del 12 maggio 2021 ed è stata depositata presso la Procura della Repubblica in Reggio Calabria il 14 maggio 2021; solamente il 30 novembre 2021, sulla base dell’esito complessivo delle videoriprese e delle altre indagini svolte, erano, però, emersi gli elementi indizianti a carico del ricorrente in ordine agli altri reati (ossia quelli in relazione ai quali è stata emessa la misura oggetto delle richieste del ricorrente), che nella fase iniziale delle indagini non era neppure stato sottoposto a intercettazioni, concludendo per l’insufficienza di elementi indiziari gravi a carico del ricorrente al momento della emissione della prima ordinanza di custodia cautelare (nel procedimento denominato “Eyphemos”), sottolineando anche come la contestazione del reato di cui al capo b) indica come data di consumazione il 31 maggio 2021 e quella del reato associativo di cui al capo a) quella del 30 ottobre 2021, persistendo il vincolo associativo anche successivamente all’arresto del ricorrente, avvenuto il 14 maggio 2021.
Si tratta di argomenti ampiamente idonei a giustificare il rigetto della richiesta di retrodatazione dei termini di durata della custodia cautelare, essendo stato spiegato analiticamente e con chiarezza come all’atto della emissione della prima misura cautelare non fosse nota la gravità e la concludenza degli elementi indiziari a carico del ricorrente in relazione alle contestazioni oggetto del procedimento in esame, essendo il ricorrente solamente stato ripreso in occasione del suo accesso presso la piantagione di cannabis il 31 marzo 2021, in quanto tali elementi sono emersi nella loro gravità solo successivamente, dallo sviluppo e dall’approfondimento delle indagini.
Tali argomenti non sono stati affatto considerati dal ricorrente, tantomeno in modo critico, in quanto questi si è limitato a sostenere, genericamente, la conoscenza da parte del pubblico ministero degli elementi a carico anteriormente alla emissione della prima ordinanza di custodia cautelare, senza esaminare né considerare quanto analiticamente esposto nell’ordinanza impugnata per disattendere tale richiesta, con la conseguente inammissibilità delle sue doglianze, prive della necessaria specificità, sia intrinseca sia estrinseca, e manifestamente infondate, alla luce della piena esaustività e correttezza di quanto esposto nell’ordinanza impugnata.
Il ricorso deve, dunque, essere dichiarato inammissibile, a cagione della genericità, intrinseca ed estrinseca, e della manifesta infondatezza delle censure alle quali è stato affidato.
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, ex art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento, nonché del versamento di una somma in favore della Cassa delle Ammende, che si determina equitativamente, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di euro 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
La Corte dispone inoltre che copia del presente provvedimento sia trasmessa al Direttore dell’Istituto Penitenziario competente, a norma dell’art. 94, comma Iter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 5/12/2024