Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 37816 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 37816 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 10/09/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 07/04/2025 del TRIB. LIBERTA’ di NAPOLI
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME COGNOME; lette~te le conclusioni del PG MARIA FRANCESCA LOY Led L. 44- U 3 CA2- ek GLYPH o ‘;’, cà- 0. e GLYPH Q– GLYPHe-1 C c21- 4A . GLYPH Lo 1 -nc) –
RITENUTO IN FATTO
1. Con l’ordinanza in epigrafe il Tribunale del riesame di Napoli ha respinto l’appello avanzato dalla difesa di NOME COGNOME avverso il provvedimento con cui il G.i.p. del Tribunale di Napoli, in data 30 gennaio 2025, rigettava la richiesta di revoca della misura della custodia cautelare in carcere disposta con ordinanza del medesimo G.i.p. del 9 dicembre 2024 in ordine a otto delitti di detenzione e porto illegali di armi e a un reato di pubblica intimidazione con uso di armi, delitti tutti aggravati ex art. 416-bis.1 cod. pen., commessi tra il 27 dicembre 2023 e l’11 gennaio 2024.
L’ordinanza di appello premette che COGNOME invocava davanti al primo Giudice il riconoscimento della retrodatazione del computo dei termini di custodia cautelare ex art. 297, comma 3, cod. proc. pen. con riferimento all’ordinanza applicativa della custodia cautelare in carcere, emessa nella data in ultimo indicata, in relazione ad altra ordinanza del 20 gennaio 2024, con cui COGNOME era stato sottoposto alla misura della custodia cautelare in carcere in ordine ai delitti di detenzione di arma da guerra clandestina e di ricettazione della stessa, di tentato omicidio, di detenzione e porto in luogo pubblico di armi comuni da sparo e, infine, di pubblica intimidazione con uso di armi, commessi il 17 e 18 gennaio 2024, delitti tutti aggravati ex art. 416-bis.1 cod. pen.
Rileva che nell’appello l’indagato ripropone l’istanza di retrodatazione osservando che i fatti contestati nella prima ordinanza e quelli contestati nella seconda trovano la loro genesi nel medesimo filone investigativo e che l’informativa finale, depositata mesi dopo l’emissione della prima ordinanza, riepiloga un’attività investigativa suscettibile di offrire elementi idonei a potere anche solo ipotizzare il coinvolgimento di COGNOME negli episodi delittuosi, commessi in precedenza, poi contestati con la seconda ordinanza. Osserva che, in particolare, la difesa ritiene che, nel caso di specie, i fatti contestati nella seconda ordinanza siano commessi anteriormente all’emissione della prima ordinanza e sussista per gli stessi un’ipotesi di connessione qualificata ai sensi dell’art. 12, comma 1 lett. b) e c), cod. proc. pen. Aggiunge che è onere della parte, che invoca l’applicazione della retrodatazione della decorrenza del termine di custodia cautelare, fornire la prova che, sulla scorta degli atti del procedimento nel quale è stata emessa la ordinanza custodiale
precedente, erano desumibili tutti gli elementi probatori posti a base dell’ordinanza successiva; e che, non avendo COGNOME assolto a detto onere, l’appello cautelare va rigettato.
Avverso detta ordinanza propone ricorso per cassazione NOME COGNOME, a mezzo del proprio difensore di fiducia, deducendo violazione di norma processuale penale e in particolare dell’art. 297, comma 3, cod. proc. pen., e vizio di motivazione.
La difesa censura l’ordinanza impugnata laddove ha ritenuto che essa difesa non avesse indicato le fonti investigative già conosciute al momento dell’emissione della prima ordinanza, sebbene la stessa avesse rimandato all’integrale lettura dell’informativa finale di reato del 14 ottobre 2024.
Il difensore, dopo l’indicazione degli estremi delle due ordinanze e dei reati di riferimento e il rimando alla lettura integrale di detta informativa, evidenzia che le due ordinanze contemplano l’identità dei soggetti indagati, del periodo temporale e del contesto territoriale di riferimento, come evincibile da detta informativa, e che riguardano fatti temporalmente precedenti all’emissione della prima ordinanza di custodia cautelare e già noti all’ufficio di Procura.
Insiste, pertanto, per l’annullamento dell’ordinanza impugnata e per ogni conseguente determinazione.
Disposta la trattazione scritta del procedimento, il Sostituto Procuratore generale presso questa Corte, AVV_NOTAIO, conclude per la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
Il caso in esame riguarda la possibilità di retrodatazione, a norma dell’art. 297, comma 3, cod. proc. pen., ai fini della decorrenza degli effetti della custodia cautelare, nell’ ipotesi di più ordinanze applicative di misure cautelari per fatti diversi in procedimenti diversi.
Va, quindi, premesso che questa Corte a Sezioni Unite, con la sentenza n. 21957/2005, ritenendo che l’art. 297 cod. proc. pen., novellato comma 3, come sostituito dalla I. n. 332 del 1995, art. 12, avesse voluto introdurre un aumento dei casi di retrodatazione automatica, ha operato una ulteriore interpretazione adeguatrice della
disposizione, in senso più garantista, in particolare affermando che, nel caso di reati diversi legati da concorso formale, da continuazione o da connessione teleologica, commessi ovviamente in momento anteriore alla prima ordinanza, la retrodatazione delle misure disposte con le ordinanze successive opera indipendentemente dalla possibilità, al momento della emissione della prima ordinanza, di desumere dagli atti la esistenza dei fatti oggetto delle ordinanze successive e, a maggior ragione, indipendentemente dalla possibilità di desumere dagli atti l’esistenza degli elementi idonei a giustificare le relative misure, e che opera pure nei casi in cui non sussista la connessione prevista dall’art. 297, comma 3, cod. proc. pen., se al momento della emissione della prima ordinanza erano desumibili dagli atti gli elementi che avevano giustificato le ordinanze successive (con la precisazione che il suddetto principio non si applica con riferimento a misure cautelari disposte in procedimenti diversi). Tuttavia ha ritenuto la operatività della retrodatazione pure rispetto ai fatti oggetto di un diverso procedimento, in relazione ai quali esista peraltro una connessione qualificata, se questi erano desumibili dagli atti prima del rinvio a giudizio per il fatto o per i fatti oggetto della prima ordinanza (nell’affermare tale principio la Corte ha precisato che quello previsto dal terzo comma del suddetto articolo è l’unico caso in cui opera la regola della retrodatazione per fatti oggetto di procedimenti diversi). Successivamente alla suddetta sentenza è intervenuta sul punto anche la Corte Costituzionale, la quale, con la sentenza n. 408 del 24 ottobre 2005, pur dando atto della interpretazione adeguatrice della Corte di legittimità, ha escluso che l’orientamento espresso da ultimo dalla Sezioni Unite costituisse diritto vivente ed ha quindi dichiarato la illegittimità costituzionale dell’art. 297, comma 3, cod. proc. pen., nella parte in cui non si applica anche a fatti diversi non connessi quando risulti che gli elementi per emettere la nuova ordinanza erano già desumibili dagli atti al momento della emissione della precedente ordinanza. Anche la Corte Costituzionale ha quindi ritenuto che, in ipotesi di connessione non qualificata, l’esclusione della retrodatazione risulti ingiustificata soltanto nel caso in cui, al momento della emissione della prima ordinanza, erano già desumibili dagli atti gli elementi che avevano legittimato l’emissione delle ordinanze successive. Ed ha all’uopo rilevato che in una cornice normativa attenta a calibrare l’intera disciplina dei termini di durata delle misure limitative della libertà personale e di quelle custodiali in particolare, sulla falsariga dei valori della adeguatezza e della
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proporzionalità, nessuno spazio poteva residuare in capo agli organi titolari del potere cautelare di scegliere il momento a partire dal quale potevano essere fatti decorrere i termini custodiali in caso di pluralità di titoli e di fatti reato cui essi si riferivano. Se dunque il legislatore ha ritenuto di dovere stabilire meccanismi legali di retrodatazione automatica nel caso in cui sussista il nesso di connessione qualificata, a maggior ragione l’identico regime di garanzia dovrà operare – sempre secondo la Corte Costituzionale – in tutti i casi in cui, pur potendo i diversi provvedimenti custodiali essere adottati in un unico contesto temporale, la autorità giudiziaria, per qualsiasi causa, abbia invece prescelto momenti diversi per la adozione delle singole ordinanze, facendo così dipendere la durata della custodia cautelare non da un dato obiettivo, quale quello della acquisizione degli elementi idonei e sufficienti per adottare i diversi provvedimenti cautelari, bensì da una imponderabile valutazione soggettiva degli organi titolari del potere cautelare. Sulla scia di detta sentenza della Consulta è intervenuta la sentenza delle Sezioni Unite di questa Corte n.14535 del 2006, inferendo dal principio in ultimo indicato che sebbene “di regola” la retrodatazione sia rimedio “endoprocedimentale”, la sua operatività tuttavia “non si può escludere nei casi in cui i procedimenti…avrebbero potuto essere riuniti e risultano separati per una scelta del pubblico ministero”. Cristallizzando il principio per cui in questi casi – di procedimenti diversi per fatti diversi non legati da connessione qualificata – la retrodatazione può operare allorquando non solo ricorra la duplice condizione della anteriorità dei fatti e della desumibilità dagli atti degli elementi atti a giustificare l’emissione delle ordinanze successive al momento dell’adozione della prima ordinanza, ma la separazione dei procedimenti sia, altresì, legata ad una scelta indebita del P.m. E dando il via ad una giurisprudenza in tal senso orientata (Sez. 1, Sentenza n. 22681 del 27/05/2008 Cc., Rv. 240099; Sez. 2, n. 44381 del 25/11/2010, COGNOME, Rv. 248895; Sez. 6, n. 11807 del 11/02/2013, Paladini, Rv. 255721).
E’, inoltre, principio consolidato che, in tema di contestazioni a catena, la parte che nel procedimento di riesame invoca l’applicazione della retrodatazione della decorrenza del termine di custodia cautelare ha l’onere di fornire la prova della esistenza di una connessione qualificata e della desumibilità dagli atti del fatto oggetto della seconda ordinanza già al momento dell’emissione del primo provvedimento, quali condizioni che legittimano l’operatività della disciplina prevista dall’art. 297, comma 3,
cod. proc. pen. (Sez. 3, n. 18671 del 15/01/2015, COGNOME, Rv. 263511; in senso conforme Sez. 5, n. 49793 del 05/06/2013, COGNOME, Rv. 257827, secondo cui detta parte deve fornire la prova dell’esistenza delle condizioni di applicazione di tale retrodatazione riferite al termine interamente scaduto al momento del secondo provvedimento cautelare e alla desumibilità dall’ordinanza applicativa della misura di tutti gli elementi idonei a giustificare l’ordinanza successiva).
La motivazione dell’ordinanza impugnata fa, quindi, correttamente leva sulla mancata indicazione, ad opera dell’appellante, come sarebbe stato suo onere fare allegando gli atti a sostegno di tale prospettazione, delle fonti investigative, idonee a fornire un quadro indiziario su cui fondare la richiesta di misura cautelare nei confronti di COGNOME anche per gli episodi contestatigli nella seconda ordinanza, che sarebbero state presenti nel procedimento nell’ambito del quale è stata emessa la prima ordinanza. E osserva che tale mancata indicazione, in uno con il fatto che, come rilevato dal G.i.p. nell’ordinanza appellata, le informative poste a base della richiesta della misura di cui si chiede la retrodatazione sono del 16 aprile e del 14 ottobre 2024, successive, quindi, all’emissione della prima ordinanza, non consente di ritenere, in mancanza di una concreta specificazione da parte dell’appellante di elementi da cui desumere l’anteriorità della conoscibilità delle fonti indiziarie, che gli elementi indiziari su cui è stata formulata la richiesta di misura cautelare sottesa alla seconda ordinanza emessa fossero già presenti al momento dell’emissione della prima ordinanza cautelare del gennaio 2024.
Il ricorrente, di contro, al di là dei riferimenti agli estremi delle due ordinanze che si sono susseguite e della generica insistenza su detta informativa, risolve la censura evidenziando che le due ordinanze contemplano l’identità dei soggetti indagati, del periodo temporale e del contesto territoriale di riferimento, ma non afferma che l’episodio di intimidazione pubblica con uso di armi e i delitti di armi di cui alla seconda ordinanza di custodia cautelare avevano già formato oggetto di prova sotto il profilo gravemente indiziario nei confronti di NOME COGNOME sulla base dell’informativa citata o di altre fonti inserite nel primo procedimento.
Il ricorso è pertanto generico, ponendosi in termini meramente contestativi, oltre che reiterativo e aspecifico, ribadendo i medesimi argomenti già ritenuti insufficienti dal Giudice dell’ordinanza appellata e dai Giudici del riesame in sede di appello cautelare.
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Ì
Alla dichiarazione di inammissibilità consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte cost., sent. n. 186 del 2000), anche al versamento a favore della Cassa delle ammende di una sanzione pecuniaria che pare congruo determinare in euro tremila.
Non derivando dalla presente decisione la rimessione in libertà del ricorrente deve disporsi – ai sensi dell’art. 94, comma 1 ter, delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale – che copia della stessa sia trasmessa al direttore dell’istituto penitenziario in cui l’imputato trovasi ristretto, perché provveda a quanto stabilito dal comma 1 bis del citato articolo 94.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso in Roma, il 10 settembre 2025.