Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 7477 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 7477 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 10/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a LATINA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 14/09/2023 del TRIB. LIBERTA’ di ROMA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette/sentite le conclusioni del PG NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso.
uditi i difensori del ricorrente:
AVV_NOTAIO insiste per l’accoglimento del ricorso.
L’AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO COGNOME si riporta al ricorso e ne chiede l’accoglimento.
RITENUTO IN FATTO
1.Con l’ordinanza impugnata, il Tribunale del riesame di Roma ha rigettato l’appello proposto d NOME COGNOME, confermando la decisione con la quale il Gip di Roma aveva respinto l’istanza di declaratoria di inefficacia della misura cautelare della custodia in carcer decorrenza dei termini di custodia cautelare, sostenendo che tutti i reati contestati l’ordinanza applicativa del 16 settembre 2021 sono antecedenti e intimamente connessi a quelli della prima ordinanza del 01/12/2020, ivi compreso il reato associativo, cessato, rispetto ricorrente, a seguito della sua carcerazione, iniziata già prima con un titolo cautelare del 01 2020, data a partire dalla quale l’indagato è sempre stato sottoposto a misura detentiv L’ordinanza impugnata ha negato l’applicazione dell’istituto della retrodatazione di cui al 297, comma 3, cod. proc. pen., sul rilievo dell’assenza del requisito dell’anteriorità, rispet prima ordinanza, dei fatti oggetto del provvedimento (ordinanza del 16 settembre 2021) rispett al quale l’istituto era stato invocato.
Ricorre per cassazione l’indagato, con il ministero dei difensori di fiducia, prof NOME COGNOME e AVV_NOTAIO NOME COGNOME, che si affidano a due motivi.
2.1. Con il primo motivo, sono denunciati inosservanza degli artt. 297 co. 3 e 303 cod. pro pen., e correlati vizi della motivazione, per manifesta illogicità con riferimento ad precedente ordinanza del Tribunale del riesame del 13 aprile 2022 e alla sentenza della Suprema Corte n. 8531/2023 adottata nei confronti di NOME COGNOME, classe DATA_NASCITA, omonimo del ricorrente. Viene richiamato l’orientamento giurisprudenziale a tenore del quale, in tema contestazioni a catena, ai fini della retrodatazione dei termini di decorrenza della cust cautelare disposta per il reato di associazione mafiosa, il provvedimento coercitivo che limit libertà personale dell’indagato per il primo fatto di reato determina una presunzione relativ non interruzione della condotta partecipativa, la protrazione della quale, in presenza di conc allegazioni difensive, deve, tuttavia, essere desunta da concreti elementi dimostrativi, se fermarsi al mero dato formale dell’assenza di forme espresse di dissociazione, e dovendo escludersi sia la necessità di positiva dimostrazione della dissociazione dal reato associativo l’onere dell’istante di indicazione di elementi sintomatici della rescissione del vincolo. Sos la Difesa ricorrente che, invece, l’ordinanza impugnata avrebbe, erroneamente, preteso dal ricorrente la dimostrazione dell’avvenuto recesso, omettendo di verificare se l’assenza di conta di valenza operativa durante la detenzione con altri associati e la contemporanea assenza di colloqui con familiari, rivelatori della persistenza del rapporto con il gruppo, dedotta dalla fossero elementi idonei a superare la presunzione relativa di permanenza del vincolo associativo L’unico contatto telefonico con i familiari rientra, infatti, secondo la deduzione difensiva normale dinamica di rapporti familiari. Secondo il ricorrente, dunque, la avvenuta privazi della libertà personale, il 16/12/2020, avrebbe ha determinato la interruzione della condo partecipativa, mentre gli elementi sintomatici della partecipazione – indicati nella ordina sono tutti da ricondurre a epoca antecedente alla data del primo arresto, o comunque, risultano inidonei rispetto a tale finalità dimostrativa.
2.2. Con il secondo motivo sono denunciati vizi della motivazione, mancante e manifestamente illogica, con riguardo alla valenza dimostrativa del contatto telefonico del 30 ottobre 2020 c familiari e delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia COGNOME COGNOME COGNOME COGNOME permanenza del vincolo associativo durante la detenzione.
2.2.1. Il colloquio telefonico che il ricorrente ha avuto, servendosi di un telefono cel intestato a terzi, il 30/10/2020 con alcuni familiari, può essere al più indicativo della perman del vincolo fino a tale data – mesi prima della emissione della prima ordinanza cautelare d dicembre 2020 – non certo per il periodo successivo; in ogni caso, la conversazione non evidenzia contatti di valenza operativa con l’associazione durante la detenzione.
2.2.2. Con riguardo alle dichiarazioni del collaboratore COGNOME, del tutto trascurate Tribunale del riesame, si denuncia l’omessa motivazione dell’ordinanza impugnata sul punto, e si evidenzia come, già in sede di appello, fosse stato sottolineato come le sue conoscenze erano circoscritte all’anno 2017.
2.2.3. Quanto alle dichiarazioni del collaboratore COGNOMECOGNOME si ribadisce come questi non aves mai riferito della partecipazione del ricorrente al sodalizio durante il suo periodo di detenz e come le sue propalazioni, in ogni caso, non fossero temporalmente riferibili al periodo nel qua l’imputato si trovava in stato di detenzione, esse non potendo riferirsi a epoca successi all’agosto 2020, epoca a partire della quale il collaborante non aveva più usufruito di licen permessi e, quindi, non aveva potuto più avere contatti con esponenti del clan COGNOME/COGNOME.
Si stigmatizza che il giudice a quo avrebbe fatto riferimento al coinvolgimento del propalante in significativi fatti di sangue, per attestarne le ragioni di una profonda conoscenza del sodal trattasi, infatti, di episodi oggetto di altro procedimento, riguardante una associazione sempl diversa da quella qui in esame, della quale non faceva parte il ricorrente; d’altro canto, dagl relativi alle imputazioni di estorsione nel presente procedimento emerge chiaramente la contrapposizione tra le famiglie Di NOME e NOME.
In sintesi, la avvenuta privazione della libertà personale, fin dal settembre 2020 in esecuzi dell’ordinanza emessa dal G.I.P. presso il Tribunale di Latina in data 11/09/2020, avrebb determinato la interruzione della condotta partecipativa e quindi la sopravvenuta inefficacia titolo cautelare, operando la retrodatazione dei termini di custodia cautelare di cui all’ar co.3 cod.proc.pen.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso non è fondato.
1.11 ricorso pone il problema della applicazione della retrodatazione di cui all’art. 297, comma cod. proc. pen..Secondo la prospettazione del ricorrente, la avvenuta sua privazione della liber personale, fin dal 16/12/2020 ( rectius, dal 07 settembre 2020), avrebbe determinato la interruzione della condotta partecipativa, mentre gli elementi sintomatici della partecipazio indicati nella ordinanza – sono tutti da ricondurre a epoca antecedente alla data del primo arres o comunque, risultano inidonei rispetto alla finalità dimostrativa della permanenza del vinc associativo. Mancherebbe, quindi, il requisito dell’anteriorità, rispetto alla prima ordinan
01 dicembre 2020, dei fatti oggetto del provvedimento (ordinanza del 16 settembre 2021) rispetto al quale l’istituto era stato invocato.
2. La prospettazione difensiva è destituita di fondamento, dal momento che la Difesa non ha allegato fatti idonei a superare la presunzione relativa di permanenza del vincolo: gli eleme indicati, non solo sono stati confutati dalla ordinanza impugnata, ma dirigono in senso opposto in quanto danno atto della permanenza e della attualità del vincolo. Il Tribunale del riesame h infatti, accertato che, nonostante la detenzione, la partecipazione al consesso criminale appartenenza è proseguita, valorizzando in tal senso sia la conversazione con un esponente apicale che le propalazioni del collaboratore di giustizia COGNOME.
2.1. In fatto, risulta che NOME COGNOME, detto ‘COGNOME‘, è stato destinatario di un ordinanza di custodia cautelare in carcere, datata 01/12/2020 (eseguita il 16/12/2020), per rea consumati in epoca prossima al 30 maggio 2020 e di una seconda ordinanza del 16/09/2021, avente a oggetto reati fine consumati fino all’ottobre 2019 e la sua partecipazione associazione di stampo mafioso, contestata da settembre 2015 con condotta perdurante. In realtà, il ricorrente risulta ininterrottamente detenuto fin dal 07/09/2020, in virtù di al cautelare.
Entrambi i predetti procedimenti sono stati definiti con sentenza di primo grado, resa nel abbreviato.
2.2. Il Tribunale del riesame ha rigettato l’istanza difensiva sul rilievo che i fatti ogge seconda ordinanza non possono dirsi ‘anteriormente commessi’ rispetto a quelli oggetto della prima contestazione. Ciò perché trattasi di reato permanente (partecipazione alla associazione di stampo mafioso) la cui consumazione non può dirsi ‘cessata’ nel momento in cui il ricorrent è stato (nel primo procedimento) privato della libertà personale, dal momento che la contestazione partecipativa mossa con la seconda ordinanza è formulata in termini aperti, sino alla data della proposizione della domanda cautelare, momento posteriore alla commissione delle condotte oggetto del primo titolo cautelare. Durante il periodo di detenzione, peraltro, sarebb emerse circostanze di fatto contrastanti o comunque non in grado di vincere la presunzione relativa di permanenza del vincolo associativo. Il Tribunale del riesame ha, in particol valorizzato, quali elementi significativi del proseguimento della partecipazione al conse criminale di appartenenza, durante la detenzione, sia la conversazione intercorsa con un esponente apicale che le propalazioni del collaboratore di giustizia COGNOME.
3. E’ jus receptum nella giurisprudenza di legittimità che, al fine di evitare lo svuotamento de esigenze sottese all’art. 297, comma 3, cod. proc. pen., sia necessario operare una valutazione della situazione concreta, senza fermarsi al mero dato formale dell’assenza di forme espresse d dissociazione. Pertanto, il provvedimento coercitivo che limita la libertà personale dell’inda per il primo fatto di reato determina una mera presunzione relativa di non interruzione de condotta partecipativa, la protrazione della quale, in presenza di concrete allegazioni difensi deve, tuttavia, essere desunta da concreti elementi dimostrativi (Sez. 6, n.13568 d 29.11.2019, dep.2020, Alfano, Rv 278840; Sez. 1, n. 20135 del 16/12/2020, dep. 2021, COGNOME,
Rv. 281283 – 01). Occorre, dunque, che ricorrano elementi specifici e concreti dai quali dedurr la rescissione del legame dall’associazione, quale può essere, ad esempio, un lungo periodo di detenzione senza che siano stati mantenuti i contatti, una contrapposizione intern all’associazione cui sia conseguito l’allontanamento di uno dei sodali, nonché fatti oggettivi il trasferimento in luogo distanze da quello in cui opera la consorteria, sempre che non vi si elementi dai quali desumere la continuità della partecipazione. Ciò, peraltro, non comporta una sorta dì inversione dell’onere probatorio, per effetto della quale spetterebbe all’impu dimostrare il fatto negativo di non far più parte dell’associazione, essendo piuttosto richi esclusivamente, un onere di allegazione di fatti circostanziati che, sottoposti al necess controllo secondo le ordinarie regole del riparto probatorio, non consentano di ritenere l’effe cessazione dell’adesione al sodalizio criminoso.
4. Nel caso di specie, il Tribunale ha condotto la verifica, in concreto, in merito alla e protrazione della condotta partecipativa all’associazione mafiosa da parte del ricorrente anch successivamente all’applicazione della misura cautelare, non limitandosi a richiamare l’assenza di indici positivi della avvenuta rescissione del vincolo associativo, né pretendendo dimostrazione in positivo della rescissione, ma dando atto di specifici e significativi el fattua li.
4.1. In particolare, sono stati descritti contatti con altri associati, mantenuti dal r durante la misura, sia partecipando alle riunioni presso la casa circondariale di Rebibbia “ove il padre NOME NOME NOME indicazioni a tutti i componenti del clan”, sia attraverso colloqui telefonici intrattenuti servendosi di telefoni cellulari abusivamente detenuti, evidenziando un caso in con un cellulare intestato a un cittadino bengalese, eludendo i controlli della Polizia penitenz contattava la compagna e il padre di quest’ultima, facendosi poi passare un esponente apicale e chiedendo di potere parlare con altro sodale. Come ha correttamente valutato il Tribunale, tratta di circostanze oggettivamente rivelatrici della persistenza del rapporto, mantenuto prop attraverso i congiunti, anche con esponenti apicali del gruppo mafioso, strutturato peral proprio su base familiare. Invero, il contatto non è semplicemente intervenuto con familiari ( essendo le utenze intestate alla compagna ed al suocero), ma ha coinvolto anche COGNOME NOME (moglie di COGNOME NOME, quest’ultimo appartenente al clan) e COGNOME NOME (soggetto c un ruolo apicale nella famiglia mafiosa); in secondo luogo, il fatto che esso, come afferma difesa, proverebbe al più la permanenza del vincolo associativo al momento della telefonata ma non pure per il periodo successivo, è del tutto irrilevante, trattandosi di una circostanza stata valorizzata dal giudice di merito per provare la non anteriorità del fatto ri all’emissione della prima ordinanza (e dunque la circostanza preclusiva per fare applicazion dell’invocata retrodatazione).
4.2. Ulteriore elemento valorizzato dalla ordinanza impugnata è costituito dalle propalazioni NOME COGNOME, soggetto pienamente inserito nella compagine criminale e informato della composizione e delle dinamiche della famiglia COGNOME, attiva nel quartiere Gionchetto, riferendo che “loro sono a tutti gli effetti un clan”, elencandone gli esponenti di spicco tra cui, appunto, il
ricorrente. Non coglie nel segno la deduzione difensiva incentrata sulla circostanza che propalante – che ha reso le dichiarazioni nel maggio 2021 – era stato ininterrottamente detenu dal 2015, salvo un breve periodo di semilibertà nei mesi di luglio ed agosto 2020, sicchè le conoscenze non potevano che arrestarsi a tale epoca, giacchè non si confronta con le argomentazioni spese dal Tribunale del riesame, che ha replicato alla doglianza sottolineando l’approfondita conoscenza del clan RAGIONE_SOCIALE COGNOME grazie ai rapporti con i maggiori espo coltivati anche durante i periodi di detenzione, e, dunque, mai cessati, anche in ragione del inserimento nella famiglia COGNOME, e del coinvolgimento in una faida con la famiglia rivale.
4.3. Il Tribunale ha, dunque, apprezzato il contenuto delle dichiarazioni in modo logic coerente, ponendo in evidenza che la data in cui le stesse erano state rese (maggio 2021) e l’assenza di ogni riferimento all’interruzione del vincolo associativo chiaramente ascr all’imputato, facevano emergere la persistente appartenenza di quest’ultimo all’associazion mafiosa.
4.4. Del tutto irrilevante è, poi, il rilievo svolto dalla difesa quanto all’interpreta dichiarazioni rese dall’altro collaboratore COGNOME NOME (che avrebbe circoscritto l’amb temporale della sua conoscenza dei fatti sino al 2017), trattandosi di materiale informativo non è stato posto dal Tribunale a fondamento della decisione, senza che la Difesa abbia evidenziato la decisività delle propalazioni di cui è stato omesso l’esame.
4.5. In sintesi, nel caso di NOME COGNOME, la “presunzione di non interruzione” condotta criminosa non è stata superata, dal momento che, a fronte di significativi elemen dimostrativi del mantenimento del vincolo associativo, la difesa non ha allegato elemen concreti per smentirla. Benché, infatti, non sia necessaria, a tal fine, una espressa dissociaz dell’indagato dall’associazione cui apparteneva, è, tuttavia, indispensabile che venga offerta diversa ricostruzione del tempus commissi delicti fondata su elementi specifici. Ciò la difesa non ha fatto, limitandosi a richiamare circostanze che, con motivazione puntale e congrua, Tribunale del riesame ha valutato come non dimostrative dell’interruzione dei rapporti d ricorrente con il sodalizio criminoso, anche alla luce del dato emerso dalle indagini che aveva evidenziato come, pur durante la carcerazione, il COGNOME aveva mantenuto i contatti c l’associazione mafiosa.
5. La decisione impugnata resiste, dunque, alle censure difensive, avendo fatto corret applicazione del principio secondo il quale la retrodatazione della decorrenza dei termin custodia cautelare, disposta per differenti reati, presuppone che la seconda ordinanza abbia a oggetto fatti commessi anteriormente rispetto alla emissione della prima ordinanza (Sez. U, n 21957 del 22/03/2005, COGNOME, Rv. 231057; Sez. U, n. 19/12/2006, dep. 2007, COGNOME, Rv.235911; Sez. 6, n. 11807 del 11/02/2013, COGNOME, Rv. 255721). In applicazione del principi indicato, nel caso di specie, il reato associativo oggetto della seconda ordinanza cautelare, quanto consumato dall’anno 2015, ma con condotta perdurante, non risulta temporalmente anteriore rispetto al momento di commissione del reato oggetto della prima ordinanza cautelare nonché alla data di emissione del primo titolo custodiale; nonostante l’ininterrotto stato dete
dell’indagato, questi, infatti, ha continuato a far parte, in assenza di elementi rivelatori dissociazione – anzi, in presenza di elementi fattuali concreti espressivi della permanen partecipazione – dell’associazione mafiosa.
5.1. Consegue a tanto che, correttamente, i tribunale distrettuale ha ritenuto l’inoperativit meccanismo di retrodatazione di decorrenza del termine di durata della custodia cautelare.
Al rigetto del ricorso segue ex lege la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese.
Così deciso in Roma, addì 10 gennaio 2024 Il Consigliere estensore