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Retrodatazione custodia cautelare: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione ha annullato un’ordinanza del Tribunale della Libertà, chiarendo i presupposti per la retrodatazione della custodia cautelare. Il caso riguardava due misure cautelari emesse da diverse autorità giudiziarie per reati connessi. La Corte ha stabilito che, per applicare la retrodatazione, è cruciale valutare la “desumibilità” degli elementi di prova dal primo procedimento, anche se il materiale probatorio (come le chat crittografate) era comune a entrambe le indagini. La motivazione del giudice di merito è stata ritenuta carente su questo punto, portando all’annullamento con rinvio.

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Pubblicato il 3 dicembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Retrodatazione Custodia Cautelare: La Cassazione detta le regole

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 26948 del 2024, è intervenuta su un tema cruciale della procedura penale: la retrodatazione della custodia cautelare. Questo principio è fondamentale per evitare la cosiddetta “contestazione a catena”, una pratica che può portare a un’illegittima dilatazione dei termini di carcerazione preventiva. La pronuncia chiarisce i criteri di applicazione dell’art. 297 del codice di procedura penale, in particolare quando più misure cautelari vengono emesse in procedimenti diversi ma per reati connessi.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine dal ricorso di un indagato, destinatario di due distinte ordinanze di custodia cautelare in carcere. La prima era stata emessa dal GIP di Napoli nell’ottobre 2022. La seconda, per fatti diversi ma legati alla stessa indagine su un’associazione criminale, era stata emessa dal GIP di Reggio Calabria nel marzo 2023.

La difesa aveva chiesto al giudice di Reggio Calabria di applicare il meccanismo della retrodatazione, facendo cioè decorrere i termini della seconda misura dalla data di esecuzione della prima. Il Tribunale della Libertà, adito in appello, aveva accolto solo parzialmente la richiesta, negando la retrodatazione per alcuni specifici capi di imputazione. La motivazione del diniego si basava sulla presunta “diversità” dei fatti e sulla non “desumibilità” degli elementi probatori dagli atti del primo procedimento al momento della sua emissione.

Il Principio della Retrodatazione Custodia Cautelare e il Criterio della “Desumibilità”

L’articolo 297, comma 3, del codice di procedura penale disciplina la decorrenza dei termini di custodia cautelare in caso di pluralità di ordinanze. Lo scopo è evitare che, attraverso l’emissione scaglionata di più provvedimenti per fatti connessi, si aggirino i limiti massimi di durata della detenzione.

La giurisprudenza, incluse le sentenze della Corte Costituzionale e delle Sezioni Unite della Cassazione, ha stabilito che la retrodatazione opera in presenza di due condizioni principali:

1. Anteriorità dei Fatti: I reati della seconda ordinanza devono essere stati commessi prima dell’emissione della prima.
2. Connessione o Desumibilità: Tra i fatti deve esistere una “connessione qualificata” (es. continuazione tra reati) oppure, in assenza di questa, gli elementi per emettere la seconda ordinanza dovevano essere già “desumibili” dagli atti del primo procedimento.

Il concetto di “desumibilità” non si limita alla mera conoscenza storica del fatto, ma implica che il pubblico ministero avesse a disposizione un quadro indiziario sufficientemente definito per poter richiedere la misura cautelare.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso, ritenendo la motivazione del Tribunale della Libertà illogica e carente. Il punto centrale della critica riguarda proprio la valutazione della “desumibilità”.

Il Tribunale aveva escluso la retrodatazione per alcuni reati sostenendo che non vi fossero state “scelte indebite” da parte del Pubblico Ministero e che i procedimenti pendessero davanti ad autorità giudiziarie diverse. La Cassazione ha smontato questo ragionamento, affermando che, in presenza di una connessione qualificata, la pendenza in sedi diverse è irrilevante ai fini della retrodatazione.

Inoltre, la Corte ha sottolineato un’omissione motivazionale grave. La difesa aveva evidenziato che entrambi gli uffici di Procura avevano basato le loro richieste cautelari sullo stesso materiale probatorio, ovvero le chat crittografate acquisite tramite un ordine di indagine europeo. Questo patrimonio conoscitivo era, quindi, comune. Il Tribunale avrebbe dovuto spiegare perché, nonostante la comunanza delle fonti di prova, gli elementi a carico dell’indagato per i reati contestati nella seconda ordinanza non fossero già desumibili al momento dell’emissione della prima. L’assenza di questa analisi ha reso la decisione illegittima.

Infine, la Corte ha ribadito che l’indagato ha sempre interesse a ottenere la declaratoria di inefficacia di una misura per scadenza dei termini, anche se rimane detenuto per altre cause, poiché ciò incide sulla sua posizione giuridica complessiva.

Le Conclusioni

La sentenza rappresenta un importante presidio a garanzia dei diritti fondamentali dell’indagato e del principio di ragionevole durata della custodia cautelare. La Corte di Cassazione riafferma che il giudice del merito non può limitarsi a una valutazione formale della diversità dei procedimenti, ma deve entrare nel vivo degli atti per verificare se esistesse una base probatoria comune che avrebbe consentito un’azione cautelare unitaria. Annullando con rinvio, la Corte impone al Tribunale della Libertà di riesaminare il caso, applicando correttamente il principio della “desumibilità” e fornendo una motivazione adeguata e coerente con i principi stabiliti dalla giurisprudenza di legittimità.

Quando si applica la retrodatazione della custodia cautelare se i procedimenti sono gestiti da autorità giudiziarie diverse?
Secondo la sentenza, la retrodatazione si applica anche quando i procedimenti sono pendenti davanti a giudici diversi, a condizione che esista una “connessione qualificata” (come la continuazione tra reati) e che i fatti della seconda ordinanza fossero già desumibili dagli atti della prima al momento della sua emissione.

Cosa significa che gli elementi per una nuova ordinanza devono essere “desumibili” dagli atti del primo procedimento?
Significa che al momento dell’emissione della prima misura cautelare, il pubblico ministero disponeva già di un compendio indiziario sufficientemente solido e definito da poter giustificare una richiesta di misura anche per i fatti contestati successivamente. Non basta la semplice conoscenza del fatto-reato, ma occorre un quadro probatorio già valutabile.

Un indagato ha interesse a chiedere la scarcerazione per un reato se rimane comunque detenuto per altre accuse?
Sì. La Corte di Cassazione ha confermato che l’indagato ha sempre un interesse giuridicamente rilevante a ottenere la declaratoria di inefficacia di una misura per scadenza dei termini, anche se permane lo stato di detenzione per altri titoli. Questo perché ogni titolo cautelare ha una sua autonomia e la sua cessazione incide sulla posizione processuale complessiva della persona.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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