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Retrodatazione custodia cautelare: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione ha annullato l’ordinanza che negava la retrodatazione della custodia cautelare. Il Tribunale non ha valutato se i gravi indizi per il reato associativo fossero già desumibili dagli atti al momento del primo arresto. La motivazione generica è stata ritenuta insufficiente, imponendo un nuovo esame del caso. La sentenza sottolinea l’importanza di una valutazione concreta degli elementi probatori per la corretta applicazione della retrodatazione custodia cautelare.

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Pubblicato il 7 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Retrodatazione Custodia Cautelare: la Cassazione stabilisce i criteri

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 11615 del 2024, è tornata a pronunciarsi su un tema cruciale della procedura penale: la retrodatazione custodia cautelare. Questo meccanismo, disciplinato dall’art. 297 del codice di procedura penale, permette di far decorrere i termini di una misura restrittiva da una data anteriore, in presenza di più ordinanze. La decisione in esame chiarisce i confini del concetto di “desumibilità” degli atti, annullando un’ordinanza del Tribunale del Riesame per motivazione apparente.

I Fatti del Caso

Un soggetto veniva arrestato in flagranza di reato per detenzione e trasporto di sostanze stupefacenti nel marzo 2022 e sottoposto a custodia cautelare in carcere. Successivamente, veniva emessa una nuova ordinanza di custodia cautelare a suo carico per reati più gravi, tra cui l’associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, commessi in un periodo antecedente al suo arresto.

La difesa presentava istanza di riesame chiedendo la retrodatazione della seconda misura alla data del primo arresto. La tesi difensiva si basava sul fatto che gli elementi a sostegno del reato associativo (come intercettazioni e dichiarazioni di collaboratori di giustizia) fossero già presenti nel fascicolo del Pubblico Ministero e quindi “desumibili” fin dal primo momento. Il Tribunale del Riesame rigettava la richiesta, sostenendo che la complessità delle indagini e il deposito di un’informativa di reato solo nel dicembre 2022 non permettevano di considerare i nuovi reati come già desumibili.

Il Principio della Retrodatazione Custodia Cautelare

L’articolo 297, comma 3, del codice di procedura penale prevede che, in caso di più ordinanze cautelari per fatti connessi, i termini della seconda misura decorrano dal giorno in cui è stata eseguita la prima. Tuttavia, se per i fatti della prima ordinanza è già intervenuto il rinvio a giudizio, la retrodatazione opera solo se i fatti della seconda ordinanza erano “desumibili dagli atti” prima di tale momento.

Il concetto di “desumibilità” non si limita alla mera conoscenza storica di un fatto, ma richiede l’esistenza di un compendio investigativo (documentale o dichiarativo) tale da consentire al Pubblico Ministero di formulare una prognosi di gravità indiziaria e richiedere una nuova misura. In altre parole, non basta la semplice notizia di reato, ma è necessario un quadro probatorio già delineato e significativo.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, annullando con rinvio l’ordinanza del Tribunale. I giudici di legittimità hanno ritenuto la motivazione del provvedimento impugnato come “non congrua, finanche apparente”.

Il Tribunale, secondo la Corte, ha commesso un errore fondamentale: ha negato la desumibilità basandosi unicamente sulla circostanza temporale del deposito tardivo di un’informativa di reato, senza entrare nel merito degli elementi investigativi già acquisiti. La motivazione è stata giudicata meramente apparente perché priva di riferimenti specifici al caso concreto e alla posizione dell’indagato. Non è stato spiegato perché le intercettazioni telefoniche e le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, già in possesso degli inquirenti, non costituissero un quadro indiziario grave e sufficiente per contestare il reato associativo sin dal primo momento. Il Tribunale si è limitato a un’affermazione generica sulla “complessità delle indagini”, senza effettuare quella valutazione concreta che la legge impone.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

Questa sentenza ribadisce un principio fondamentale: per negare la retrodatazione della custodia cautelare, il giudice non può trincerarsi dietro motivazioni generiche o formali, come la data di deposito di un atto di sintesi investigativa. È necessario, invece, un esame approfondito e specifico degli atti disponibili al momento della prima misura cautelare.

I giudici del rinvio dovranno quindi analizzare nel dettaglio il compendio probatorio esistente alla data del primo arresto per verificare se, già allora, sussistevano elementi sufficienti a configurare un quadro di gravità indiziaria per il reato associativo. La decisione rafforza le garanzie difensive, imponendo un controllo più stringente e sostanziale sulle decisioni che incidono sulla libertà personale e sulla durata delle misure cautelari.

Quando si applica la retrodatazione dei termini della custodia cautelare?
Si applica quando una persona, già sottoposta a una misura cautelare, ne riceve un’altra per fatti diversi ma connessi. La retrodatazione fa decorrere i termini della seconda misura dalla data di esecuzione della prima, a condizione che i fatti della seconda ordinanza fossero desumibili dagli atti prima dell’eventuale rinvio a giudizio per i primi fatti.

Cosa significa “anteriore desumibilità” degli atti ai fini della retrodatazione?
Significa che dagli atti di indagine già esistenti al momento della prima ordinanza doveva essere possibile ricavare un quadro indiziario sufficientemente grave e completo da consentire al Pubblico Ministero di chiedere una nuova misura cautelare per i nuovi reati. Non si tratta di una mera conoscenza del fatto, ma di una specifica significanza processuale degli elementi raccolti.

Perché la Corte di Cassazione ha annullato la decisione del Tribunale in questo caso?
La Corte ha annullato la decisione perché la motivazione del Tribunale era considerata “apparente”. Il Tribunale si era limitato a giustificare il diniego della retrodatazione con la presentazione tardiva di un’informativa di reato, senza analizzare concretamente se gli elementi già acquisiti (intercettazioni, dichiarazioni di collaboratori) fossero sufficienti a fondare la nuova accusa sin dal momento del primo arresto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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