Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 4928 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 4928 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 11/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOMECOGNOME nato a Cosenza il 22/02/1980
avverso la ordinanza del 06/06/2024 del Tribunale di Catanzaro;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso; udito il difensore del ricorrente, avv. NOME COGNOME che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza in epigrafe indicata il Tribunale del riesame di Catanzaro ha confermato l’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal Giudice per le indagini preliminari del medesimo Tribunale nei confronti di NOME COGNOME indagato per i reati di partecipazione ad associazione finalizzata al traffico di stupefacenti (capo 1 dell’incolpazione provvisoria) e per un episodio di cessione di tali sostanze (capo 51).
Avverso quella decisione ricorre l’indagato, con atto del proprio difensore, per quattro motivi.
2.1. Con il primo si lamentano violazione di legge e vizi di motivazione in punto di gravità indiziaria per il delitto associativo, deducendosi: che le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia sono a volte false, altre de relato e non conferenti e, comunque, generiche e non riscontrate; che nessuna conversazione intercettata tra l’indagato ed il ritenuto capo-gruppo COGNOME riscontra l’accusa; che tali dialoghi attestano, al più, una modestissima attività di spaccio esercitata al di fuori di un contesto organizzato, nonché la sporadicità di essa e l’intenzione dell’indagato di abbandonarla, peraltro confermata dalle dichiarazioni del collaboratore di giustizia COGNOME
2.2. La seconda censura riguarda l’ulteriore delitto di cui al capo 51), per il quale non sarebbe specificato in motivazione alcun elemento da cui poter desumere che la droga rinvenuta dalla polizia giudiziaria nella disponibilità dei presunti acquirenti, subito dopo il loro incontro con l’indagato, fosse stata ceduta loro da quest’ultimo: dalle conversazioni intercettate, infatti, non emerge un accordo in tal senso; le telecamere installate presso il banco di vendita di frutta gestito dal predetto non hanno registrato alcuno scambio; l’affermazione di uno degli ipotizzati acquirenti, secondo cui si sarebbe trattato di «una punta», non si concilia con il rinvenimento, nella disponibilità del suo accompagnatore, di «due pezzi» di hashish del peso complessivo di oltre 10 grammi (così nel verbale di sequestro).
Per altro verso, si lamenta comunque la mancata riqualificazione del fatto ai sensi del comma 5 dell’art. 73, d.P.R. n. 309 del 1990, sulla cui prospettazione difensiva il Tribunale avrebbe omesso di motivare.
2.3. Con il terzo motivo di ricorso si deduce la violazione dell’art. 297, comma 3, cod. proc. pen., ed il difetto di motivazione, nella parte in cui è stata esclusa la retrodatazione del termine di durata della misura cautelare al momento della emissione, nei confronti dell’indagato, di precedente ordinanza custodiale per i reati di partecipazione ad associazione mafiosa ed esercizio abusivo di attività finanziaria, nell’ambito del diverso procedimento convenzionalmente denominato “Reset”, istruito dal medesimo ufficio del Pubblico ministero.
Rileva la difesa:
che i reati oggetto del presente procedimento sono anteriori all’emissione di detta ordinanza custodiale precedente, risalendo gli uni al 2019 e l’altra al 2022;
-che tanto vale anche per il reato associativo, benché addebitato con permanenza, dal momento che l’indagato e gli altri che – secondo l’ipotesi accusatoria – sarebbero aderenti, come lui, al gruppo capeggiato da tale COGNOME
sono ininterrottamente detenuti in carcere da dicembre del 2019 e le emergenze a suo carico valorizzate in questo procedimento si fermano a gennaio 2020;
che, tra i differenti reati associativi rispettivamente addebitatigli nei due procedimenti, vi è una connessione qualificata, a titolo di continuazione e comunque di connessione teleologica, avendo gli stessi giudici di merito ritenuto che il traffico di stupefacenti fosse parte del programma criminoso dell’associazione mafiosa;
che il materiale investigativo sulla base del quale è stata adottata la misura custodiale nel presente procedimento era già tutto presente nel fascicolo delle indagini del procedimento “Reset” ed indicato nella relativa informativa finale di polizia giudiziaria;
che, infine, non rileva la circostanza, invece valorizzata dal Tribunale, per cui talune delle emergenze investigative poste a sostegno della richiesta cautelare nel presente procedimento siano intervenute successivamente alla precedente ordinanza, dovendo verificarsi piuttosto se quelle già presenti consentissero di ipotizzare un quadro di gravità indiziaria sufficientemente delineato.
2.4. Da ultimo, violazione di legge processuale e vizi della motivazione vengono denunciati anche per la parte relativa alla ritenuta sussistenza di esigenze cautelari ed alla scelta della misura, lamentandosi, in particolare, come il Tribunale non abbia riconosciuto il giusto rilievo alle dichiarazioni del collaborante COGNOME che ha riferito di un allontanamento del Turboli da quei circuiti criminali prima della sua restrizione in carcere, senza dunque considerare il lungo tempo silente dai fatti e la conseguente inattualità del ravvisato pericolo di recidiva.
Ha depositato memoria scritta il Procuratore generale, concludendo per l’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo di ricorso è inammissibile: esso è intrinsecamente generico, perché si limita ad affermazioni non sostenute da una puntuale confutazione delle plurime risultanze investigative illustrate nell’ordinanza impugnata; e, inoltre, si risolve in una richiesta di rivalutazione del quadro probatorio, che al giudice di legittimità non compete.
Anche il secondo motivo non può essere ammesso.
Nella parte in cui contesta la verificazione del fatto, esso postula dalla Corte di cassazione una valutazione della concludenza dimostrativa delle risultanze probatorie, che tuttavia è riservata esclusivamente al giudice di merito e che, nello
specifico, non presenta incongruenze logiche manifeste, non potendo perciò essere censurata in questa sede.
Là dove, invece, lamenta l’assenza di motivazione in punto di riqualificazione del fatto nell’ipotesi lieve, a norma del comma 5 del citato art. 73, il motivo si rivela manifestamente infondato: pur non soffermandosi ex professo sul punto, infatti, la motivazione colloca la condotta del ricorrente all’interno di un contesto criminale estremamente ampio ed organizzato, perciò delineando, inequivocamente ancorché implicitamente, una situazione di fatto incompatibile con l’ipotesi di minima lesività prevista da tale disposizione di legge.
Merita di essere assentito, invece, il terzo motivo di ricorso, in tema di retrodatazione del termine di durata della custodia cautelare.
3.1. Indiscusse la connessione qualificata tra i fatti oggetto delle due diverse ordinanze custodiaii e la disciplina di riferimento, il tema controverso rimane quello della desumibilità dei fatti oggetto di quella successiva dagli atti del procedimento in cui è stata emessa la precedente, già da prima che, nello stesso, fosse disposto il rinvio a giudizio: soltanto in questo caso, infatti, trattandosi di titoli custodi emessi in procedimenti penali distinti, opera la retrodatazione prevista dall’art. 297, comma 3, cod. proc. pen. (Sez. U, n. 21957 del 22/03/2005, Rahulia, Rv. 231058, ribadita da Sez. U, n. 14535 del 19/12/2006, Librato, Rv. 235909).
Quando, poi, tale desumibilità dagli atti ricorra, è tematica anche questa ormai definita in giurisprudenza. Essa, cioè, non consiste nella mera conoscenza o conoscibilità dei fatti che hanno condotto all’adozione della seconda misura, presupponendo, invece, la sussistenza di una situazione indiziaria di tale gravità e completezza, da legittimare l’adozione della misura cautelare (così, tra molte altre, Sez. 6, n. 54452 del 06/11/2018, Tedde, Rv. 274752). Deve trattarsi, in altri termini, di un compendio, documentale o dichiarativo, che abbia in sé una specifica significatività processuale, tale da consentire al Pubblico ministero di esprimere un meditato apprezzamento prognostico della concludenza e gravità delle fonti indiziarle, suscettibili di dare luogo alla richiesta ed all’adozione di una misura cautelare (Sez. 6, n. 48565 del 06/10/2016, Commisso, Rv. 268391; Sez. 3, n. 46158 del 04/02/2015, COGNOME, Rv. 265437; Sez. 4, n. 15451 del 14/03/2012, COGNOME, Rv. 253509). In particolare, detta situazione non può farsi coincidere con la materiale disponibilità della informativa di reato, ove questa riassuma i dati investigativi e gli elementi di prova progressivamente acquisiti, bensì con il momento in cui il contenuto di essa possa considerarsi recepito dall’autorità inquirente, dovendo perciò considerarsi anche il tempo obiettivamente occorrente a quest’ultima per una lettura ponderata del relativo materiale (così, ad esempio,
Sez. 6, n. 48565 del 06/10/2016, Commisso, Rv. 268391; Sez. 1, n. 12906 del 17/03/2010, Cava, Rv. 246839).
3.2. Tanto premesso, il Tribunale del riesame ha escluso detto presupposto, limitandosi a rilevare che l’ordinanza custodiale emessa nel presente procedimento, ai fini del quadro indiziario a carico del Turboli, avesse valorizzato – anche – due elementi intervenuti successivamente al rinvio a giudizio nel procedimento “Reset”: vale a dire, le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia COGNOME e COGNOME, rese, rispettivamente, a gennaio del 2024 ed a febbraio del 2023.
Si tratta, tuttavia, secondo la sintesi che ne fa lo stesso Tribunale (pag. 15, ord.), di dichiarazioni dal contenuto obiettivamente generico e sostanzialmente confermative di un dato – quello dell’annoverabilità del COGNOME tra gli spacciatori del gruppo capeggiato da tale COGNOME – già acquisito agli atti del precedente procedimento per effetto delle dichiarazioni rese da altri collaboratori di giustizia e delle conversazioni intercettate.
Si rende necessario, dunque, che, al di là del dato cronologico e, come tale, puramente formale, il Tribunale spieghi per quali ragioni, senza quelle dichiarazioni successive, il compendio indiziario raccolto dagli inquirenti a carico dell’indagato nell’ambito del procedimento “Reset” non fosse sufficiente per giustificare l’emissione di un provvedimento custodiale anche per i diversi reati oggetto del presente procedimento.
L’ordinanza impugnata, pertanto, dev’essere annullata sul punto, con rinvio al Tribunale perché provveda al necessario supplemento di motivazione.
Inammissibile, infine, è l’ultimo motivo di ricorso, in tema di esigenze cautelari e di scelta della misura.
Anche questa, infatti, costituisce doglianza di puro merito, a fronte dell’operatività della doppia presunzione di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., e di una motivazione che non si limita a valorizzare tale dato normativo, ma evidenzia come l’indagato continuato ad ingerirsi nell’attività del gruppo criminale d’appartenenza anche successivamente al suo arresto avvenuto nel 2019.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata relativamente al profilo della retrodatazione dei termini di custodia cautelare e rinvia per nuovo giudizio sul punto al Tribunale di Catanzaro, competente ai sensi dell’art. 309, comma 7, cod. proc. pen..
Dichiara inammissibile nel resto il ricorso.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen..
Così deciso in Roma, l’11 dicembre 2024.