Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 18970 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 18970 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 02/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOMECOGNOME nato a Galatina (LE) il 09/02/1981
avverso l’ordinanza del 04/02/2025 del Tribunale di Lecce;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso; udito il difensore del ricorrente, avvocato NOME COGNOME che ha chiesto l’annullamento senza rinvio dell’ordinanza impugnata e comunque l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza in epigrafe indicata, il Tribunale di Lecce ha respinto l’appello proposto da NOME COGNOME a norma dell’art. 310, cod. proc. pen., avverso l’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari del medesimo Tribunale che aveva rigettato l’istanza di declaratoria d’inefficacia della custodia cautelare in carcere, da lui avanzata sul presupposto del decorso del termine massimo di
durata per effetto di retrodatazione a norma dell’art. 297, comma 3, cod. proc. pen..
Nel presente procedimento, recante il n. 4949/2020 r.g.n.r. della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Lecce, Miggiano è stato attinto da ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa 1’8 novembre 2024, per il delitto di partecipazione ad associazione finalizzata al traffico di stupefacenti.
In un distinto procedimento, iscritto al n. 898/2019 del medesimo ufficio del Pubblico ministero e relativo allo stesso titolo di reato ma non agli stessi fatti, egl era stato raggiunto da altro provvedimento custodiale, emesso il 17 aprile 2023.
2.1. L’istanza di retrodatazione a quest’ultima data del termine iniziale del successivo titolo custodiale è stata respinta dal giudice procedente, perché l’associazione criminale con esso ipotizzata avrebbe continuato ad operare anche in epoca successiva all’emissione della prima ordinanza, perciò non sussistendo il presupposto dell’anteriorità di tutti i reati rispetto al primo titolo custodi necessario per la retrodatazione.
2.2. GLYPH Respingendo l’appello interposto dal difensore avverso tale provvedimento, il Tribunale ha dissentito da tale valutazione del primo giudice, ma ha ritenuto insussistente il diverso presupposto della possibilità di desumere i fatti di reato oggetto dell’ordinanza dagli atti del procedimento prima del rinvio a giudizio per quelli di cui all’ordinanza precedente.
Hanno rilevato quei giudici che l’informativa finale nel presente procedimento è stata depositata il 19 settembre 2023; che la richiesta di rinvio a giudizio nel diverso procedimento per i fatti anteriori è stata presentata il 6 novembre seguente; che la richiesta di misura cautelare nel “secondo” procedimento è del 20 dicembre successivo e consta di 1505 pagine.
Tanto premesso, hanno concluso che non vi sono elementi per ritenere che, prima della richiesta di rinvio a giudizio, il Pubblico ministero possedesse quella compiuta, completa ed effettiva conoscenza dei fatti oggetto del successivo titolo custodiale, necessaria, per giurisprudenza consolidata, affinché gli stessi potessero reputarsi desumibili dagli atti, tanto più che oggetto dei due procedimenti erano distinte associazioni criminali, con diversa composizione soggettiva.
La difesa dell’imputato – hanno ulteriormente osservato – non ha assolto all’onere dimostrativo su di essa gravante, giacché gli atti da essa prodotti non dimostravano che tutti gli elementi di prova valorizzati dalla successiva ordinanza fossero presenti negli atti del precedente procedimento, né è stato dimostrato che l’informativa finale di quello successivo fosse semplicemente ricognitiva di precedenti acquisizioni.
Ricorre per cassazione avverso tale decisione l’indagato, con atto del proprio difensore, deducendo che essa sia viziata da un’errata applicazione della legge processuale, per avere ritenuto che la desumibilità dagli atti dei fatti oggetto dell’ordinanza successiva debba sussistere al momento dell’emissione della precedente, dovendo aversi riguardo, invece, alla data del rinvio a giudizio per i relativi delitti: che, nel caso in cui – come quello in esame – si proceda con il rit abbreviato, è quella in cui viene emessa l’ordinanza di ammissione a tale rito speciale.
Quindi, poiché l’informativa finale del presente procedimento era stata depositata il 19 settembre 2023 e l’ordinanza di ammissione dell’imputato al rito abbreviato è del 17 aprile 2024, il Pubblico ministero – conclude il ricorrente – ha avuto tutto il tempo necessario per desumere dagli atti a sua disposizione anche gli ulteriori addebiti.
Ha depositato memoria scritta il Procuratore generale, concludendo per il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
L’ordinanza impugnata è viziata da un errore di diritto, che ne comporta l’annullamento con rinvio.
Il Tribunale ha ritenuto che gli elementi necessari e sufficienti per emettere il successivo titolo custodiale si debbano poter desumere dagli atti prima della richiesta di rinvio a giudizio per i reati oggetto dell’ordinanza cautelare anteriore.
Così, però, non è, poiché l’art. 297, comma 3, cod. proc. pen., esclude la retrodatazione dei termini di custodia qualora i fatti di cui all’ordinanza successiva non siano desumibili dagli atti «prima del rinvio a giudizio disposto per il fatto con il quale sussiste connessione», e non, dunque, della relativa richiesta.
Correttamente, poi, il ricorso rileva che, poiché per i reati oggetto del primo provvedimento custodiale si è proceduto con il rito abbreviato, il momento del “rinvio a giudizio” dev’essere individuato in quello di emissione dell’ordinanza di ammissione a quel rito speciale: nel silenzio della legge sullo specifico punto, infatti, una tale soluzione è imposta dal coordinamento con il disposto del successivo art. 303, comma 1, lett. a), dello stesso codice, che indica nell’emissione dell’ordinanza con cui il giudice dispone giudizio abbreviato, in alternativa al provvedimento che dispone il giudizio, il termine finale della prima fase di durata delle misure cautelari personali.
Si rende necessario, dunque, che il Tribunale rinnovi la valutazione della desumibilità dagli atti del procedimento dei fatti oggetto della seconda ordinanza,
avendo riguardo al diverso e posteriore momento dell’ammissione del COGNOME al rito abbreviato per i reati di cui al primo titolo custodiale: vale a dire, al 17 apr
2024, anziché al 6 novembre 2023, data in cui il Pubblico ministero aveva per essi formulato la richiesta di rinvio a giudizio.
3. Non è possibile, invece, disporre l’annullamento senza rinvio dell’ordinanza impugnata.
Vero è che dalla stessa e dagli atti allegati al ricorso si può evincere che il
Pubblico ministero ha avanzato la richiesta di applicazione del “secondo” titolo custodiale – la quale evidentemente presuppone la compiuta deduzione degli
ulteriori fatti di reato dagli atti in suo possesso – il 20 dicembre 2023, e quind prima del rinvio a giudizio per i fatti oggetto del primo.
Questa Corte, però, non ha sufficienti elementi per verificare se il termine di durata della misura fosse già spirato al momento dell’avvio del presente incidente
cautelare o se ciò sia comunque avvenuto nelle more, non disponendo di un quadro definito dei passaggi procedimentali rilevanti a quel fine, né sapendo se, in ipotesi, siano intervenute delle sospensioni del relativo decorso.
È questa, dunque, un’indagine di fatto, che dev’essere rimessa al giudice di merito.
P.Q.M.
, COGNOME Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di t-ecc eli a 1 1 – 5o1i competente ai sensi dell’art. 310, comma 2, cod. proc. pen..
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen..
Così deciso in Roma, il 2 aprile 2025.