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Retrodatazione custodia cautelare: il momento decisivo

Un imputato, destinatario di due ordinanze di custodia cautelare per reati simili, ha chiesto la retrodatazione del secondo provvedimento. La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 18970/2025, ha annullato la decisione del Tribunale che aveva negato la richiesta basandosi su un errato riferimento temporale. La Suprema Corte ha stabilito che, ai fini della retrodatazione custodia cautelare, il momento cruciale per valutare se i nuovi fatti fossero desumibili dagli atti non è la richiesta di rinvio a giudizio, ma il provvedimento che lo dispone o, nel rito abbreviato, l’ordinanza di ammissione al rito. Il caso è stato rinviato per un nuovo esame.

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Pubblicato il 3 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Retrodatazione Custodia Cautelare: la Cassazione Fissa il Momento Rilevante

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 18970 del 2025, interviene su una questione tecnica ma fondamentale della procedura penale: la retrodatazione custodia cautelare. Questa pronuncia chiarisce quale sia il momento esatto da considerare per valutare se i fatti di un nuovo procedimento penale potessero essere già noti all’autorità giudiziaria nel corso di un procedimento precedente. La decisione ha implicazioni dirette sulla durata massima della detenzione prima di una sentenza definitiva.

I Fatti di Causa

Il caso riguarda un imputato raggiunto da due distinte ordinanze di custodia cautelare in carcere per lo stesso tipo di reato (associazione finalizzata al traffico di stupefacenti), ma relative a fatti e periodi diversi. La prima ordinanza era stata emessa nell’aprile 2023, mentre la seconda nel novembre 2024.

La difesa aveva richiesto la retrodatazione dei termini della seconda misura cautelare, facendola decorrere dalla data della prima. Inizialmente, il Giudice per le indagini preliminari aveva respinto la richiesta. Successivamente, il Tribunale, pur dissentendo dalle motivazioni del primo giudice, aveva comunque confermato il rigetto, sostenendo che i fatti della seconda ordinanza non potevano essere desunti dagli atti del primo procedimento prima della richiesta di rinvio a giudizio presentata dal Pubblico Ministero in quest’ultimo.

Il Principio di Diritto sulla Retrodatazione Custodia Cautelare

L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione, sostenendo un’errata applicazione della legge processuale. Secondo la difesa, il Tribunale avrebbe sbagliato a identificare il momento di riferimento nella richiesta di rinvio a giudizio. La norma di riferimento, l’art. 297, comma 3, cod. proc. pen., parla infatti di fatti desumibili dagli atti ‘prima del rinvio a giudizio disposto‘.

La differenza è sostanziale: non conta il momento in cui il Pubblico Ministero chiede il processo, ma quello in cui il Giudice lo ordina formalmente. Inoltre, nel caso specifico, per il primo procedimento si era proceduto con rito abbreviato. In tale contesto, l’atto equiparabile al rinvio a giudizio è l’ordinanza con cui il giudice ammette l’imputato a tale rito speciale.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha accolto pienamente la tesi difensiva, ritenendo l’ordinanza impugnata viziata da un errore di diritto. Gli Ermellini hanno chiarito che il testo dell’art. 297, comma 3, cod. proc. pen., è inequivocabile nel fare riferimento al ‘rinvio a giudizio disposto’ e non alla relativa richiesta. Questa interpretazione è rafforzata dal coordinamento con l’art. 303, comma 1, lett. a), dello stesso codice, che indica proprio nell’ordinanza che dispone il giudizio abbreviato uno dei termini finali della prima fase della custodia cautelare.

Di conseguenza, il Tribunale avrebbe dovuto valutare se i fatti contestati nella seconda ordinanza fossero desumibili dagli atti del primo procedimento non entro la data della richiesta del PM, ma entro la data, successiva, in cui è stata emessa l’ordinanza di ammissione al rito abbreviato. L’aver utilizzato un riferimento temporale errato e anticipato ha invalidato l’analisi del giudice di merito.

Conclusioni

La Corte di Cassazione ha annullato l’ordinanza del Tribunale e ha rinviato il caso per un nuovo giudizio. Il nuovo giudice dovrà riesaminare la richiesta di retrodatazione custodia cautelare applicando il corretto principio di diritto. Dovrà quindi verificare se, alla data dell’ammissione al rito abbreviato nel primo procedimento, il Pubblico Ministero avesse a disposizione elementi sufficienti per contestare anche i fatti che hanno poi portato alla seconda misura cautelare. Questa sentenza ribadisce l’importanza del rigore interpretativo delle norme processuali, specialmente quando incidono sulla libertà personale dell’imputato.

Ai fini della retrodatazione della custodia cautelare, quale momento processuale è rilevante per valutare la desumibilità dei fatti?
Secondo la Corte di Cassazione, il momento rilevante per valutare la desumibilità dei fatti non è la richiesta di rinvio a giudizio da parte del Pubblico Ministero, ma il provvedimento con cui il giudice dispone effettivamente il rinvio a giudizio.

In caso di rito abbreviato, quale atto corrisponde al ‘rinvio a giudizio’?
Nel caso in cui si proceda con il rito abbreviato, l’atto da considerare equivalente al rinvio a giudizio è l’ordinanza con cui il giudice ammette l’imputato a tale rito speciale.

Cosa comporta l’utilizzo di un riferimento temporale errato da parte del giudice nel valutare la retrodatazione?
L’utilizzo di un riferimento temporale sbagliato (ad esempio, la richiesta di rinvio a giudizio anziché il provvedimento che lo dispone) costituisce un errore di diritto che vizia la decisione, la quale può quindi essere annullata dalla Corte di Cassazione con rinvio per un nuovo esame della questione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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