Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 11944 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 11944 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 19/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato nella Repubblica Popolare Cinese il DATA_NASCITA;
avverso l’ordinanza della Corte di assise di appello di Firenze, in funzione di giudice dell’esecuzione, dell’ 11/04/2023;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale COGNOME , che ha chiesto l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata .
RITENUTO IN FATTO
1.Con l’ordinanza in epigrafe la Corte di assise di appello di Firenze, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha dichiarato inammissibile l’istanza di restituzione nel termine per proporre impugnazione avverso la sentenza pronunciata il 18 maggio 2000 dalla medesima Corte territoriale (resa nell’ambito del procedimento penale n.1601/98 r.g.n.r.), avanzata nell’interesse di NOME COGNOME (cittadino della Repubblica Popolare Cinese), detenuto in esecuzione della pena inflittagli con la citata sentenza (anni ventiquattro di RAGIONE_SOCIALE per omicidio).
In particolare, il giudice dell’esecuzione – dopo avere dichiarato inammissibili le questioni attinenti alle nullità endoprocessuali in quanto coperte dal giudicato – ha osservato che la domanda (presentata telematicamente il giorno 3 novembre 2022) era tardiva in quanto presentata oltre il termine di trenta giorni, di cui all’art.175 cod. proc. pen., decorrente dal giorno 24 agosto 2022, data in cui il condannato aveva fatto ingresso nel carcere di RAGIONE_SOCIALE Opera ed aveva avuto conoscenza del provvedimento esecutivo nei suoi confronti.
Avverso la predetta ordinanza NOME AVV_NOTAIO, per mezzo dell’AVV_NOTAIO, ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un unico ed articolato motivo, di seguito riprodotto nei limiti di cui all’art.173 disp. att. c proc. pen., insistendo per l’annullamento del provvedimento impugnato.
Il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art.606, comma 1, lett. b) ed e) , cod. proc. pen., l’inosservanza ed erronea applicazione della legge penale ed il vizio di motivazione mancante, contraddittoria e manifestamente illogica per essere state ritenute coperte dal giudicato le questioni di nullità endoprocessuali (riguardanti i vizi formali e sostanziali della dichiarazione di latitanza, la mancanza tra gli att del procedimento dell’avviso di chiusura delle indagini preliminari, della richiesta di rinvio a giudizio e di fissazione della udienza preliminare, l’omessa traduzione della sentenza di primo grado e del suo estratto contumaciale in lingua conosciuta dall’imputato alloglotto e la mancata notifica dell’estratto contumaciale della sentenza di secondo grado ad un difensore che aveva potere di proporre impugnazione) sollevate con la sua richiesta di restituzione nel termine e per non essere stato preso in considerazione che il primo momento in cui egli aveva avuto piena conoscenza del procedimento, per il quale si trovava in carcere, era
stato quello del colloquio in carcere con il proprio difensore di fiducia e con l’assistenza di un interprete in lingua cinese svoltosi in data 27 ottobre 2022.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è infondato per le ragioni di seguito illustrate.
Anzitutto deve ricordarsi che l’istituto della rescissione del giudicato, di cui all’art. 629-bis cod. proc. pen., si applica solo ai procedimenti nei quali sia stata dichiarata l’assenza dell’imputato a norma dell’art. 420-bis cod. proc. pen., come modificato dalla legge 28 aprile 2014, n. 67, mentre ai procedimenti contumaciali, definiti secondo la normativa antecedente all’entrata in vigore della legge indicata, continua ad applicarsi la disciplina della restituzione nel termine per proporre impugnazione di cui all’art. 175, comma 2, cod. proc. pen. nel testo previgente (Sez. 5 – , Sentenza n. 10433 del 31/01/2019, Rv. 277240 – 01).
Ne consegue che correttamente la Corte territoriale ha dichiarato inammissibile l’istanza del condannato nella parte in cui sollevava questioni relative a nullità endoprocessuali ormai coperte dal giudicato, atteso che nel caso in esame si verteva unicamente in materia di restituzione nel termine di cui al citato art.175.
Quanto poi alla tempestività della domanda di restituzione nel termine va ricordato, anzitutto, il condivisibile principio secondo cui in tema di esecuzione della pena, la mancata traduzione in una lingua nota allo straniero alloglotta comporta la nullità dell’ordine di esecuzione e la necessità di rinnovare l’atto in modo conforme al modello legale, ma l’invalidità non si ripercuote sulla carcerazione ormai instaurata, che non dipende dall’atto nullo, trovando invece autonomo titolo giustificativo nella condanna passata in giudicato (ex multis: n. 18136 del 2002 Rv. 221857 – 01, n. 25688 del 2004 Rv. 228143 – 01, n. 2727 del 2006 Rv. 235095 – 01, n. 20275 del 2010 Rv. 247212 – 01, n. 23579 del 2013 Rv. 255343 – 01, n. 14990 del 2015 Rv. 263236 – 01, n. 33802 del 2017 Rv. 270610 – 01, Sezioni Unite: n. 5052 del 2014 Rv. 226717 – 01).
Ciò posto, è noto che il termine per impugnare una sentenza contumaciale ai sensi dell’articolo 175, comma 2-bis, cod. proc. pen. decorre dal momento dell’effettiva conoscenza del provvedimento, che può considerarsi raggiunta anche a seguito della notifica di un ordine di esecuzione, che riporti gli estremi
della sentenza di condanna ‘in executivis’, senza necessità che, all’ordine di esecuzione, sia allegata anche la motivazione della sentenza passata in giudicato. Da tale momento, infatti, può considerarsi conseguita la prova della conoscenza del provvedimento da parte di chi ha il potere di impugnarlo.
Va aggiunto che la giurisprudenza di legittimità ha anche affermato che, in tema di restituzione nel termine per proporre impugnazione avverso una sentenza contumaciale di condanna, è tardiva – come nella specie – l’istanza presentata da condannato straniero oltre il termine di trenta giorni dalla notifica dell’ordine di esecuzione e del conseguente ingresso in carcere, in quanto, a norma dell’art. 94, comma 1bis, d.lgs. n. 271 del 1989, il direttore o l’operatore penitenziario sono tenuti ad accertare, se del caso con l’ausilio di un interprete, che l’interessato abbia avuto effettiva conoscenza del provvedimento che dispone la carcerazione, il cui inserimento nella cartella personale del detenuto consente peraltro a quest’ultimo di prendere precisa cognizione, in ogni momento, delle ragioni per le quali era stata pronunciata la condanna (Sez. 3, n. 43724 del 08/09/2016, Rv. 267932).
Si tratta di un’attività non discrezionale, ma obbligatoria, la cui ‘ratio’ risiede nel rendere immediatamente edotto il detenuto delle ragioni poste a fondamento dell’esecuzione della pena, in quanto ciò costituisce premessa necessaria per l’avvio e l’attuazione del trattamento rieducativo. Essa, dunque, compete ai funzionari dell’istituto penitenziario, i quali perciò sono tenuti a compierla, cosicché l’interessato ha quantomeno l’onere di allegare la circostanza che detta attività non sia stata espletata.
Nel caso in esame il giudice dell’esecuzione ha evidenziato, con motivazione adeguata e non manifestamente illogica, che la avvenuta conoscenza del procedimento risultava provata dal verbale di notifica dell’ordine di esecuzione avvenuta il giorno 24 agosto 2022 alle ore 14:25 ad opera della polizia di frontiera di Como, nel quale veniva dato atto che il condannato comprendeva la lingua spagnola e che nell’occasione l’ordine di esecuzione della pena gli era stato tradotto oralmente da un sovrintendente della polizia di Stato che conosceva tale idioma.
Analogamente, la direzione della RAGIONE_SOCIALE Opera aveva dato atto degli adempimenti ex art.94, comma 1-bis, disp. att. cod. proc. pen.
nonché dell’avvenuta notifica dell’ordine di esecuzione al momento dell’ingresso in carcere dell’odierno ricorrente e che la stessa direzione si era avvalsa sia del mediatore culturale, sia di detenuti di origine cinese e spagnola al fine di far comprendere il contenuto dell’atto a NOME COGNOME.
Si tratta, all’evidenza, di valutazioni di fatto che non possono essere messe in discussione in questa sede in quanto coerentemente argomentate, rispetto alle quali il ricorrente – pur lamentando la violazione di legge ed il vizio di motivazione – vorrebbe pervenire ad una non consentita lettura alternativa degli elementi processuali.
Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali a norma dell’art.616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così deciso in Roma, il 19 gennaio 2024.