Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 8027 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 2 Num. 8027 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 11/02/2025
SECONDA SEZIONE PENALE
– Presidente –
NOME COGNOMENOME COGNOME NOME COGNOME
– Relatore –
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a ROMA il 25/07/1967
avverso l’ordinanza del 09/09/2024 del TRIBUNALE di AREZZO visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto che il ricorso venga dichiarato inammissibile;
lette le conclusioni del difensore del ricorrente, Avv. NOME COGNOME che ha chiesto l’accoglimento del ricorso con ogni conseguente statuizione; conclusioni ribadite con memoria di replica in data 04/02/2025.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Arezzo, in funzione di giudice dell’esecuzione in composizione monocratica, con provvedimento del 09/09/2024 ha rigettato la richiesta di restituzione della somma di euro 113.960,00, oggetto di sequestro preventivo nel procedimento n. 1402/2020 r.g.n.r. avanzata nell’interesse di NOME COGNOME non avendo lo stesso dimostrato e provato lo ius possidendi necessario al fine della restituzione, ed ha disposto conseguentemente ai sensi dell’art. 154, comma 3, del d.P.R. n. 115 del 2002 la devoluzione alla cassa delle ammende della somma in sequestro.
Il Tribunale ha ritenuto tale istanza infondata evidenziando che, nell’ambito del giudizio di cognizione, come emergente dal verbale di udienza del 04/11/2021, era stata esplicitamente avanzata richiesta di dissequestro e tale richiesta era stata formalmente rigettata (come riscontrabile sia dal dispositivo che dalla motivazione della sentenza) con sentenza divenuta irrevocabile in data 04/02/2022 ed ha rilevato la mancata allegazione di qualsiasi elemento da parte del Grumo al fine di denotare un suo ius possidendi in relazione alle somme richieste in restituzione, oggetto di sequestro preventivo. In tal senso, sono state specificamente richiamate le circostanze concrete che portavano al sequestro della somma in questione (occultata all’interno di un pannello di autoveicolo non di proprietà del ricorrente, preso a noleggio, in assenza di qualsiasi elemento a supporto e
prova di una relazione qualificata del Grumo con tale somma di denaro) e la mancanza di elementi sufficienti a connotare una relazione specifica del ricorrente con tale denaro, richiamando anche la mancata impugnazione della decisione sul punto della mancata restituzione.
Sono state, inoltre, specificamente considerate e disattese le ulteriori argomentazioni difensive in relazione ai diversi parametri evocati a sostegno della richiesta di restituzione, con particolare riferimento all’art. 323, comma 1, cod. proc. pen, all’art. 1153 cod. civ., all’art. 1141 cod. civ., all’art. 676, comma 2, cod. proc. pen. con riferimento all’art. 263 cod. proc. pen.
Avverso il predetto provvedimento, per mezzo del suo difensore, ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME articolando due motivi di ricorso che qui si riportano nei limiti strettamente necessari per la motivazione ai sensi dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
3.1. Violazione di legge e vizio della motivazione perchØ totalmente omessa quanto alla legittimazione del ricorrente, in quanto assolto con formula piena perchØ il fatto non sussiste, a richiedere la restituzione delle somme in sequestro a prescindere da qualsiasi effettiva prova di un suo ius possidendi rispetto a tale somma di denaro. La difesa ha richiamato la giurisprudenza di legittimità sul tema e ha sostenuto che la sentenza citata dal giudice dell’esecuzione fosse eccentrica rispetto al caso concreto; si Ł inoltre evidenziata la ricorrenza di un contrasto apparente di giurisprudenza, dovendo il caso del Grumo essere diversamente valutato proprio in considerazione della sua assoluzione perchØ il fatto non sussiste, sicchØ nel caso di specie non tanto di ius possidendi si poteva argomentare quanto della effettiva relazione con la somma di denaro e dunque di favor possessionis ; infine, Ł stata richiamata la disciplina civilistica e l’omessa ed erronea considerazione della istanza alla luce di tale normativa, sottolineando come alcuna diversa istanza di restituzione fosse stata avanzata.
3.2. In subordine, con un formale secondo motivo, la difesa ha chiesto la rimessione alle Sezioni Unite ai sensi dell’art. 618 cod. proc. pen. al fine di risolvere la questione di diritto relativa al se, in caso di assoluzione con formula piena, ove non vi siano richieste di terzi, e sia stato accertato che il bene sottoposto a sequestro non sia di provenienza illecita, il possessore Ł gravato dall’onere di provare lo ius possidendi , ovvero possa beneficiare del favor possessionis .
Il Procuratore generale ha concluso chiedendo che il ricorso venga dichiarato inammissibile.
La difesa ha presentato memoria di replica tempestivamente depositata ed ha insistito per l’accoglimento dei motivi di ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso deve essere rigettato perchØ proposto con motivi infondati.
In via preliminare deve essere esaminato il motivo con il quale Ł stata dedotta la violazione di legge anche in considerazione della asserita totale omissione da parte del Tribunale, quale giudice della esecuzione, della motivazione sui temi devoluti relativi alla titolarità del Grumo quale soggetto legittimato ad ottenere la restituzione delle somme oggetto di sequestro preventivo.
2.1. Sul punto occorre osservare che, da una parte, le osservazioni difensive sono totalmente reiterative dei motivi posti al Tribunale, quale giudice della esecuzione, che ha specificamente affrontato i temi nell’ordine proposto dalla difesa, con una motivazione immune da manifesta illogicità o apparenza, che non si presta a censure in questa sede e con la quale il ricorrente non si confronta effettivamente. Il Tribunale ha, infatti, ampiamente ricostruito il contesto normativo ed ha richiamato i princìpi, anche giurisprudenziali, applicabili al caso di specie, analizzando in modo approfondito le singole censure proposte dalla difesa del ricorrente. Nel
giungere alle proprie conclusioni, il Tribunale ha correttamente applicato il principio di diritto affermato da questa Corte, che qui si intende ribadire, secondo il quale la restituzione che consegue alla revoca del sequestro, postulando il venir meno dei presupposti della misura, va disposta in favore del soggetto al quale il bene fu sequestrato, e si distingue da quella – conseguente alla perdita di efficacia del sequestro a seguito di sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere – che va disposta in favore dell’avente diritto (individuabile anche in una persona diversa da quello al quale il bene era stato sequestrato), sempre che non sussistano contestazioni sulla proprietà, nel quale caso deve applicarsi in via analogica il disposto dell’art. 324, comma 8, cod. proc. pen. (Sez. 2, n. 51753 del 03/12/2013, Casella, Rv. 257359-01; Sez. 1, n. 31388 del 12/01/2021, COGNOME, Rv. 281757-01).
2.2. Il Tribunale ha, dunque, correttamente applicato il disposto dell’art. 154 d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, atteso che, in tema di restituzione delle somme di denaro sequestrate, la previsione in questione – secondo cui, se l’avente diritto alla restituzione di somme o di valori sequestrati Ł ignoto o irreperibile, tali beni sono devoluti alla cassa delle ammende decorsi sei mesi dalla data in cui la sentenza Ł passata in giudicato o il provvedimento Ł divenuto definitivo – deve essere applicata non solo quando ab origine non vi siano aventi diritto ignoti o irreperibili (e, pertanto, nelle ipotesi in cui il diritto non Ł in contestazione e non vi siano richiedenti) ma anche nel caso in cui, pur essendovi richiedenti, il giudice ritenga che essi non abbiano “titolo giuridico” alla restituzione del denaro (Sez. 3, n. 23475 del 08/04/2019, COGNOME, Rv. 275790-01), come chiaramente emerso nel caso in esame, sulla base della specifica ricostruzione di fatto realizzata dal giudice dell’esecuzione (in ordine alle modalità di detenzione del denaro, all’occultamento dello stesso all’interno dello sportello anteriore di vettura noleggiata) in concreto non contestata in alcun modo dalla difesa del ricorrente, nØ contrastata da specifiche allegazioni in senso contrario, se non mediante un del tutto generico richiamo al c.d. favor possessionis .
Il Tribunale ha, dunque, correttamente applicato, secondo i principi di diritto appena evidenziati, la disciplina di cui all’art. 154, d.P.R. cit., riscontrando con motivazione adeguata che l’avente diritto alla restituzione di tale somma non può essere identificato nel Grumo e rimane ignoto ed irreperibile.
Gli elementi sopra richiamati, considerati alla luce dei principi enunciati da questa Corte, rendono evidente come non ricorrano i presupposti per giungere ad una rimessione alle Sezioni Unite della questione proposta dalla difesa nel secondo motivo di ricorso, che si appalesa dunque per la sua infondatezza.
In tal senso, si Ł già chiarito, in modo condivisibile, che – quanto alla questione se l’istanza di restituzione dei beni sequestrati e non confiscati, sia governata dalla regola del favor possessionis o dello ius possidendi – ‘la piø recente giurisprudenza di questa Corte Ł concorde nel sostenere che, dopo la sentenza non piø soggetta ad impugnazione, la restituzione delle cose sequestrate, a chi ne abbia diritto, postula che venga fornita dall’interessato la prova positiva dello ius possidendi . In linea di principio, quindi, il giudice dell’esecuzione deve preliminarmente accertare l’effettiva sussistenza del diritto alla restituzione a favore del richiedente, non ritenendosi sufficiente l’assenza di richieste altrui ovvero la mancanza di prova circa l’altruità della cosa, occorrendo invece la prova positiva, da valutarsi rigorosamente, della esistenza di un diritto legittimo e giuridicamente apprezzabile del richiedente, anche qualora si tratti di colui al quale la cosa venne sequestrata, non essendo ravvisabile in questa materia un favor possessionis presunto che prescinda dallo ius possidendi (Cass., Sez. V, 15 ottobre 2014, n. 9284; Cass., Sez. III, 22 gennaio 2010, n. 2912; Cass., Sez. I, 9 giugno 2009, n. 26475; Cass., Sez. I, 13 febbraio 2008, n. 8997; Cass. SS.UU., 27 settembre 1995, n. 10372; Cass. Sez. II, 14 dicembre 1990, n. 6532). Si Ł inoltre precisato che, qualora oggetto del
sequestro sia denaro versato su di un conto corrente bancario, ai fini della restituzione, la prova richiesta non può essere costituita dalla mera intestazione formale del conto medesimo, essendo necessaria la verifica che il denaro sia effettivamente appartenente all’intestatario (Cass., Sez. I, 7 dicembre 2004, n. 621). Qualora, poi, relativamente a somme di denaro sequestrate non vi sia stata istanza di restituzione, il giudice dell’esecuzione dovrà provvedere d’ufficio alla restituzione all’avente diritto se non vi sia dubbio sulla loro appartenenza mentre, se l’avente diritto risulti essere ignoto o irreperibile, dovrà disporne la devoluzione alla Cassa delle ammende ai sensi dell’art. 154, comma terzo, D.P.R. n. 115/2002 (Cass., Sez. I, 8 febbraio 2008, n. 10273). Tuttavia, secondo un orientamento giurisprudenziale, l’onere probatorio gravante sulla persona interessata alla restituzione si attenua nei casi di proscioglimento dell’imputato. Infatti, salvo che la titolarità della res sia invocata anche da altri soggetti, sarebbe sufficiente provare il precedente stato di ius possessionis sulla cosa (riconoscendosi dunque rilievo al favor possessionis ), purchØ dagli atti non emerga l’acquisto illecito della stessa. In merito la Corte di Cassazione, in passato, aveva sostenuto che la caducazione del vincolo importa l’obbligo di restituzione del bene alla libera disponibilità di colui al quale sia stato sottratto, restituzione che non può essere subordinata ad una inversione dell’onere della prova sulla originaria legittimità della situazione di fatto, nØ alla deroga alle regole in tema di possesso, in carenza di contrapposte pretese di terzi o della sicura illiceità dell’acquisto emergente dagli atti (Cass., Sez. V, 22 settembre 2006, n.35370; Cass., Sez. II, 6 luglio 2005, n.26462). Quest’ultimo orientamento, tuttavia, Ł stato recentemente considerato come superato dalla Corte di cassazione (Cass., Sez. I, 23 gennaio 2018, n. 9982; Cass., Sez. I, 20 gennaio 2017, n. 53609; Sez. 5, sentenza n. 9284 del 15/10/2014 – dep. 03/03/2015, P.O. in proc. c/ ignoti, Rv. 262892; Cass., Sez. I, 13 dicembre 2012, n. 2862).’ (Sez. 3, n. 23475 del 08/04/2019, COGNOME, Rv. 275790-01).
L’orientamento citato dalla difesa si deve, quindi, ritenere ampiamente superato dalle successive decisioni di questa Corte, che hanno chiarito come, nel caso in esame, il criterio valutativo ed interpretativo di riferimento deve essere individuato nello ius possidendi e non nel favor possessionis , adeguatamente supportato dalle allegazioni dell’istante, come dimostra il chiaro riferimento della disciplina richiamata al soggetto ‘avente diritto’, dizione che sulla base anche della sola interpretazione letterale della normativa in esame, richiede una relazione qualificata chiara e supportata da adeguato titolo giustificativo tra l’istante e la somma di denaro in sequestro.
Si deve, quindi, ritenere correttamente disposta la destinazione alla cassa delle ammende delle somme, non essendo stata avanzata alcuna richiesta di restituzione fondata su un valido titolo giuridico, atteso che il disposto dell’art. 154, comma terzo, d.P.R. n. 115 del 2002 (secondo cui “Se l’avente diritto alla restituzione di somme o di valori sequestrati Ł ignoto o irreperibile, le somme e i valori sono devoluti alla cassa delle ammende decorsi sei mesi dalla data in cui la sentenza Ł passata in giudicato o il provvedimento Ł divenuto definitivo”), deve essere applicato non solo quando ab origine non vi siano aventi diritto ignoti o ma anche nel caso in cui, pur essendovi richiedenti, il giudice ritenga che gli stessi non abbiano “titolo giuridico” alla restituzione del denaro.
Sul tema si Ł anche evidenziato, con argomentazioni ampiamente condivisibili, che, in relazione a somme di denaro sequestrate per le quali non vi sia istanza di restituzione, il giudice dell’esecuzione deve provvedere d’ufficio alla restituzione all’avente diritto ai sensi dell’art. 263, comma 1, cod. proc. pen. se non vi sia dubbio sulla loro appartenenza, mentre, se l’avente diritto Ł ignoto o irreperibile (e, si aggiunga ad ulteriore specificazione, nel caso in cui l’eventuale istanza di restituzione sia proposta da soggetto non legittimato e gli effettivi titolari delle somme non abbiano proposto alcuna istanza) deve disporne la devoluzione alla cassa delle ammende ai sensi dell’art. 154, comma terzo, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 (Sez. 1, n. 10273 del 08/02/2008, De Lassis Presbiteri, Rv. 239566-01; Sez. 3, n. 23475 del 08/04/2019, COGNOME, Rv. 275790-01).
Il Tribunale ha, pertanto, correttamente applicato l’art. 154 cit. che presuppone, come nel caso di specie, la dimostrazione rigorosa dello ius possidendi del denaro sequestrato.
Infine, Ł bene ricordare, in ottica complessivamente ricostruttiva, che ai fini della devoluzione, Ł sufficiente che i beni o il denaro siano in sequestro, avendo il legislatore voluto introdurre un sistema veloce di destinazione dei beni sequestrati e del ricavato della loro vendita.
Deve in conclusione essere affermato il seguente principio di diritto: ‘ In tema di sequestro preventivo, anche quando ricorra il proscioglimento dell’imputato, al fine di ottenere la restituzione del bene in sequestro (nella specie una somma di denaro occultata nello sportello di un’auto a noleggio), occorre una allegazione e prova specifica da parte dell’istante dello ius possidendi, non apparendo sufficiente a tal fine il mero richiamo al solo favor possessionis’.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così Ł deciso, 11/02/2025
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME