Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 18578 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 18578 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 25/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME COGNOME nato a Levanto il DATA_NASCITA; avverso la sentenza della Corte di appello di Firenze del 07/05/2019;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico ministero, in persona del sostituto Procuratore generale NOME COGNOME, che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso;
letta la memoria del difensore AVV_NOTAIO, che ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.Con sentenza pronunciata dal Tribunale di Livorno in data 13 ottobre 2017 NOME COGNOME veniva dichiarato colpevole dei reati (riuniti sotto il vincolo della continuazione) di cui agli artt.699 cod. pen. e 4 1.110/75, commessi il 6 agosto 2014, e veniva condannato alla pena di anni uno e mesi otto di arresto.
La Corte di appello di Firenze, con la sentenza in epigrafe, aveva confermato la decisione del Tribunale di Livorno, nei confronti della quale l’imputato aveva proposto appello.
Avverso la predetta sentenza della Corte di appello di Firenze NOME COGNOME, per mezzo dell’AVV_NOTAIO, in data 9 settembre 2023 ha proposto ricorso per cassazione con contestuale istanza di restituzione nel termine.
2.1. In particolare, egli ha dedotto di avere avuto conoscenza della condanna sopra indicata soltanto in occasione della notifica dell’ordine di esecuzione della pena, effettuata nei suoi confronti il giorno 12 luglio 2023 e di essere rimasto assente nei giudizi di primo e di secondo grado.
2.2. Inoltre, pur essendo stato l’imputato rappresentato da un difensore di fiducia che non gli aveva comunicato (per motivi fortuiti) l’esito del processo di secondo grado, il processo si sarebbe svolto in difetto del contraddittorio con la conseguente violazione delle regole del giusto processo, atteso che NOME COGNOME avrebbe potuto chiedere di essere interrogato al fine di spiegare le ragioni per le quali era in possesso delle armi oggetto di imputazione. Per tali ragioni, quindi, il ricorrente ha chiesto la restituzione nel termine per proporre impugnazione.
Il ricorso per cassazione, proposto unitamente alla richiesta di cui sopra, è stato affidato a quattro motivi di seguito riprodotti nei limiti di cui all’art.173 di att. cod. proc. pen.
3.1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art.606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., la violazione ed erronea applicazione dell’art.4 1.110/75 ed il relativo vizio di motivazione apparente ed illogica per essere stato
qualificato il fatto come violazione dell’art.699 cod. pen. anziché violazione del citato art.4.
3.2. Con il secondo il ricorrente deduce, ai sensi dell’art.606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., il vizio di motivazione per non essere stato considerato che gli oggetti di cui al capo di imputazione erano da lui detenuti in ragione della sua attività lavorativa di operaio agricolo.
3.3. Con il terzo motivo denuncia, ai sensi dell’art.606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., violazione di legge con riferimento all’art.4 1.110/75 ed il relativo vizio di motivazione apparente per essere stati qualificati gli oggetti di cui al capo B) della rubrica come atti ad offendere.
3.4. Con il quarto ed ultimo motivo il ricorrente chiede dichiararsi l’intervenuta prescrizione dei reati oggetto di imputazione, trattandosi di contravvenzioni commesse il giorno 20 aprile 2014.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.La richiesta di restituzione nel termine va intesa come istanza di rescissione del giudicato, a norma dell’art.629-bis cod. proc. pen., essendosi proceduto in assenza dell’odierno ricorrente.
Al riguardo deve, infatti, richiamarsi il condivisibile principio generale secondo il quale le eventuali nullità verificatesi nel giudizio celebrato in assenz dell’imputato, possono farsi valere attraverso la richiesta di rescissione del giudicato ai sensi dell’art. 629-bis cod. proc. pen. (Sez. U, Sentenza n. 15498 del 26/11/2020, dep. 2021, Rv. 280931 – 01).
Ciò posto, la domanda in oggetto è inammissibile in quanto essa doveva essere proposta alla Corte di appello di Firenze (competente ai sensi del citato art. 629-bis), alla quale però non possono essere trasmessi gli atti mediante la riqualificazione della originaria richiesta; infatti, l’istanza di restituzione termine proposta dall’imputato dichiarato assente ai sensi dell’art. 420-bis cod. proc. pen. non può essere riqualificata nella richiesta di rescissione del giudicato ex art. 629-bis cod. proc. pen., perché il principio di conservazione di cui all’art. 568, comma 5, cod. proc. pen., è applicabile ai soli rimedi qualificati come
impugnazioni dal codice di rito, tra i quali non rientra la restituzione nel termine (Sez. 3, Sentenza n. 33647 del 08/07/2022, Rv. 283474 – 01).
2.1. In ogni caso si osserva che non sussisterebbero nemmeno le condizioni per la restituzione nel termine poiché, sulla base delle medesime allegazioni di NOME COGNOME, non è configurabile il caso fortuito o la forza maggiore, considerato che la mancata tempestiva proposizione del ricorso per cassazione sarebbe stata determinata, unicamente, da problemi di comunicazione tra il difensore di fiducia e l’odierno ricorrente.
2.2. L’inammissibilità della sopra indicata richiesta determina, come conseguenza, anche la inammissibilità del ricorso per cassazione stante la sua pacifica tardività. Al riguardo si rammenta che la inammissibilità del ricorso per cassazione, per tardività dello stesso, può essere dichiarata ‘de plano’ a norma dell’art.610, comma 5-bis, cod. proc. pen., stante l’espresso richiamo contenuto in esso all’art.591 del codice di rito che, a sua volta, cita anche l’art.585.
La domanda ed il ricorso per cassazione, pertanto, devono essere dichiarati inammissibili, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili l’istanza di restituzione nel termine e, conseguentemente, il ricorso per cassazione. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso il 25 gennaio 2024.