Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 32591 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 32591 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 21/06/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 27/02/2017 della CORTE APPELLO di BRESCIA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del PG che ha concluso per l’accoglinnento del ricorso
RITENUTO IN FATTO
NOME propone istanza ai sensi dell’art. 175 cod. proc. pen. esponendo di essere stato condannato, in contumacia, dalla Corte d’appello di Brescia con sentenza pronunciata il 24 febbraio 2017 e divenuta irrevocabile il 14 luglio 2017, alla pena di anni nove di reclusione ed €,.90.000 di multa, per il reato di importazione di sostanza stupefacente di ingente quantità. Deduce di essere stato assistito da un difensore d’ufficio, sia in primo che in secondo grado; che anche il processo di primo grado qi era svolto in contumacia; che era stato il difensore d’ufficio a proporre appello; che non aveva mai avuto conoscenza del procedimento penale svoltosi nei suoi confronti. Deduceva altresì di aver saputo della condanna a suo carico a seguito di richiesta, da parte del difensore incaricato, di visura delle iscrizioni nel casellario giudiziario, rilasciata il 27 marz 2024; che non vi era alcun elemento dal quale desumere che egli avesse potuto avere conoscenza del processo e delle sentenze; che, ratione temporis, doveva ritenersi applicabile il rito antecedente alla riforma introdotta con la L. n.67 del 2014 e, quindi, la disposizione di cui all’art. 175, comma 2, cod. proc. pen. Insisteva quindi per la restituzione nel termine per impugnare la sentenza della Corte d’appello di Brescia del 24 febbraio 2017, con sospensione della efficacia esecutiva.
Il Procuratore generale ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Va premesso che la richiesta di restituzione nel termine di cui all’art. 175 cod. proc. pen. deve essere delibata ai sensi del testo della norma ante legge n. 67 del 2014. Ai sensi dell’art. 15-bis, comma 2, della stessa legge, infatti, ” le disposizioni vigenti prima della data di entrata in vigore della presente legge continuano ad applicarsi ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della presente legge quando l’imputato è stato dichiarato contumace e non è stato emesso il decreto di irreperibilità”. Il procedimento a carico dell’istante, iniziato nel 2008, era in corso al momento di entrata in vigore della legge n.67 del 2014 ( la sentenza di primo grado è stata infatti pronunciata il 23 febbraio 2016). Anche il dato documentale costituito dalle sentenze di primo e secondo grado conferma tale conclusione, dal momento che il ricorrente viene qualificato come latitante contumace e risulta essere stato difeso di ufficio (dall’AVV_NOTAIO). La norma applicabile, dunque, è l’art. 175, secondo comma, cod. proc. pen, nel testo vigente prima delle modifiche introdotte dalla L.n.67 del 2014, il cui tenore era il seguente: ” se è stata pronunciata sentenza contumaciale o decreto di condanna, l’imputato è restituito, a sua richiesta, nel termine per proporre impugnazione od opposizione, salvo che lo stesso abbia avuto effettiva
conoscenza del procedimento o del provvedimento ed abbia volontariamente rinunciato a comparire ovvero a proporre impugnazione o opposizione. A tal fine l’autorità giudiziaria compie ogni necessaria verifica”.
Tanto premesso, è vero che, nel caso di restituzione nel termine per impugnare una sentenza contumaciale, l’avvenuta dichiarazione di latitanza dell’imputato, assistito da un difensore d’ufficio, non costituisce, di per sé, elemento idoneo ad escludere la mancata incolpevole conoscenza del procedimento ( Sez. 3, n. 15760 del 16/03/2016, COGNOME, Rv. 266583 – 01; Sez. 6, n. 5169 del 16/01/2014, COGNOME, Rv. 258775 – 01). Si è invero chiarito che la dimostrazione della conoscenza effettiva del procedimento o del provvedimento non può basarsi sulla considerazione che lo stato di latitanza è stato volontariamente scelto dall’imputato, così sottrattosi al procedimento penale e alla conoscenza degli atti, trattandosi di un elemento di segno non sempre univoco. La latitanza può invero ricollegarsi a situazioni di diversa natura e scaturigine, e dunque detto elemento non può ritenersi ex se esaustivamente e univocamente idoneo a escludere la mancata COGNOME incolpevole COGNOME conoscenza COGNOME del COGNOME procedimento (Sez. 1, n. 17338 del 21/01/2021, COGNOME, Rv. 281218 – 01; Sez. 6, n. 4929 del 10/01/2019, COGNOME, non mass.; Sez. 6, n. 14743 del 29/01/2018, COGNOME, Rv. 272654 – 01; Sez. 6 n. 19219 6 del 02/03/2017, Cobo, Rv. 270029 – 01) a meno che non risulti la nomina di un difensore di fiducia, posto che, in tale ultimo caso, la perdurante esistenza del rapporto di difesa fiduciaria si considera fatto di per sé idoneo a provare l’effettiva conoscenza della pendenza del procedimento e del provvedimento.
Nel caso di specie, l’imputato non risultava assistito da un avvocato di fiducia, ma da un difensore d’ufficio. La disciplina applicata pone quindi a carico del giudice l’onere di accertare ,sulla base degli atti, gli elementi costitutivi della prova della conoscenza effettiva del procedimento.
Ciò posto, la sentenza della Corte territoriale ( pag. 14) ritiene provata la consapevolezza, da parte del NOME, della volontaria sottrazione alla misura cautelare dall’inequivoco tenore delle intercettazioni telefoniche intercorse con il coimputato NOME COGNOME, nel corso delle quali si commentava l’arresto di NOME COGNOME, concorrente nella importazione di svariati chili di hashish, oltre che delle conversazioni con il coimputato COGNOME, al quale l’odierno richiedente aveva comunicato che tutti i corrieri erano stati arrestati e il carico di droga era stato sequestrato. Essendo dunque il COGNOME consapevole dell’arresto dei correi, era evidente che egli aveva piena contezza della emissione di misure cautelari nei suoi confronti, cui si era volontariamente sottratto. I giudici di merito, dunque, hanno correttamente compiuto, in base all’esame condotto in maniera congrua e non manifestamente illogica degli elementi di prova a
disposizione, l’accertamento, in punto di fatto, che il NOME abbia avuto effettiva conoscenza del procedimento penale condotto nei suoi confronti, e, rendendosi irrintracciabile, avesse volontariamente rinunciato a comparire sottraendosi alla misura cautelare e al procedimento penale instaurato nei suoi confronti.
Si impone conseguentemente il rigetto della richiesta.
P.Q.M.
Rigetta l’istanza.
Roma, 21 giugno 2024