Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 10466 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 10466 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 30/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOME COGNOME, nato a Prizren (Jugoslavia) il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 03/05/2023 della Corte di appello di Perugia
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria redatta dal Pubblico Nlinistero, in persona del Sostituto Procuratore AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN IFATTO
Con l’ordinanza impugnata, la Corte di appello di Perugia rigettava l’istanza proposta ex art. 175 cpv. cod. proc. pen. proposta nell’interesse di NOME COGNOME al fine di proporre appello avverso tre sentenze di condanna passate in giudicato all’esito di altrettanti procedimenti penali dei qual l’interessato affermava di essere venuto a conoscenza solo al momento dell’arresto, avvenuto ikBelgio, in forza del provvedimento di cumulo emesso dal Procuratore AVV_NOTAIO presso la Corte di appello di Perugia in data 8 maggio 2017, con il quale, appunto, erano state messe in esecuzione le indicate sentenze di condanna, per una pena complessiva di dodici anni, dieci mesi e venti giorni di reclusione, oltre a 61.000 euro di multa.
Avverso l’indicata ordinanza, NOME COGNOME, tramite il difensore di fiducia, ha proposto ricorso per cassazione, che deduce l’inosservanza e l’erronea applicazione della legge penale o di altre norme giuridiche, di cui si deve tener conto nell’applicazione della legge penale. Dopo un lungo excursus in ordine alla giurisprudenza della Corte EDU relativa all’art. 6, par. 3, lett. a), CEDU, che garantisce il diritto di essere informati circa la natura e i motivi dell’accusa, e agli obblighi informativi che incombono sul difensore nei confronti del cliente, espone il difensore che, con riferimento alla sentenza della Corte di appello dell’i lugli 2016 quale giudice del rinvio, la citazione è stata eseguita presso il domicilio eletto in Falconara Marittima, senza esito, e, quindi, effettuata al difensore di fiducia ai sensi dell’art. 161 cod. proc. pen., posto che COGNOME dal 2013 non ha più fatto rientro in Italia.
Di conseguenza, se è vero che, come ritenuto dalla Corte d’appello, COGNOME ha avuto effettiva conoscenza dei tre procedimenti per aver ricevuto gli atti iniziali, nondimeno al medesimo è stato precluso di comprendeidesito dei procedimenti e delle conseguenze penali.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile perché generico e manifestamente infondato.
L’art. 175, comma 2, cod. proc. pen., nella versione precedente alla modifica operata con legge n. 67 del 28 aprile 2014 – applicabile nel caso di specie ratione temporis così stabiliva: “Se è stata pronunciata sentenza contumaciale o decreto penale di condanna, l’imputato è restituito, a sua
richiesta, nel termine per proporre impugnazione od opposizione, salvo che lo stesso abbia avuto effettiva conoscenza del procedimento o del provvedimento e abbia volontariamente rinunciato a comparire ovvero a proporre impugnazione od opposizione. A tal fine l’autorità giudiziaria compie ogni necessaria verifica”.
Come emerge dalla lettera della norma, presupposto per la restituzione nel termine per proporre impugnazione è, anzitutto, che sia stata pronunciata sentenza contumaciale.
Nel caso di specie, come risulta dal provvedimento impugnato, si osserva che in due dei tre procedimenti conclusisi con le sen1:enze indicate nel provvedimento di cumulo il ricorrente non è stato dichiarato contumace, essendo stato presente al dibattimento di primo grado.
In particolare:
quanto al procedimento sub 2 del provvedimento di cumulo, definito con sentenza della Corte di appello di Ancona del 13 giugno 2014, irrevocabile il 23 dicembre 2014, COGNOME, già arrestato in flagranza di reato il 29 giugno 2011, fu presente al conseguente giudizio direttissimo; risulta inoltre che l’imputato parlava e comprendeva la lingua italiana e che era assistito da un difensore di fiducia, nella persona dell’AVV_NOTAIO;
quanto al procedimento sub 3 del provvedimento di cumulo, definito con sentenza della Corte di appello di Perugia, quale giudice del rinvio, dell’i giugno 2016, irrevocabile il 14 marzo 2017, COGNOME era stato arrestato in flagranza il 2 luglio 2009 e presenziò al giudizio direttissimo conclusosi con sentenza del Tribunale di Teramo del 9 marzo 2012.
Orbene, con riferimento a tali procedimenti, non sussistono i presupposti per l’azionabilità del rimedio ex art. 175, comma 2, cod. proc. pein. per la dirimente ragione non si è in presenza di sentenze contumaciali.
Infine, quanto al procedimento sub 1 del provvedimento di cumulo, definito con sentenza della Corte di appello di l’Aquila del 30 ottobre 2013, irrevocabile 1’8 marzo 2016, pur non emergendo chiaramente se il processo fu celebrato, o meno, in contumacia, in ogni caso risulta che:
COGNOME nominò due difensori di fiducia (l’AVV_NOTAIO e l’AVV_NOTAIO);
il decreto di citazione a giudizio fu notificato a mani del Krasniki in data 8 maggio 2010;
COGNOME era stato tratto in arresto il 26 settembre 2009 e sottoposto alla custodia in carcere fini al 23 dicembre 2009, poi sostituita con gli arresti domicíliari fino al 10 aprile 2010, quando, con provvedimento reso in udienza,
l’imputato fu sottoposto alla misura del divieto di dimora nella provincia di Teramo;
a NOME, in data 10 maggio 2012, fu notificata a mano la sentenza di primo grado, la quale fu regolarmente impugnata dai difensori di fiducia; la sentenza emessa dalla Corte di appello di l’Aquila fu impugnata, con ricorso per cassazione, dall’AVV_NOTAIO, a ciò espressamente nominato dal NOME con atto dal medesimo sottoscritto il 24 gennaio 2014.
E’ perciò di tutta evidenza che COGNOME ha avuto piena contezza non solo del procedimento, ma anche del provvedimento conclusivo, posto che la sentenza della Corte di appello di L’Aquila fu impugnata dal difensore di fiducia, a ciò espressamente nominato dal COGNOME per proporre ricorso per cassazione.
Le censure difensive appaiono perciò del tutto eccentriche e non si confrontano con i dati processuali puntualmente accertati dalla Corte di merito, dati che, peraltro, nemmeno sono oggetto di contestazione.
Essendo il ricorso inammissibile e ricorso e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13/06/2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura, ritenuta Equa, di 3.000 euro in favore della RAGIONE_SOCIALE delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3’000,00 in favore della RAGIONE_SOCIALE delle Ammende.
Così deciso il 30/01/2024.